Facciamo da scudi umani per bambini e pastori
I volontari di “Operazione Colomba” in Palestina
Pochi chilometri di colline disseminate di sassi e arbusti spinosi dividono i villaggi palestinesi di At-Tuwani e Magayr Al-Abeed, situati sulle colline a sud di Hebron. Nonostante il sole cocente del mese di luglio, la distanza è percorribile senza troppi sforzi e in poco tempo, soprattutto se si è accompagnati da instancabili asini che portano i pesi al posto nostro. Ma non sempre, purtroppo, ciò che appare semplice corrisponde alla realtà.
Kamel è un pastore palestinese che abita nel villaggio di Magayr Al-Abeed, sta tornando a casa dal villaggio di At-Tuwani con il suo asino, carico di spesa per il pasto serale che spezza ogni giorno, intorno alle otto, il digiuno del Ramadan. Uscito dal piccolo negozio di alimentari di At-Tuwani, è passato a casa nostra chiedendo di essere accompagnato per un tratto di strada verso il suo villaggio. Perché mai un pastore di più di trent’anni ha bisogno di essere accompagnato da qualcuno durante il ritorno verso casa? Purtroppo a volte, quella che sembra una tranquilla passeggiata, si rivela tutt’altro.
Palestinesi e coloni
Decidiamo di accompagnare Kamel in quattro volontari: due di noi rimarranno vicino a lui, altri due staranno in posizione più alta sul versante della collina per tenere sott’occhio il boschetto che costeggia la valle che dobbiamo attraversare. Il boschetto infatti è uno tra i potenziali pericoli che rendono il ritorno a casa di Kamel un tragitto non tranquillo. Tra gli alberi si intravedono le case che formano l’avamposto israeliano di Havat Ma’on, distante poche centinaia di metri dal villaggio palestinese di At-Tuwani. L’avamposto è abitato da un gruppo di coloni che si sono stabiliti in zona negli anni ‘90 e sembra abbiano deciso di mettere radici. Impossibile pensare di far valere con loro norme di buon vicinato: è da questo avamposto infatti che partono spesso attacchi a danno dei palestinesi che abitano nei villaggi limitrofi. I coloni di Havat Ma’on si sono arrogati “il diritto” (riconosciuto ufficialmente solo da loro stessi) sulla terra ricorrendo alla violenza: cacciano le greggi dei pastori palestinesi, attaccano fisicamente chi percorre la strada vicino al boschetto, lanciano pietre, aggrediscono con spranghe e bastoni, provocano facendo bagni (a volte completamente nudi) nei pozzi dei campi vicino ad At-Tuwani. E, come se non bastasse, godono spesso della complicità di esercito e polizia israeliani. Ecco perché Kamel ci chiede di essere accompagnato verso casa.
Dopo gli accordi di Oslo nel 1993 i villaggi di At-Tuwani e Magayr Al-Abeed sono entrati a far parte dell’ area C (vedi scheda), il che si traduce in una massiccia presenza di esercito e polizia israeliani che pattugliano la zona per cercare di mantenere bassa la tensione tra le parti e, in apparenza, evitare che la tensione sfoci in scontri violenti. Durante la nostra presenza abbiamo invece spesso assistito ad episodi di collaborazione tra forze di difesa israeliane e coloni degli insediamenti e degli avamposti.
Avere la casa in area C significa anche dover chiedere permessi all’amministrazione israeliana per qualsiasi costruzione o allacciamento ad energia elettrica o modifica del piano urbano; permessi che vengono quasi sempre negati.
Oggi vicino al villaggio di At-Tuwani non sono presenti camionette dell’esercito (e non sappiamo se ritenerci fortunati o no), forse perché durante il mese di Ramadan le attività dei palestinesi, che non bevono e non mangiano per 15 ore al giorno, si riducono notevolmente e non c’è quindi bisogno di troppi controlli.
Attraversiamo la valle di Humra allontanandoci dal villaggio di At-Tuwani, tenendo sempre un occhio sul limite del bosco e il telefono a portata di mano per poter essere contattati il più velocemente possibile, in caso di attacco, dai nostri compagni che hanno una visuale più ampia dall’alto della collina. Kamel sembra tranquillo, ci invita, come sempre, ad andarlo a trovare a casa sua ed è contento di averci vicino almeno per un tratto di strada.
Un telefono, una telecamera e buoni polmoni
Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, è presente ad At-Tuwani dal 2004 e, nonostante il ricambio continuo di volontari, possiamo dire di aver instaurato un legame di fiducia con la popolazione palestinese. La presenza di un gruppo di internazionali stabili al villaggio funge da deterrente all’uso della violenza e permette che vengano monitorate, testimoniate e denunciate tutte le forme di ingiustizia. Strumenti indispensabili sono una telecamera, un telefono e possibilmente un po’ di fiato per poter superare le colline di corsa in caso di emergenza. Una telecamera contro un M16 di un soldato o le spranghe dei coloni sembrano poca cosa. Ma la forza della resistenza dei villaggi delle colline a sud di Hebron (zona che comprende anche il villaggio di At-Tuwani) consiste proprio nella scelta nonviolenta. Alla fine degli anni ‘90 è nato il Comitato Popolare delle South Hebron Hills, che riunisce i rappresentanti dei villaggi della zona, con l’obiettivo di rispondere all’occupazione militare e civile israeliana e di denunciare i soprusi da parte dei coloni senza ricorrere alla violenza.
La lotta delle comunità palestinesi si manifesta qui nel continuare a portare avanti le attività di fellahin (pastori-agricolotori) nei campi vicini: andare al pascolo con le greggi, mietere il raccolto, occuparsi degli ulivi (quelli che vengono risparmiati dai danneggiamenti dei coloni), spostarsi da un villaggio all’altro. Semplici attività di vita quotidiana che assumono un significato molto più ampio, proprio perchè possono essere molto rischiose e rappresentano il primo passo dei palestinesi nella lotta non violenta per affermare il proprio diritto di esistere su queste terre.
Anche mandare i figli a scuola diventa qui una scelta non scontata: i bambini che dalle comunità vicine vengono a scuola nel villaggio di At-Tuwani devono percorrere la strada che passa tra l’avamposto di Havat Ma’on e l’insediamento di Ma’on. In seguito ad aggressioni violente da parte dei coloni a danno sia dei bambini come degli internazionali che li accompagnavano, grazie all’intervento di un’associazione di avvocati israeliani, gli studenti vengono adesso scortati da una camionetta dell’esercito israeliano che ha il compito di proteggerli durante il tragitto. Tragitto che comunque viene costantemente monitorato dai volontari di Operazione Colomba, visti i ritardi e le assenze, purtroppo non saltuari, della scorta militare.
L’illegalità tollerata
Secondo il diritto internazionale tutte le colonie presenti nei territori palestinesi occupati sono illegali; gli avamposti invece sono illegali anche per la stessa legge israeliana. Di norma però ad essere demoliti o evacuati sono i villaggi palestinesi di quest’area, mentre avamposti e insediamenti continuano ad espandersi sotto gli occhi stupiti di palestinesi ed internazionali, che cercano invano una logica alle dinamiche di occupazione portata avanti dal governo israeliano.
Noi continuiamo a fare da testimoni, forti della perseveranza delle comunità palestinesi che visitiamo: “Se l’esercito israeliano continuerà a demolire, noi continueremo a costruire”.
Anche Kamel non ha una storia facile: sua madre è rimasta vittima di una aggressione da parte dei coloni ed ora spetta a lui prendersene cura. Per questo motivo non ha possibilità di pensare al matrimonio e vive ancora con lei. Ha un piccolo gregge di pecore e capre e conta nella sua esperienza molti spiacevoli incontri con coloni e polizia.
Arriviamo alla strada che collega At-Tuwani al villaggio di Al-Mufaqarah e sembra tutto tranquillo. Da qui è ben visibile una delle case dell’avamposto costruita poco fuori dal boschetto. La maggior parte degli attacchi dei coloni parte proprio da questa casa, color ocra. Veniamo raggiunti dai nostri compagni e insieme guardiamo Kamel allontanarsi sulle colline, mentre anche il movimento di una gazzella o di un cane randagio ci mette in allarme.
Dopo circa un quarto d’ora Kamel e il suo asino scompaiono alla nostra vista, lo chiamiamo al cellulare e ci comunica che è arrivato a casa sano e salvo; ci ringrazia e dice che passerà da noi l’indomani per un altro accompagnamento. Torniamo a At-Tuwani anche noi, ripercorrendo il tragitto appena fatto; la tensione ci segue, silenziosa ma percepibile, fino a quando non raggiungiamo le prime case del villaggio.
Proprio qualche giorno fa nella stessa valle Kamel, accompagnato questa volta dagli attivisti israeliani dell’associazione Ta’ayush (vedi scheda), è stato attaccato dai coloni (che non hanno risparmiato nemmeno i loro concittadini) ed è dovuto tornare a casa con il gregge ancora affamato.
Oggi è stata una giornata di piccole conquiste: Kamel è riuscito a tornare a casa senza problemi e le nostre telecamere non hanno dovuto registrare alcun attacco. La questione è che nelle South Hebron Hills questi sono episodi di eccezionalità e i nostri archivi traboccano di filmati e fotografie che preferiremmo non avere.
Insh’Allah, se Dio vuole, come dicono qui in continuazione, giornate come questa aumenteranno di numero e altri pastori, donne e bambini riusciranno a spostarsi da un villaggio all’altro senza problemi, a mietere il raccolto senza doversi preoccupare della vicinanza all’avamposto, ad andare a scuola pensando solo ai compiti in classe, a fare la spesa facendo i calcoli dei soldi.
Le comunità delle colline a sud di Hebron chiedono solo questo: una vita normale.
Glossario
Dopo gli accordi di Oslo nel 1993, i territori palestinesi occupati sono stati suddivisi in tre aree:
Area A: sotto controllo civile e militare palestinese.
Area B: sotto controllo civile palestinese e militare israeliano.
Area C: sotto controllo civile e militare israeliano.
South Hebron Hills: area delle colline a sud di Hebron che si trova nella parte più meridionale della Cisgiordania, tra la città di Yatta e la “green line”, la linea di armistizio del 1949 che separa Israele dai Territori Palestinesi Occupati. At-Tuwani, con i suoi circa 300 abitanti, è il villaggio più grande di tutta l’area ed è l’unico ad avere una scuola elementare, un piccolo negozio di alimentari, una moschea e una clinica.
Insediamento/colonia: comunità israeliane costruite nei Territori Palestinesi Occupati. Secondo il diritto internazionale (in particolare secondo la Quarta Convenzione di Ginevra, la Seconda Convenzione dell’Aja e numerose risoluzioni dell’ONU) tutti gli insediamenti israeliani nei Territori Palestinesi Occupati sono illegali. Generalmente vengono suddivisi in insediamenti “economici” (insediamenti molto grandi che sorgono in luoghi strategici soprattutto per il controllo delle risorse) e “ideologici” (di solito più piccoli e posti in luoghi periferici della Cisgiordania, creati da gruppi di coloni convinti che i territori palestinesi debbano essere annessi allo stato israeliano). Gli insediamenti e gli avamposti israeliani che sorgono nell’area delle South Hebron Hills sono da considerarsi del secondo tipo.
Avamposto: insediamento, ancora allo stato embrionale, di solito formato da qualche caravan e poche case, illegale sia secondo il diritto internazionale che secondo la legge israeliana.
Yesh Din: associazione israeliana attiva dal 2005 che fornisce assistenza legale ai palestinesi nei Territori Occupati. Si occupa anche di monitorare e seguire i casi che riguardano Forze di Difesa Israeliane, coloni sospettati di crimini contro i palestinesi, espansione di avamposti illegali e colonie, demolizione o evacuazione di villaggi palestinesi.
Ta’ayush: associazione nonviolenta fondata nell’anno 2000 che include cittadini israeliani e palestinesi. Segue molte comunità e villaggi nei Territori Palestinesi Occupati cercando di creare rete tra le altre associazioni e monitorando i soprusi a danno dei palestinesi da parte di forze dell’ordine israeliane e coloni. Partecipa e organizza manifestazioni di solidarietà vicine ai palestinesi in Cisgiordania. Collabora con Operazione Colomba dall’inizio della presenza ad At-Tuwani, anche partecipando ad accompagnamenti in zona.