Musica in strada
Fra arte ed elemosina, fra piacere e intolleranza. A Trento funziona così; altrove, invece...
C’è Marcello, 50 anni, una moglie e sette figli che vivono con lui a Trento, ed una passione per la musica nata da giovanissimo: “Mio padre era un musicista famoso, in Romania. Su nove figli che aveva, siamo diventati tutti suonatori”. Marcello è uno di quelli che variano di più, a Trento. Lo si può incontrare mentre suona la chitarra o la fisarmonica, con repertori che cambiano spesso. Poi c’è Juan, che di anni ne ha 72, e che alla musica è arrivato tardi: “Ero in Romania, avevo perso il lavoro. Ceausescu ci aveva rovinato tutti. Mi sono messo ad ascoltare gente che suonava il violino e ho imparato”. I risultati non sono eccelsi, mentre strimpella con la sua aria bonaria, di solito di fronte al Centro Santa Chiara.
Ci sono poi Redrik e Stefan, bravi suonatori di fisarmonica, ma poco disponibili a parlare. C’è un altro signore romeno, 52 anni, che non capisce granché di quello che gli chiediamo e si affretta a mostrarci il suo permesso per suonare in strada.
Questi sono alcuni dei musicisti che popolano le strade di Trento. È facile incontrarli. Sono tutti romeni, o al massimo di altri Paesi dell’Est. Forse musicisti non eccezionali, ma la cui presenza offre qualità aggiuntive ad alcuni luoghi della città, e risulta spesso piacevole per chi li attraversa. A giudicare da quello che raccontano, amano la musica, ma se potessero farebbero qualcos’altro: “Sto cercando lavoro da molto tempo a Trento e nel frattempo vengo a suonare qui, per guadagnarmi quei pochi euro per vivere. Ma se continuerà così, dovrò andarmene”. - ci dice Marcello.
“Facendo l’operaio in Romania vivevo bene, ma da quando ho perso il lavoro questa è stata l’unica cosa che sono riuscito a fare - racconta Juan -, comunque, con i 300 euro al mese che riesco più o meno a guadagnare, a volte mando anche qualcosa a casa”.
Suonare per vivere o vivere per suonare?
Il loro arrivo a Trento è stato abbastanza casuale, avvenuto in seguito alla decisione di raggiungere un parente o un amico nell’Europa ricca, come nei tradizionali processi migratori. Tutto meno che una scelta professionale. Questo è ciò che si palesa più chiaramente a chi si addentra nel loro mondo: la musica in strada è una forma particolare di elemosina, non d’arte. Suonano per vivere, non vivono per suonare.
“Ci sono due categorie di musicisti di strada. - ci spiega Corrado Bungaro, musicista, membro dell’Orchextra Terrestre di Trento e consigliere comunale del Partito Democratico - Una comprende chi suona per elemosina; l’altra chi lo fa per scelta. In Italia non siamo abituati alla seconda categoria. È una questione culturale: nell’immaginario comune, il musicista professionista si esibisce nei teatri o in altri luoghi di rilievo. La strada è destinata all’elemosina e ci sono pochissimi italiani che vi suonano”.
Il Trentino, poi, si caratterizza per una spiccata attenzione ai problemi di quiete, che limitano ulteriormente la possibilità di esibirsi in spazi pubblici. “Quello della quiete è un problema sentito qui a Trento, basti vedere l’ultima ordinanza che permette l’esibizione di complessi solo se con un massimo di quattro componenti. Sarebbe auspicabile un maggiore equilibrio tra il diritto al riposo e la possibilità di espressione artistica”. Attenzione eccessiva alla quiete e poca inclinazione culturale si riflettono nella regolamentazione dell’esercizio dell’arte in strada. Gli articoli da 80 a 83 del regolamento di polizia urbana disciplinano questa materia, stabilendo 27 zone (vedi mappa) dove è possibile suonare la mattina ed il pomeriggio. Zone quasi tutte fuori dal centro o ai limiti di questo, molte delle quali acusticamente inadatte o troppo trafficate. “Postazioni poco dignitose” sostiene Bungaro. In tutte le altre aree del centro, il musicista deve chiedere il permesso alla polizia, non potendo comunque suonare per più di 4 ore al giorno e 40 giorni per anno solare.
Un regolamento che non sembra però turbare più di tanto chi in strada suona quotidianamente. Soprattutto perché le informazioni sono facilmente accessibili, potendo chiunque procurarsi un volantino esplicativo molto chiaro presso gli uffici del Comune. E perché, una volta che le regole vengono rispettate, i suonatori vengono trattati con gentilezza. “Apprezzo molto la polizia di qui. - commenta Marcello - Una volta che suoni nei posti giusti, non ti dicono niente”.
“Rispetto alla Romania, è tutta un’altra cosa - ci dice Juan -, gli unici problemi li ho con alcune persone che ti trattano male, dicendoti di tornartene a casa. Ma con la polizia e la maggior parte della gente mi trovo benissimo”.
Fra curiosità e minaccia alla quiete
Un’opinione più rigida sul tema ce l’ha chi considera l’arte su strada in modo più professionale. E che ha più a cuore la qualità acustica dei luoghi. È il caso di Alexiei Asenov, fisarmonicista bulgaro: “Ho iniziato a suonare per strada a Trento nel 2001. L’ho fatto per difficoltà nel trovare lavoro, ma non ci vedevo nulla di strano. Nell’est Europa, un misto di tradizione e povertà fa sì che i musicisti la considerino un’attività normale. Poi ho conosciuto Corrado Bungaro che mi ha chiesto di collaborare con l’Orchextra, dandomi l’opportunità di iniziare una carriera vera e propria. Da allora, mi sono gradualmente allontanato dal Trentino. Se devo suonare per strada, preferisco le città tedesche ed austriache. Offrono più occasioni di guadagno, in quanto il pubblico cambia ogni giorno, mentre a Trento dopo una settimana o due ti conoscono tutti. A Monaco in due ore puoi guadagnare anche 50 euro. Ma non è solo questo. Trento potrebbe comunque essere la città del Nord Italia più adatta per suonare in spazi pubblici. La gente apprezza. Ma i posti dove suonare sono pessimi, ed in quei pochi buoni tu arrivi e c’è già qualcuno che ci suona, e magari non è nemmeno capace. Ho amici che hanno provato a suonare qui, ma per queste ragioni non sono rimasti più di due giorni. A Monaco invece, c’è una commissione che valuta il tuo repertorio e decide se assegnarti i posti migliori”.
Insomma, viviamo in una città dove la musica in strada è considerata più elemosina che arte e il suonatore è visto come una minaccia alla quiete. I regolamenti comunali riflettono questa visione.
Ma tant’è, quando un musicista si affaccia sulla strada, la maggioranza dei trentini sembra apprezzare la sua musica, o quantomeno il suo impegno. Esiste un modo di valorizzare questo aspetto, facendo sì che la musica in strada a Trento migliori, per qualità e quantità?
Le proposte sono tante: “Si potrebbe fare come a Venezia - sostiene Bungaro -, dove gli aspiranti musicisti di strada portano un curriculum e presentano il loro spettacolo. Sarebbe poi importante una visione più complessiva di tutto il Trentino, incentivando le occasioni stagionali, come l’estate ai laghi”.
“Io ho proposto al Comune di fare come a Monaco - rilancia Asenov -, con una commissione che selezioni chi deve suonare in centro, nei luoghi più turistici, lasciando il resto della città ai non professionisti che suonano per elemosina”.
Mentre ci arrovelliamo tra le tante idee, incontriamo in piazza Battisti un gruppo inconsueto. Sono quattro, un trentino e tre messicani, e suonano un enorme xilofono, che ci dicono essere uno strumento messicano tradizionale, il marimba: “Ci chiamiamo Mamarimba. - spiega Amedeo, italiano - Sto studiando questo strumento al conservatorio in Messico, e ho deciso di fare un tour qui, per farlo conoscere al Trentino, e far conoscere l’Italia ai miei compagni. Quando non suoniamo nei teatri, lo facciamo in strada, alle feste di paese. Insomma, ovunque ci sia possibile per racimolare i soldi per il biglietto di ritorno”.
E la diffidenza? E i regolamenti troppo stretti?
“Non abbiamo avuto nessun problema. La gente è curiosa, vede qualcosa di nuovo ed è contenta. Guadagniamo abbastanza. Quanto ai regolamenti, chiediamo il permesso, che ci viene accordato velocemente: due ore al mattino e due al pomeriggio. È molto meglio di quanto mi succeda, ad esempio, in Veneto”.
Una storia che fa riflettere: in una città dove i regolamenti sono chiari, rispettati ed accessibili ed i permessi si ottengono facilmente, ciò che sembra mancare in primis sono la motivazione e l’originalità degli artisti locali. Più iniziative come quella dei Mamarimba diminuirebbero la diffidenza del pubblico e la sua preoccupazione verso la quiete, rendendo più facile la modifica delle regole meno intelligenti, come la disposizione delle zone libere per le esibizioni o i limiti temporali nelle altre. Rispettando, oltretutto, il diritto a suonare di tutti, senza dover operare distinzioni tra suonatori “veri” e “mendicanti” che spettano, in fondo, al gusto di chi ascolta. Ricordandosi che se in strada c’è qualcuno che suona perché non ha altre fonti di sostentamento, sarebbe giusto verificare se è possibile aiutarlo ad ottenerle.