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QT n. 9, settembre 2012 Seconda cover

La truffa della Valdastico

Perché c’è chi vuol fare, nel 2012, quella che è stata definita “l’autostrada più inutile d’Italia”? Anche a costo di devastare la Valdastico e l’alta Vallagarina, e di intasare definitivamente l’Autobrennero? C’è un inghippo...

Da quando, il 17 luglio, il Comune di Besenello ha presentato in conferenza stampa le sue osservazioni negative per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) del nuovo progetto preliminare della Valdastico-nord (che la Società dell’Autostrada BS-PD La Serenissima ha presentato nella primavera 2012, dopo essere riuscita a farlo inserire nel 2010 dal governo Berlusconi fra le opere “strategiche” della Legge Obiettivo), sulla stampa si è sviluppata una confusa discussione, che ha trovato spazio soprattutto sulle pagine delle lettere de L’Adige. Discussione concentrata sugli aspetti ambientali dell’opera, che con un percorso di circa 40 km - di cui solo 6 all’aperto, una trentina in galleria e 4 su viadotti - dovrebbe collegare il casello di Piovene Rocchetta (VI) con l’Autobrennero all’altezza di Besenello in Vallagarina. La cosa che più ha colpito l’opinione pubblica è stata la denuncia contenuta nella relazione del consulente del Comune di Besenello, prof. Dario Zampieri (docente di geologia all’Università di Padova), sulla completa dimenticanza, nel progetto, dell’indicazione dell’IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi Italiani, banca-dati d’ambito CNR) sulla gravità del pericolo di una frana del volume di 20 milioni di metri cubi gravitante sulla località Casotto nel Comune di Pedemonte (VI), dove il progetto vorrebbe collocare un viadotto, uno svincolo, un centro di manutenzione, e un’area di servizio con autogrill. Ma il Comune di Besenello ha in realtà segnalato anche altre criticità ambientali del progetto, come il rischio di scomparsa delle sorgenti - a causa dei lavori per le molte gallerie - non solo sul proprio territorio, ma anche sugli altipiani, fino alla minaccia di prosciugamento del Lago di Lavarone. E con un’azione esemplare per trasparenza ha messo tutti i documenti relativi a disposizione sul suo sito.

Il prossimo appuntamento è ora quello per la seconda metà di ottobre, quando il progetto Valdastico dovrebbe comparire alla Commissione Tecnica del VIA presso il Ministero dell’Ambiente, per poi passare la vaglio del CIPE per l’approvazione definitiva.

I giochi della politica

Notevole l’attivismo sull’argomento dalla Lega, anche tramite i suoi rappresentanti trentini in Parlamento. La società promotrice dell’opera, La Serenissima, è ormai da molti anni una roccaforte leghista, e l’attuale presidente è Attilio Schneck, contemporaneamente anche presidente leghista della provincia di Vicenza (come la sua predecessora, Manuela Del Lago). Così si spiega l’altrimenti incredibile azione di lobbing svolta dalla Lega trentina, a supporto di un centro di potere economico controllato dai fratelli veneti, senza farsi problemi ad usare per lo scopo anche manovre romano-centralistiche, anti-autonomistiche. L’autonomia speciale del Trentino è infatti il principale ostacolo, allo stato attuale dei fatti, alla realizzazione dell’opera, perché una norma di attuazione dello statuto d’autonomia prevede che, per tracciati autostradali riguardanti - come questo - il territorio provinciale e quello di una regione confinante, sia necessaria “l’intesa” con la PAT. E la Provincia ha sempre lamentato l’assoluta mancanza di qualunque intesa, tanto da considerare illegittimo anche l’inserimento della Valdastico fra le opere strategiche della Legge Obiettivo, ed a fine luglio ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale contro l’inserimento della Valdastico, da parte del governo, nella rete europea dei trasporti TEN-T, appunto per mancanza dell’intesa.

Proprio su questo istituto dell’autonomia si sono concentrate le manovre leghiste a Roma. Il 20 luglio il deputato trentino Fugatti è riuscito, con un emendamento-blitz, a far inserire nel Decreto Sviluppo quella che vorrebbe essere una limitazione della prerogativa dell’intesa, prevedendo che la stessa debba essere raggiunta entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Quando la norma d’attuazione invece non prevede alcuna scadenza, disegnando evidentemente, con questo, l’intesa stessa come non obbligatoria per la PAT. Ma la Lega, a Roma, non si è limitata a questo. Il 7 agosto è riuscita, con l’appoggio del PdL, anche a far saltare, per mancanza del numero legale, l’approvazione del Parlamento al Protocollo Trasporti della Convenzione delle Alpi, un accordo internazionale già approvato nelle linee generali dall’Italia nel 2000, a cui manca però ancora il protocollo specifico sui trasporti (già approvato dagli altri paesi), che sottopone la costruzione di nuove autostrade attraverso le Alpi ad uno stretto regime di valutazione dei criteri di necessità e sostenibilità ambientale. Il relatore della Lega, l’ex ministro Castelli, ha sostenuto la contrarietà del suo partito al Protocollo citando proprio la Valdastico, a causa del rischio “isolamento” di... Cortina d’Ampezzo (dimostrando di avere in testa una certa confusione in fatto di geografia).

Ma nonostante queste “sparate” leghiste, le tracce di una riservata trattativa trapelavano qui e là nelle pieghe delle dichiarazioni. Dellai ha più volte espresso “comprensione” per le esigenze della Serenissima di veder approvato il progetto della Valdastico nord, in considerazione del fatto che alla realizzazione di questa opera è legato anche il rinnovo della concessione che la società era riuscita ad ottenere dal governo Berlusconi, ed anche l’assessore competente della Regione Veneto Renato Chisso, sul Giornale di Vicenza del 9 agosto, si dichiarava “ottimista” sulla prosecuzione del confronto con la provincia di Trento. In questo clima il supplemento Affari & Finanza de La Repubblica del 25 giugno riportava la notizia che ferveva la trattativa, e illustrava quello che ne sarebbe stato l’orizzonte: “Il Governo, via ANAS, potrebbe porre condizioni non capestro nel bando di gara per L’A22 [Autobrennero], in cambio gli enti locali trentini dovrebbero sbloccare il completamento verso nord della A31 [Valdastico]”.

Usciva così allo scoperto l’ipotesi di uno scambio (in cui evidentemente qualcuno sperava) fra il via-libera alla Valdastico e un rinnovo della concessione anche alla “trentina” Autobrennero, per la quale si era invece sempre prevista inflessibilmente una gara europea alla scadenza del 2014. Ma l’ipotesi finisce prestissimo sul viale dei sogni perduti, quando il 10 agosto esce la notizia del bando di gara per L’Autobrennero, a condizioni che L’Adige definisce una “mazzata per l’A22”: lo stato vuole ricavare dalla concessione molto più di quanto s’è accontentato di ricavare fino ad ora, e si prende direttamente anche il “tesoretto” (550 milioni nel 2014) accumulato dalla Autobrennero per partecipare al finanziamento del nuovo traforo ferroviario del Brennero, secondo il contestato modello della TAV.

Si pone così finalmente, in tutte le sue valenze, l’intreccio fra flussi di merci attraverso la Val d’Adige nelle due forme possibili: su gomma (autostrada) e su ferro (ferrovia), che è il vero nodo problematico che sta dietro alla Valdastico.

Su gomma o su ferro?

Dal punto di vista viabilistico la nuova autostrada non ha molto senso, sicuramente non abbastanza per motivare l’investimento di 2 miliardi di euro previsto dal progetto (ma sappiamo che le infrastrutture in Italia costano in genere almeno il doppio di quello che era previsto). In fondo non sarebbe altro che una scorciatoia fra Vicenza e Trento dell’attuale percorso Serenissima/Autobrennero: una bretella che permetterebbe di evitare il giro per Verona, risparmiando - secondo la valutazione dei progettisti - una sessantina di km, quindi mezzora e qualche minuto: un vantaggio poco significativo. Oltretutto, se sulla Valdastico si facessero poi pagare ai viaggiatori pedaggi adeguati agli altissimi costi di costruzione di un simile tracciato, tutto gallerie e viadotti, il risultato non potrebbe essere che quello di scoraggiarne l’uso (rimanendo più conveniente il giro per Verona), e quindi si dovrebbe aprire a prezzi “scontati”, aggravando dell’ammortizzazione dei costi di costruzione della Valdastico il sistema tariffario di tutta la Serenissima: dove il senso economico di una simile operazione? Si dà il caso però che proprio intorno a Verona, già da un decennio, si stanno facendo rilevantissimi investimenti in infrastrutture per il passaggio delle merci dalla gomma alla rotaia, tipo il noto Quadrante Europa (ed altre consimili). Una modalità di attraversamento delle Alpi decisamente preferibile quella su ferro, perché permette di abbattere l’inquinamento che si lasciano dietro i TIR, e meno energivora (questo aspetto, però, verrebbe meno con il modello TAV).

L’aggiramento del nodo di Verona da parte dei flussi di merci su gomma provenenti dal Nord-est, ma anche - grazie alla Valdastico-sud (via Rovigo) - dall’asse Adriatico, svuoterebbe di ogni funzione questi investimenti veronesi per il passaggio dalla gomma alla rotaia, condannando definitivamente l’asse del Brennero al ruolo di puro e semplice budello autostradale, e le popolazioni che lo abitano ad un inquinamento incontrollabile, particolarmente grave in ambiente alpino a causa dell’effetto-serra creato dalle ristrette dimensioni, e dalla ripidezza della valle.

In una intervista all’Adige del 27 giugno, il sindaco di Borgo Valsugana Fabio Dalledonne, prendendo a pretesto l’incidente di un TIR sulla Valsugana per sponsorizzare la Valdastico (come se la sua realizzazione potesse far, come d’incanto, sparire i camion dalla Valsugana), afferma ideologicamente: “È assodato che il traffico e il trasporto avviene su gomma. Purtroppo la ferrovia non prende piede, quindi servono le strade”. Purtroppo per Dalledonne - invece - questa è una interessata leggenda, smentita dalle statistiche sui flussi di traffico attraverso le Alpi. Nel grafico che riportiamo a p. 16 - tratto dal sito governativo svizzero Alpinfo - si può fare il raffronto fra il traffico che attraversa le Alpi verso la Svizzera e quello verso l’Austria: mentre nel 2010 verso la Svizzera passava un 37,4 % su gomma ed un 62,6 % su ferro, per quello verso l’Austria, nello stesso anno, i rapporti si invertono: 66.6 % su gomma contro il 33,4% su ferro. Come mai? Per le differenti politiche del traffico sostenute da Italia, Austria e Svizzera. La Svizzera scoraggia attivamente il transito su gomma (rendendolo molto oneroso), mentre l’Italia no. Ha ultimamente provato a porre le basi per una politica più ecologica sull’asse del Brennero con gli investimenti veronesi, ma ecco saltare subito fuori qualcuno che prova a metter pali fra le ruote (dei treni!).

L’inghippo della concessione

Se queste sono le “ragioni” della Valdastico, scommetto che i lettori già si staranno chiedendo come mai per difenderle è sceso in campo quel volume di fuoco che abbiamo visto. È chiaro che c’è sotto qualcos’altro.

Le autostrade in Italia sono state costruite negli anni ‘60 e ‘70 da società pubbliche con pochissimi investimenti diretti dello stato, ma usando finanziamenti bancari garantiti dalla prospettiva dei futuri flussi finanziari generati dai pedaggi. Negli anni ‘90 i costi di costruzione erano stati già ammortizzati, e si poneva la prospettiva o di ridurre al minimo i pedaggi (al livello dei puri costi di manutenzione) o di conservare un alto livello dei pedaggi come forma camuffata di tassazione indiretta. Si è scelto invece di privatizzare le società di gestione aprendole a soci privati, e per lo stato si è trattato di un pessimo affare. I ricavi della vendita sono stati molto più modesti di analoghe operazioni fatte all’estero, ma i nuovi soci privati hanno invece ottenuto negli anni successivi degli straordinari sovraprofitti, generati dalla concessione pubblica e garantiti da piani tariffari approvati dal CIPE, ma finiti in tasche private. Nel nuovo secolo lo stato prova a correre ai ripari annunciando la fine della prassi dei rinnovi diretti delle concessioni, che dovrebbero venir messe a gara, per far aumentare concorrenzialmente i ricavi per lo stato. E allora le società di gestione, per non mollare il malloppo, cercano di rilanciare le vecchie modalità, mettendo in progetto nuove realizzazioni a cui appellarsi per un ulteriore rinnovo diretto di durata sufficiente all’ammortizzamento.

L’Autobrennero, come abbiamo visto, ci prova associandosi al traforo del Brennero, ma non le va liscia. La Serenissima ritira fuori dal cassetto il vecchio progetto della Valdastico, e le va liscia, ma condizionatamente alla realizzazione della nuova opera (da cantierizzare entro il 2013). “Non esiste nessun settore - afferma l’economista Giorgio Ragazzi - dove un governo, o addirittura un ministro, possa far “regali” così imponenti a società (pubbliche o private) mediante la proroga della concessione e la regolazione delle tariffe, senza che gli utenti ne percepiscano nemmeno i costi addizionali” (“I signori delle autostrade”, Il Mulino 2008). Sembra proprio la storia di Lunardi e della Serenissima!

Ma se questo spiega il favore che ha ottenuto la Serenissima dal Governo Berlusconi (che la considerava arruolata al proprio fronte) come spiegare che il favore continui ancora sotto questo governo “tecnico”, che l’ha inserita nella rete TEN-T? Perché questo governo ha un’ottica puramente finanziaria, e considera la Valdastico solo un “investimento” di 2 miliardi, qualcosa che aiuta il PIL. È disinteressato all’economia reale, alla inutilità dell’infrastruttura e al fatto che comunque l’investimento lo pagheranno tramite un alto livello delle tariffe tutti gli utenti della Serenissima (anche quelli che viaggiano “sotto”, in Padania), e quindi anche la famosa “competitività” delle imprese, che ha a che fare anche con i costi di trasporto.

Perché non conviene

C’è una crisi economica grave in corso con riflessi pesanti su tutti i comparti economici. Come conseguenza della crisi e di altri fattori di cui tutti dovrebbero essere al corrente ci sarà un calo della disponibilità di combustibili fossili (petrolio in particolare). Questo porterà nell’arco di pochi anni a ulteriori aumenti dei prezzi dei carburanti. ‘Pochi anni vuol dire che aumenti sostanziali sono previsti prima che una eventuale autostrada venga completata (10 o 20 anni preventivati) e prima che si arrivi a un ammortamento dell’investimento.

Antonio Zecca (Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento), L’Adige, 23 luglio 2012

La società Serenissima, e le disavventure della Tecnofin

Attilio Schenk, presidente della Serenissima

La Società che gestisce l’autostrada Brescia-Padova “La Serenissima”, e che vuole costruire la Valdastico, è una Spa mista pubblico/privata. La presenza pubblica è stata sempre molto frammentata in cordate varie, ma ora la prevalenza privata - nonostante la presidenza al presidente leghista della provincia di Vicenza Schneck (e il conseguente ruolo di “guardaspalle” politico che esercita per lei la Lega) - è stata definitivamente sancita il 19 giugno 2012 dal provvedimento n.23682 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Il provvedimento prende atto del controllo raggiunto dai 2 gruppi Intesa San Paolo e Astaldi sulla A4Holding, detenente l’intero capitale sociale della Serenissima, tramite l’acquisto di ulteriori quote dai comuni di Vicenza e Padova, e la stipula di un patto parasociale.

Nonostante gli ingenti ricavi garantiti dai pedaggi, La Serenissima (l’autostrada più trafficata del centro-nord), non viaggia in buone acque. L’ultimo bilancio pubblicato sul sito ufficiale della società, quello del 2010, è gravato da oltre 500 milioni di debiti, e la perdita annuale è di quasi 25 milioni (121 a livello dell’intero gruppo). La causa sono gli intrecci finanziari in cui si sono articolati i giochi interni, che hanno portato, alla fine, appunto al controllo di ISP e Astaldi. Ne sa qualcosa anche la Provincia di Trento, che aveva rischiato anche lei una partecipazione azionaria, tramite la Tecnofin e usando il veicolo di Infracis (assieme a Vito Gamberale, alla Cis di Verona, alla Metalsistem di Fabio Briosi e ad altri). Per le ricapitalizzazioni di cui Infracis si è dovuta far carico, nella logica del ripianamento dei debiti, nel 2011 anche Tecnofin ha dovuto sborsare 1,6 milioni, ma facendo dichiarare contestualmente dal suo presidente Fabio Ramus che non aderirà ad ulteriori aumenti “in relazione ad aspetti di natura strategica territoriale”.

Insomma mogli e buoi dei paesi tuoi, e anche autostrade. Così non rischi di finanziare chi ti fa la guerra, attentando all’istituto autonomistico dell’intesa.