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QT n. 2, febbraio 2012 Trentagiorni

Di chi è la rete idrica?

Il minimo che si può dire della posizione sull’acqua di Rodolfo Borga - consigliere provinciale Pdl - è che sia un po’ contraddittoria, e qualcuno potrebbe anche pensar male e dire furbesca. Ha presentato un disegno di legge provinciale sull’acqua, che - sostiene (vedere lettera a L’Adige del 18 gennaio, di risposta al sottoscritto) - sarebbe “finalizzato proprio a dare piena attuazione all’esito referendario nella nostra provincia”.

Se non che nella relazione illustrativa afferma: “Che quella della presunta privatizzazione dell’acqua sia una bufala lo hanno chiaramente affermato anche esponenti non propriamente di secondo piano della sinistra, quali, tra gli altri, Tonini, Chiamparino, Renzi e Pietro Ichino, che nel suo blog dice a chiare lettere che non esiste alcuna privatizzazione, atteso che non soltanto l’acqua e le relative reti restano di proprietà pubblica, ma non è messa neppure in discussione la natura pubblica del servizio”. E già qui ci sarebbe un cortocircuito logico: se la privatizzazione dell’acqua fosse una bufala, che bisogno ci sarebbe del suo disegno di legge?

Ma è anche una affermazione in aperto contrasto con i fatti, basta vedere la nota situazione della proprietà della rete di Trento, che non è restata “pubblica” proprio per niente, tant’è che il proprietario, Dolomiti Energia, per darla indietro al Comune - che l’ha costruita - chiede 42 milioni (vedi il numero scorso di QT).

Comunque, per nulla imbarazzato dai suoi cortocircuiti logici, il nostro se la prende anche con “tutti i soggetti (sindacati, Acli, Comitato per il Sì, etc.) che dopo aver convintamente sostenuto i referendum” ora non sostengono il suo disegno di legge. E sentenzia: “A fine mese [gennaio] il Consiglio provinciale discuterà il mio disegno di legge e allora vedremo, al di là delle mistificazioni, chi veramente è per l’acqua pubblica”.

Suvvia, non esageriamo. Sostenere che i veri nemici dell’acqua pubblica sarebbero i comitati che hanno portato a casa il referendum, mentre i suoi veri sostenitori i rappresentanti del partito di Ronchi, quello che voleva far decadere in un botto tutte le gestioni dirette dei comuni, suona un po’ surreale. Pare che Borga sia rimasto un po’ indispettito per essersi trovato spiazzato - data la sua collocazione politica - al tempo del referendum, e voglia ora render pan per focaccia a chi i referendum li ha vinti. Ma non è così facile irretire i movimenti per l’acqua, certo che c’è diffidenza per la proposta di legge di un consigliere del partito di Ronchi.

I cittadini a giugno hanno votato per l’acqua pubblica. È stato un grande pronunciamento popolare. Ma un rischio di stravolgimento dell’esito del referendum è stato corso con il decreto sulle liberalizzazioni di Monti. Nella bozza che ha girato fino al momento prima della presentazione in parlamento si tentava di far entrare dalla finestra quanto era stato messo fuori dalla porta: senza prendere di petto direttamente l’acqua, ma agendo in generale sulle forme di affidamento dei servizi locali, si provava a rendere impraticabile la gestione diretta dei comuni. La mobilitazione dei movimenti per l’acqua e dei politici amici ha sventato il rischio, e la forma finale del decreto apre una eccezione per la gestione dell’acqua. Rimane così aperta la via per dare concretezza amministrativa agli esiti del referendum.

Ma per un comune che, come Trento, si accorge di essersi dato la zappa sui piedi, c’è sempre qualcun altro che non vede l’ora di farlo. Enzo Bassetti, ex consigliere provinciale dei Leali, ex sindaco di Riva, e attuale presidente (di minoranza) della commissione bilancio del Comune, durante la discussione sul bilancio, ha proposto di “mettere sul mercato immediatamente, finché hanno ancora un valore abbastanza salvaguardato, ed esistono gli acquirenti, le reti di distribuzione di acqua, metano ed energia elettrica” (Il Trentino, 12 gennaio). Le reti di Riva sono già nella condizione di quelle di Trento: sono proprietà di una società mista, la AGS, di cui il comune è socio di maggioranza con il 56,56 % delle quote. A chi vuole vendere Bassetti?