Credito al consumo: occhio!
Si fa un gran parlare in questi ultimi tempi di sempre più facili ed estese possibilità di accedere a prestiti personali o a crediti al consumo. Le offerte pubblicitarie di banche e finanziarie che offrono denaro a destra e a manca non si contano più. Dipendenti pubblici e privati che ricevono a casa o sul luogo di lavoro offerte pubblicitarie di carte di credito revolving e di cessione del quinto dello stipendio - ahimè solo apparentemente - vantaggiosi. Insomma sembra il Paese di Bengodi.
Purtroppo le cose non stanno proprio così e non perché si voglia fare le Cassandre. Quotidianamente il nostro Centro deve confrontarsi con problemi drammatici di sovraindebitamento dovuti anche a prestiti rateali contratti e non più rimborsati, oppure con problemi di estinzione di prestiti contratti a condizioni e tassi capestro.
Come più volte ripetuto negli ultimi tempi, la situazione dell’indebitamento delle famiglie è seria.
Cessione del quinto dello stipendio. La legge 180/1950 consentiva ai soli dipendenti pubblici delle pubbliche amministrazioni di richiedere a banche o finanziarie dei prestiti da estinguere attraverso la cosiddetta cessione del quinto dello stipendio. In pratica il dipendente accetta in anticipo la trattenuta del 20% del suo stipendio netto mensile da destinare al rimborso delle rate del finanziamento ricevuto dalla banca o dalla finanziaria. Da qualche tempo il prestito con trattenuta sulla busta paga è entrato anche nella prassi delle piccole, medie e grandi aziende italiane. La legge finanziaria del 2004 l’ha esteso anche ai dipendenti di aziende private, benché la cosa fosse già in uso da qualche anno anche presso queste realtà. Da ultimo il decreto-legge 14 marzo 2005, n.35 (il cosiddetto decreto legge sulla competitività convertito nella legge 80/2005) ha esteso la possibilità del quinto dello stipendio anche per altre categorie di soggetti, economicamente più deboli: lavoratori a tempo determinato, pensionati pubblici e privati (che cedono il 1/5 della propria pensione), lavoratori a progetto e parasubordinati (la legge fa riferimento all’art.409 n.3 c.p.c.).
Qualche esempio eclatante. Per dimostrare che la cessione del quinto dello stipendio è un affare soprattutto per banche e finanziarie, basta scorrere le cifre dell’esempio che riportiamo qui sotto, tratto da un caso sottopostoci nei giorni scorsi dal dipendente di un’azienda privata, che aveva contratto con una finanziaria la cessione pro solvendo del quinto del proprio stipendio. Ebbene, a fronte di una somma finanziata di euro 2.912,61, il nostro utente deve rimborsare ben 4.800,00 euro (100 euro x 48 rate) in soli 4 anni; il tasso nominale annuo (TAN) che era stato prospettato all’ignaro dipendente ammonta al 5,105%; quello che non era stato invece ben evidenziato erano gli altri costi del prestito (commissioni di intermediazione, costi assicurativi, ecc.), che hanno fatto salire il tasso effettivo annuo sino al 30,436%. Sì avete capito bene: il 30,436% annuo!
Usura sì, usura no? Purtroppo anche nel caso in questione non si tratta di interessi usurari, almeno se non si considerano nel calcolo del TAEG le "voci assicurative" (la legge prevede che i prestiti debbano essere coperti da una polizza assicurativa sulla vita, che ne assicuri il recupero del residuo credito in caso di decesso del debitore). Come ben noto, lo Stato ogni tre mesi provvede a comunicare i tassi medi applicati nelle varie operazioni di finanziamento dalle banche e dalle finanziarie, da cui si ricavano poi i tassi soglia di usura. Ebbene, all’epoca della stipula del contratto in questione il tasso di soglia usura ammesso per la cessione del quinto dello stipendio era del 31,78% (oggi è del 30,135%). I tassi medi applicati dal sistema finanziario per questo tipo di operazioni sono stati nell’ultimo trimestre del 20% circa (vedi recente comunicazione della Banca d’Italia).
Tanto per dare dei termini di raffronto, l’ammontare dei tassi medi dei crediti finalizzati all’acquisto rateale fino a 5.000 euro è del 15,68%, mentre quello di un normale mutuo a tasso fisso per l’acquisto della prima casa è del 5%. Anche se è vero che le categorie di finanziamento hanno diversi rischi e diverse coperture, resta il fatto che la differenza di costo fra un finanziamento e l’altro è eccessiva e sotto molti punti di vista inaccettabile.
L’estinzione anticipata del debito. Una nota dolente è costituita anche dalle condizioni capestro che molti contratti di credito con soggetti finanziatori prevedono in caso di estinzione anticipata del debito: le spese di intermediazione e di assicurazione, che come abbiamo visto non sono una parte indifferente del tasso effettivo annuo, non vengono scontate nella somma da restituire.
A questo punto, la nostra raccomandazione è quella di resistere alle sollecitazioni di facili offerte di prestito e acquisti a rate a basso costo e anche di quelle ripetute nel tempo, come le ormai famigerate carte revolving, sulle quale ci sarebbe molto da discutere.
Molti operatori economici vorrebbero superare l’attuale crisi dei consumi proponendo l’indebitamento ad oltranza per le famiglie (si parla di ancora molti milioni di potenziali clienti del credito al consumo), già alle prese con serie ristrettezze finanziarie. Il nostro spassionato consiglio è invece quello legato alla necessità di aver un sempre maggior controllo del proprio bilancio famigliare, ricorrendo ai debiti solo in casi di assoluta e reale necessità ed evitando o almeno resistendo alle facili chimere del consumismo indotto dalla pubblicità.
In ogni caso, per un prestito anche di piccolo importo, meglio rivolgersi alla propria banca piuttosto che a sconosciute società finanziarie.
Insomma, se proprio non ne avete assoluto bisogno, lasciate perdere prestiti rateali, cessioni dello stipendio e affini. E soprattutto, prima di firmare qualsiasi proposta o contratto di finanziamento, consultatevi con un esperto per chiarirvi al meglio condizioni, tassi e quant’altro. Dopo è sempre troppo tardi, e i lupi sono sempre in agguato.