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QT n. 9, ottobre 2009 Servizi

Il cittadino ha partecipato

Cronaca di una giornata di democrazia dal basso

Al mio tavolo, il n° 11, non trovo quel bilanciamento fra sessi che era stato annunciato. Siamo infatti 8 uomini e 2 donne. Anche la democrazia partecipativa ha bisogno delle quote rosa? È il 20 settembre, penultimo giorno d’estate. Fuori fa caldo: eppure, più di un centinaio di persone han deciso di passare la giornata al chiuso, sotto le luci artificiali della palestra “Damiano Chiesa” di Rovereto. Sono cittadini che partecipano.

“Il Cittadino Partecipa” è infatti il nome dell’iniziativa organizzata dalle associazioni “PartecipAzione Cittadini Rovereto” e “Trento Attiva”. Partecipare a cosa? Alla res publica: discutere, proporre, decidere. Per una volta lo fanno i cittadini e non i politici di professione. Spegnere la televisione, accendere il cervello. Come?

I cittadini che si sono iscritti vengono divisi in 11 tavoli. Ognuno può fare una proposta per migliorare la qualità della democrazia in Trentino. Prima il titolo, poi tre minuti per spiegarla. Non di più: devono partecipare tutti, ed ogni intervento è scandito dal cronometro. Diciassette sono poi i minuti a disposizione del tavolo per discuterla: fare domande al proponente, integrare, criticare.

Tra i partecipanti ci sono anch’io. Prima che inizi la discussione, mi chiedono di cambiare tavolo: qualcosa non va nel cervellone che sovrintende all’evento, non mi riconosce fra gli iscritti. Allora mi spostano a un tavolo dove la situazione è più equilibrata: 3 donne e 4 uomini. E la discussione comincia.

Parto proprio io. Avevo già in mente cosa dire, e scandisco fiero il titolo della mia proposta: “Sostegno pubblico al giornalismo partecipativo”. Il facilitatore scrive dentro il cervellone. Poi è il turno degli altri. Partecipazione dei cittadini alle decisioni su progetti ad alto impatto ambientale. Referendum consultivo sulle opere ad alto impatto ambientale. Statuti comunali sottoposti a referendum senza quorum. Sospensione per 5 anni dalle cariche pubbliche per chi le ha ricoperte negli ultimi 10. Ripresa televisiva per tutti i Consigli Comunali. Possibilità di revocare gli eletti.

Si vota per decidere l’ordine con cui verranno discusse le proposte. La mia finisce in fondo alla lista. La discussione comincia dalla proposta di partecipazione alle decisioni sui progetti ad alto impatto ambientale. Per parlare, bisogna prenotarsi. Non ci si parla addosso, o almeno ci si prova. Nessuna rissa. Le discussioni sono in genere proficue. Le proposte migliorano.

Non mancano i casi di contrapposizione. Sulla mia idea, per esempio. Luca mi dice che il giornalismo finanziato da soldi pubblici è condizionato, bastano i lettori. Io gli porto l’esperienza di QT: i lettori non bastano. Lui rimane della sua idea, e assegna un bel 4 (su 10) alla mia proposta. Pazienza.

Fantapolitica

Ma accade anche che sia il proponente a cambiare idea. La revoca degli eletti, fa notare qualcuno, è uno strumento pericoloso, si espone al rischio populista. La proponente alla fine si convince. Ed è il maggior successo del nostro piccolo parlamentino: vi immaginate qualcuno che a Montecitorio cambi idea convinto dall’oppositore?

Alla fine, notiamo un’altra cosa interessante. L’ultima proposta, le telecamere in Consiglio Comunale, non viene discussa. Non c’è tempo, le due ore sono volate, passiamo al voto. La media è tra le più alte, fioccano degli 8 e dei 9. Ma qualcosa alla fine non ci convince. È stata la mancanza di discussione a far alzare la media-voto, concludiamo. Abbiamo votato uno slogan, e il risultato è stato plebiscitario. Il ragionamento invece permette di ponderare meglio il giudizio. Ecco perché non è mai piaciuto ai populisti di ogni latitudine. Cancelliamo il voto. Discuteremo e voteremo un’altra volta. Adesso è già il momento della plenaria.

Meccanismo da perfezionare

Le proposte che hanno ottenuto il voto più alto in ogni tavolo vengono illustrate dai proponenti in 2 minuti, poi il pubblico può fare 5 domande/osservazioni, infine votare se portarla o no in Consiglio Provinciale.

Si arriva all’illustrazione della quinta proposta, e il meccanismo s’inceppa. Si tratta dell’abolizione del quorum referendario. Viene illustrata, poi seguono le 5 domande/osservazioni. Infine, mentre si vota, uno del pubblico interrompe: “Ma stiamo votando l’abolizione del quorum o la sua riduzione?”. Gli fa eco un altro: “E se lo aboliamo, quante firme sono necessarie per chiedere il referendum?”. Il proponente non aveva chiarito questi aspetti. C’è confusione. Gli organizzatori appaiono impreparati. Si perde un sacco di tempo, e si fa uno strappo alla regola, votando tre varianti della proposta.

Ragiono col mio vicino di sedia: i facilitatori dovrebbero essere più preparati, in modo che dai tavoli escano proposte strutturate, e non vaghe come molte di queste. Tuttavia, mentre così ragioniamo, ci distraiamo, e perdiamo il contenuto della sesta proposta. Ma non siamo gli unici ad essere stanchi dopo una giornata di discussioni: qualcuno comincia ad andarsene, le ultime proposte vengono dibattute più rapidamente, la qualità della discussione peggiora, si punta dritti al voto.

Ma la democrazia non è un quiz televisivo: mica s’impara in un giorno. E io sto già aspettando la seconda edizione.