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QT n. 9, ottobre 2009 L’intervento

Arginare il degrado

Salvatore Ferrari

Case affrescate rase al suolo e sostituite da anonimi fabbricati, piazze stravolte da arredi impropri, facciate intonacate con colori vivaci, antichi mulini tutelati in mano alle immobiliari, orti e giardini pronti ad essere sacrificati per far posto alle automobili.

Alla giornata nazionale dei “paesaggi sensibili” organizzata da Italia Nostra a Terzolas (19 settembre) non sono mancati gli esempi di sgoverno del territorio - in particolare degli insediamenti storici - sui quali hanno discusso architetti, ingegneri, urbanisti, storici dell’arte, funzionari provinciali e l’ex-sovrintendente per i Beni Culturali dell’Alto Adige.

In Val di Sole, come in molte altre valli trentine, 18 anni di gestione comunale dell’urbanistica non hanno favorito uno sviluppo edilizio equilibrato, ma al contrario hanno portato a inaccettabili interventi sull’antico, a ulteriore consumo di suolo con la conseguente dispersione urbana, e a nuove costruzioni di qualità scadente.

Con una legge provinciale del 1991 si era deciso di trasferire ai Comuni le competenze in materia urbanistica, prima esercitate dai Comprensori. Ma la fiducia riservata dal legislatore provinciale agli Enti locali - un vero “atto di fede” per dirla con l’architetto Giorgio Tecilla, da poco nuovo responsabile dell’Ufficio Tutela del Paesaggio della Provincia- fu sostanzialmente tradita.

Pochezza culturale di progettisti e committenti, scarsa sensibilità degli amministratori soggetti, tra l’altro, a forti pressioni di proprietari e costruttori, inadeguatezza degli uffici tecnici comunali e delle commissioni edilizie, drastica diminuzione dei controlli in seguito all’estensione della DIA (Dichiarazione d’Inizio Attività) anche agli interventi di risanamento conservativo e restauro hanno contribuito a mettere in pericolo, o addirittura a stravolgere, l’identità dei borghi antichi, soprattutto quelli minori.

Che si può fare per invertire la rotta, per evitare il degrado strisciante, per bloccare l’erosione del paesaggio agrario, per sensibilizzare i cittadini sul vantaggio culturale, ma anche economico, di conservare, recuperare e riusare con intelligenza e sensibilità il patrimonio edilizio esistente?

Con la riforma istituzionale del 2006, il nuovo Piano Urbanistico Provinciale e la legge n. 1 del 2008 la Provincia pare intenzionata ad affrontare limiti e criticità della pianificazione urbanistica e del governo del territorio, ormai sotto gli occhi di tutti. Piano territoriale e commissioni per la pianificazione territoriale e il paesaggio delle comunità (CPC) - con l’espressione di pareri obbligatori sulla qualità architettonica - dovrebbero riportare ad un livello sovracomunale la gestione delle funzioni amministrative nel settore urbanistico. Ma sarà davvero così? In realtà, come chiarisce un comma di quella legge, per molti pareri i Comuni potranno continuare a ricorrere alle proprie Commissioni edilizie, più facilmente controllabili di quelle di valle. Il Piano Regolatore Generale del Comune, inoltre, continuerà ad essere il principale strumento di governo e pianificazione, dovendo definire tra l’altro “la precisazione dei perimetri delle aree di tutela ambientale, la definizione delle singole categorie d’intervento ammesse per gli edifici soggetti alla tutela degli insediamenti storici e la localizzazione dei servizi, dei comparti produttivi e delle infrastrutture di esclusivo interesse comunale, ecc” (art. 29, L.P. 1/2008).

È facile immaginare come non mancheranno contraddizioni e contrasti con la pianificazione di valle quando si dovrà decidere l’ubicazione o la razionalizzazione di importanti infrastrutture o edifici pubblici (scuole, caserme dei vigili del fuoco, aree produttive...).

Forse per salvaguardare i circa 744 insediamenti accentrati di antica origine, censiti dall’Ufficio Centri storici della Provincia, sarebbe utile sperimentare anche in Trentino quella “tutela degli insiemi”, introdotta non senza fatica nella Provincia di Bolzano nel 1997, ma in corso d’applicazione solo da 5 anni, e in circa la metà dei Comuni.

Non bastano però solo le regole, pur necessarie, per un buon governo del territorio.

Serve un patto di cultura e civiltà fra proprietari, progettisti, imprese edili, amministratori locali; serve una formazione continua per i tecnici e gli operatori del settore; serve in definitiva una consapevolezza collettiva del valore universale del paesaggio storico.