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QT n. 14, 12 luglio 2008 Servizi

Università di Trento: dopo le rose, le spine

I problemi di un Ateneo che aspira(va) a confrontarsi più con l’Europa che con l’Italia. E la nuova realtà di tagli (decisi dal governo) che possono compromettere un progetto decisivo.

Solo pochi mesi fa, il 6 maggio, alle soglie delle elezioni che lo avrebbero confermato Rettore dell’ateneo trentino, Davide Bassi poteva dormire sonni tranquilli in virtù dei buoni risultati ottenuti nel corso dei suoi quattro anni di gestione. L’inaugurazione del Centro di ricerca Microsoft e del nuovo centro di neuroscienze a Rovereto, le prestigiose lectio di Isabel Allende, dell’allora ministro Giuliano Amato e, più recentemente, del Presidente Napolitano, l’inaugurazione del nuovo corso il biotecnologie oltre, ovviamente, ai ripetuti successi del Festival dell’economia (del quale l’università è la principale organizzatrice, al fianco della Provincia e del Sole 24 Ore) rappresentavano le classiche ciliegine su una torta che stava costantemente lievitando. In giugno, le classifiche Censis (Centro Studi Investimenti Sociali, che ogni anno valuta le università italiane sulla base di quattro dimensioni: produttività, didattica, ricerca e rapporti internazionali) registravano il quarto posto dell’Università di Trento nella classifica dei medi atenei nazionali, con tutte le Facoltà trentine nelle prime due posizioni delle rispettive graduatorie.

Una lieve flessione rispetto al 2007, quando Trento era risultata seconda, ma che – almeno allora - non preoccupava, confermando piuttosto il nostro ateneo ai vertici delle classifiche.

Il giudizio unanime non poteva che essere assolutamente positivo: nel giro di pochi decenni, la giovane università trentina era stata capace di raggiungere ottimi risultati, dimostrando di poter competere con i grandi poli accademici in qualità della ricerca ed innovazione scientifica.

I principali punti di forza, a detta del Rettore, sono stati l’organizzazione generale dell’ateneo, la qualità delle sue strutture, la costante attenzione per una politica di reclutamento aperta ai giovani ed a numerosi docenti stranieri. Anche nelle altre rilevazioni l’Università di Trento scalava le classifiche (411° posto su 565 atenei classificati fra i migliori al mondo nel World University Rankings 2007; l’Unitn-eprints, l’archivio digitale delle pubblicazioni dell’Università di Trento, nella classifica mondiale Webometrics, si è piazzato nel 2008 al 154° posto su 600 archivi considerati, attestandosi come terzo archivio istituzionale italiano) e i giornali nazionali spendevano frequenti elogi (ultimo dei quali, un lusinghiero articolo de il Giornale, che il 7 luglio dedicava una pagina intera all’Università di Trento, descrivendola come "a misura di studente, a vocazione internazionale, con un’offerta formativa articolata ed aperta agli interscambi").

Insomma, la Trento accademica come un modello di eccellenza per il sistema-Italia, attento alla qualità dell’offerta e allo sviluppo consapevole in rapporto ai propri limiti e delle proprie potenzialità; Trento capace di intraprendere un cammino virtuoso e gratificante, reso possibile anche dall’attenta politica di reperimento di fondi, provenienti non solo dalla realtà locale e da quella statale, ma anche da privati (vedi Centro Microsoft) e dall’Unione Europea.

Poi, all’inizio di luglio, improvvisi come i temporali di quest’estate bizzarra, suonano alcuni allarmi. Il Corriere del Trentino, nei primi giorni di luglio, pubblica una serie di articoli, dapprima allarmati, poi addirittura sconsolati ("Urgente rilanciare lo sviluppo", "Schizzerotto: ‘L’ateneo non progredisce’", concludendo in bellezza con "Bassi: governatore, salvi l’ateneo"). Improvvisamente, scopriamo che l’Ateneo di Trento è stagnante e, in conseguenza, "il Rettore appare visibilmente afflitto e preoccupato"; addirittura, il giornale mette in guardia sullo tsunami in arrivo, concludendo infine con un "entro 40 giorni sapremo (in riferimento all’ateneo trentino, n.d.r.) di che morte morire".

Che è successo? Tutto quanto abbiamo raccontato all’inizio è ormai storia passata?

Due sono i fatti nuovi alla luce del sole. Il primo è la relazione annuale del Nucleo di Valutazione d’Ateneo, l’ente preposto al controllo delle prestazioni dell’Università. Una presentazione niente affatto catastrofica come invece la presenta il Corriere del Trentino, ma piuttosto una promozione con riserva per la nostra università. Emergono, per la prima volta, alcuni punti critici su cui ci sarà da riflettere. Alle valutazioni assolutamente positive degli studenti nei confronti dell’attività didattica svolta e al buon livello della qualità dei servizi di supporto e di accoglienza degli studenti (anche grazie al recente incremento degli alloggi messi a disposizione dall’Opera Universitaria), si accompagnano infatti alcune debolezze: l’estesa articolazione e la scarsa verticalizzazione delle strutture in una situazione che difficilmente potrà cambiare nei prossimi anni.

In altre parole, "il Nucleo di Valutazione continua a chiedersi se, in un ateneo di piccole dimensioni come quello trentino, la presenza di così numerosi corsi di laurea di primo livello, alcuni dei quali con un numero di iscritti davvero esiguo, consenta di garantire anche i principi di efficacia degli apprendimenti e di efficienza nell’uso delle risorse umane e finanziarie disponibili".

Si rendono dunque necessarie nuove iniziative, mirate a qualificare maggiormente le attività didattiche e di ricerca dell’Ateneo, "per innalzare la sua capacità di attrazione nei confronti degli studenti che risiedono al di fuori della provincia di Trento e per accrescere le sue capacità competitive sul mercato accademico internazionale sia dal lato dei docenti, sia da quello dei discenti".

Un messaggio chiaro (vedi anche box a lato), che il professor Antonio Schizzerotto (presidente del Nucleo di Valutazione) conferma: "L’Università di Trento, nell’ultimo anno, non è cresciuta". Né dal punto dell’internazionalizzazione degli studenti e dei docenti ("Sì, ci sono visiting professors, ma quelli riguardano solo la ricerca, non la didattica"), né dal punto di vista degli iscritti, né da quello della didattica in generale. Questo non è un disastro, il danno è minimo: ma bisogna ricominciare a crescere al più presto . "Una lettura che si può dare dei nostri recenti risultati - sottolinea Schizzerotto - potrebbe essere addirittura positiva: mentre l’Italia va malissimo, noi siamo statici, fermi. Insomma, andiamo un po’ meno male. Ma il termine di paragone non deve limitarsi al nostro Paese, dobbiamo guardare all’estero per una competizione internazionale, su vasta scala. Questo è il futuro".

Poi, altre urgenze si sono sovrapposte. Rocco Micciolo, a sua volta componente del Nucleo di Valutazione, lo dice a chiare lettere: "E’ successo qualcosa tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, tale da costringerci a riconsiderare il nostro rapporto. Anzi, in parte spazza il campo: nel senso che si tratta di qualcosa di talmente importante che tutto il resto passa in secondo piano".

Quello a cui il prof. Micciolo fa riferimento è il decreto legge del 25 giugno 2008, il cosiddetto decreto Tremonti, che prevede per le università un taglio netto dei fondi di finanziamento ordinario ed un blocco delle assunzioni sino al 2012. Una perdita di diversi miliardi di euro che si ripartirà a pioggia sulle università italiane e che dunque peserà come una spada di Damocle su un ateneo in crescita come quello trentino, che da anni chiede a gran voce degli incentivi finanziari in virtù dei risultati ottenuti.

Il rettore prof. Davide Bassi.

Oltre al danno, la beffa: non solo non arriveranno soldi in più rispetto alle università meno produttive, ma anzi ne saranno tolti altrettanti. Una mannaia, come mormorano alcuni, che si abbatte prima di tutto sui giovani ricercatori, marginalizzati dal blocco delle assunzioni e verosimilmente costretti a cercare impiego altrove, all’estero.

Nella giornata del 7 luglio il rettore Davide Bassi invia a tutto il personale dell’università una lettera aperta, nella quale sottolinea la pericolosità dei tagli previsti dal decreto Tremonti, in particolare quello legato al blocco delle assunzioni per il personale docente e per quello tecnico-amministrativo. Un fatto insolito, questa lettera aperta, addirittura inedito. "Il fatto che il rettore decida di parlarne in questo modo ed in questi termini è sintomatico della pesantezza della situazione" commentano alcuni docenti.

Se il governo sta per spegnere quella luce che per Trento aveva brillato negli ultimi anni, Bassi cerca di diradare il buio indicando una via d’uscita per fuggire il blocco delle assunzioni ed agire con maggiore autonomia: la conversione dell’Università statale di Trento in fondazione privata. "Le fondazioni, così come sono previste dal DL Tremonti, godono di piena autonomia, anche organizzativa, e sono quindi esenti dai blocchi sulle assunzioni che invece graveranno sulle università statali". Un invito esplicito a prendere seriamente in considerazione questa ipotesi, oltre che un assist subito raccolto dal presidente della Provincia Dellai, secondo il quale "la trasformazione dell’università trentina in una fondazione di diritto privato sarà una chance unica per richiamare su Trento grandi realtà di ricerca, formazione, produzione".

Quello del Rettore e del Presidente della Provincia sembra però un debole fiammifero su cui sono in molti a soffiare.

La Conferenza dei rettori delle università Italiane, la massima istituzione in ambito accademico atta a ricoprire un ruolo di rappresentanza delle università per voce dei propri rettori, rallenta la strategia trentina, sottolineando come sia impensabile che "si possa affrontare responsabilmente un tema centrale e di valenza strategica per la vita del Paese come quello di una eventuale revisione istituzionale e organizzativa del sistema universitario sotto la minaccia del suo tracollo annunciato e inevitabile".

In altre parole, nessuna preclusione alle novità, ma se da una parte si lasciano intendere grandi vantaggi per la possibilità di adottare un tipo di gestione più snella e autonoma, i tagli annunciati e la realtà economica non permettono di ipotizzare una conversione da pubblico a privato.

"Tanto più - puntualizza il prof. Micciolo - che al momento nessuno, e dico nessuno, ha alcuna idea di quali realmente siano i vantaggi e gli svantaggi della trasformazione in fondazione. Una cosa è aprire una possibilità, un’altra è capire concretamente limiti e normativa".

Nonostante questo, molti docenti sono già scettici: "L’Università - ci dicono – dev’essere espressione di libertà completa, estrema. Ogni intrusione privata, ancorché minima, sarebbe un danno per l’autonomia della ricerca".

Alcune conclusioni del Nucleo di valutazione d’Ateneo
(dalla Relazione presentata il 1° luglio)

Nel corso del 2007 il nostro ateneo sembra non essere riuscito a migliorare la generalità delle proprie prestazioni e stia segnando un po’ il passo sul fronte dell’offerta didattica, dell’internaziona-lizzazione del corpo docente, delle capacità di attrazione degli studenti italiani e stranieri e della partecipazione ad attività di ricerca di rilievo nazionale e internazionale. Va da sé che, dati gli elevati punti di partenza, questa fase di assestamento non genera rischi immediati di peggioramento delle posizioni nazionali e internazionali dell’ateneo. Occorre, però, tenere conto che anche altre università italiane stanno iniziando ad assumere comportamenti virtuosi e che le loro capacità competitive potrebbero rafforzarsi in misura tale da porre in discussione la collocazione del nostro ateneo nelle graduatorie nazionali e internazionali. Se una piccola università come quella di Trento non continua ad investire in iniziative e progetti di largo respiro, essa corre inevitabilmente il rischio di trasformarsi in un anonimo ateneo di provincia.