Il rischio monocultura
La soia transgenica, con i suoi redditi, salva lo stato sociale argentino. Ma non mancano le controindicazioni. Gioie e dolori di una rivoluzione agricola da discutere.
Da tre mesi in Argentina non si parla di altro che delle polemiche "retenciones móviles", ovvero della decisione del governo di Cristina Fernández de Kirchner (Partito Giustizialista, peronista) di aumentare le tasse sulle esportazioni di soia, che d’ora in poi verranno legate alla variazione dei prezzi internazionali. Il che significa, in pratica, che dall’aliquota fissa del 35% in vigore fino al 11 marzo scorso si è passati –con i prezzi attuali della soia – al 45%. "Hanno cambiato le regole del gioco in piena partita, pochi giorni prima dell’inizio della raccolta", si lamentano i produttori, i quali hanno scatenato le proteste, con blocchi stradali in tutto il Paese e l’immediata sospensione della commercializzazione delle granaglie destinate all’esportazione.
"Oltre che inopportuna, è una misura troppo onerosa per le tasche del produttore", sostiene l’ingegnere agronomo Rodolfo Rossi, presidente di Acsoja (Associazione della catena argentina della soia). Dal suo punto di vista, le nuove aliquote "interferiscono nel mercato e si traducono in una mancanza di incentivi per la produzione". Il suo collega Alberto Lapolla, ricercatore dell’Università di Buenos Aires, ha un’opinione diversa: "Dobbiamo sottolineare che il 95% della soia che l’Argentina produce si esporta e non viene destinata all’alimentazione umana, bensì ai mangimi di allevamento". Secondo il prof. Lapolla, lo Stato argentino dovrebbe promuovere con sussidi e agevolazioni creditizie settori come quelli del latte, la carne bovina, i frutti e gli ortaggi, la cui produzione si riduce ogni anno come conseguenza dell’espansione della soia.
Autorizzata dal governo dell’allora presidente Carlos Menem nel 1996, la soia RR (roundup ready), una varietà geneticamente modificata sviluppata dalla Monsanto) ha progressivamente sostituito alcune colture tradizionali ed ha occupato inoltre aree geografiche del Paese che fino a dieci anni fa non venivano considerate adatte all’agricoltura. La particolarità della soia RR è la sua resistenza a un potente erbicida, il glifosato. A questa innovazione è da aggiungersi il modello conosciuto come di "semina diretta", che risparmia al produttore la necessità di preparare il terreno prima della coltivazione. In dieci anni (1997-2007) la produzione di soia in Argentina è passata dai 15 ai 47 milioni di tonnellate. Nello stesso periodo, la produzione di frumento, girasole e mais è passata dai 30 ai quasi 50 milioni di tonnellate.
Come rileva in un suo rapporto l’Istituto nazionale di tecnologia agropecuaria (INTA), "la soia si è trasformata nella più importante fonte di gettito fiscale, il che a sua volta ha permesso di finanziare, senza conseguenze in termini di inflazione, i programmi sociali che hanno contribuito a mitigare le conseguenze della più grave crisi socio-economica degli ultimi 100 anni" - quella del 2001-2002, a seguito della svalutazione del peso argentino dopo dieci anni di parità con il dollaro-. L’INTA avverte tuttavia che l’espansione della frontiera agricola verso le province del nordest e del nordovest, dovuta quasi esclusivamente alla monocoltura della soia, non è compatibile con la sostenibilità delle produzioni agricole e di allevamento in quelle stesse zone.
L’ultima mossa di Cristina Kirchner è stata la creazione di un "programma di redistribuzione sociale", finanziato con il gettito derivante dall’aumento delle tasse sulle esportazioni della soia. Il 60% di questi soldi sarà destinato alla costruzione di ospedali e centri di sanità, il 20% all’edificazione di abitazioni popolari e l’altro 20% alla manutenzione e alla costruzione di strade rurali. "Contro la povertà non si lotta combattendo i settori della produzione, ma diminuendo l’inflazione", è stata la risposta di Elisa Carrió, leader della Coalizione Civica, sconfitta dalla Kirchner nelle elezioni presidenziali dell’ottobre 2007.
Il prossimo scenario del confronto tra il governo e i produttori rurali sarà il Parlamento, con una maggioranza peronista in entrambe le Camere, che dovrà ratificare (o bocciare) le "retenciones móviles". I produttori tenteranno di convincere i parlamentari delle loro province, anche quelli peronisti, a votare contro. Il dibattito parlamentare lascia aperta una via d’uscita al conflitto, ma le prossime settimane si annunciano tutt’altro che tranquille.