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QT n. 10, 17 maggio 2008 Servizi

Sociologia oggi, vista dagli studenti

Negli ultimi anni la nostra Facoltà ha perso il contatto con i problemi della società, non va al passo con la sociologia contemporanea e sta perdendo quella varietà di insegnamenti che caratterizzava la formazione di un sociologo.

L’anno scorso, in occasione del Festival dell’economia dal titolo "Capitale Umano, Capitale Sociale", avevo avuto modo di rilevare sul Trentino come, nonostante il tema prettamente sociologico, la Facoltà di Sociologia di Trento (che tutti gli anni risulta al primo posto nelle statistiche sull’andamento degli atenei italiani) non potesse annoverare nessuno dei propri docenti tra i principali relatori. Il fatto aveva fatto sorgere in me alcuni dubbi sullo stato di salute della nostra Facoltà.

Il Preside Mario Diani aveva allora rimandato al mittente le critiche, negando ogni tipo di difficoltà e anzi lodando la Facoltà per l’inserimento di nuovi docenti di chiara fama e per l’ottimo stato di forma della ricerca in materia.

Nonostante tutto ciò, le mie perplessità rimanevano. Da studentessa e da ex rappresentante in Consiglio di Facoltà riuscivo a percepire sia l’insoddisfazione degli studenti, sia il clima tutt’altro che tranquillo all’interno del corpo docente. C’era in ballo l’ennesima riforma che, a onor del vero solo il prof. Diani si era preso la responsabilità di affrontare nel momento in cui era stato eletto quasi all’unanimità tre anni addietro. La situazione era complicata, perché bisognava assemblare necessità ed esigenze diverse, provando a costruire un progetto che non si limitasse agli interessi dei singoli ma dell’intera Facoltà.

Un anno dopo, ecco dove siamo arrivati. Le elezioni del Preside sono state il trampolino di lancio per accuse, in larga parte di natura prettamente personalistica, e minacce al limite della decenza, dove il ladro insulta chi a sua volta ruba, in un contesto di lotta tra lobby e biechi interessi di potere accademico. Risultato: un corpo docente spaccato a metà senza un progetto politico (nel senso alto del termine) condiviso e soprattutto di lunga durata; professori che se ne sono andati perché stufi di una Facoltà (non del solo preside, ma di un intero corpo di professori!) incapace di valorizzarli e di ascoltare idee che avrebbero portato un valore aggiunto; liti e insulti che trovano riscontro solo all’interno del nostro Parlamento. Il tutto a discapito degli studenti (per altro immobili e quasi indifferenti), della qualità della didattica e della stessa ricerca.

Visto come stanno le cose, probabilmente anche l’anno scorso qualcosa non andava. Negli ultimi anni la nostra Facoltà ha perso il contatto con i problemi della società, non va al passo con la sociologia contemporanea (prova ne sia che gli studenti arrivano ad affrontare solo gli autori classici, fino agli anni Sessanta quando va bene, e spesso neanche quelli) e sta perdendo (con il progressivo trasferimento di importanti professori ad altre Facoltà) quella varietà che la contraddistingueva e che faceva sì che la formazione di un sociologo dipendesse anche dalla conoscenza e dall’approfondimento di materie come antropologia, psicologia, diritto e storia, che sono importantissime per coloro che non vogliono diventare dei semplici tecnici dei dati.

Questa situazione di stallo ha avuto l’unico merito di rallentare i segni di cambiamento e di riforma che in parte erano stati attivati e che cominciavano a dare il loro frutto, e di bloccare linee di dialogo (anche tra docenti di diverse materie, sempre importanti e fruttuose nell’ambito sociologico) che inevitabilmente il percorso della riforma aveva aperto anche se tra mille polemiche.

Per un verso o per l’altro forse è il destino di questa Facoltà essere lo specchio del clima della società italiana nel suo complesso. Oggi, se non altro, appare come il risultato più evidente di un sistema che privilegia cordate accademiche del "do ut des" invece che il merito e le capacità progettuali; l’individuo e la sua furberia invece che la collettività e il bene comune. Un sistema di una tipicità italiota che dopo brevi percorsi carsici riemerge con prepotenza e sembra funzionare: ma per quanto? E per portarci dove?

L’andamento, sicuramente non positivo, delle immatricolazioni negli ultimi anni potrebbe essere una risposta a queste domande. Ma nessuno fino a adesso è stato in grado di offrire un progetto adeguato ai tempi, di apertura e nuovi stimoli che superi queste logiche e che sia in grado di attrarre nuove menti e di formare adeguatamente noi sociologi del futuro. E’ questo che serve alla nostra Facoltà.

Con i migliori auspici beneauguranti per il nuovo Preside!