La California e l’effetto serra
Un buon esempio dal Paese più liberista del mondo. Da L’altrapagina, mensile di Città di Castello.
Avolte le indagini forniscono conoscenze di cui volentieri avremmo fatto a meno. La Fondazione Suzuki ha pubblicato in settembre una sua ricerca sulle conoscenze nei Paesi occidentali in tema di cambiamenti climatici. Il risultato è devastante e può essere riassunto in modo molto semplice: nessuno sa niente. Uno avrebbe pensato che con l´effetto serra sui giornali un giorno sì e uno no, spesso con articoli a doppia pagina, grafici, tabelle e foto, almeno una generica idea sui meccanismi di base fosse presente tra una parte di coloro che leggono regolarmente un quotidiano. Non sembra essere così. Le risposte assurde abbondano: il surriscaldamento del globo è il risultato del buco dell’ozono che lascia entrare la radiazione solare, i gas serra sono colpevoli dell’inquinamento atmosferico a livello locale, ecc.
Queste ed altre affermazioni simili fanno capire che nessuno, o quasi, sa quello che sta accadendo. Uno dei pochi che hanno capito sembra essere Arnold Schwarzenegger.
Il governatore della California, che cerca di essere rieletto in novembre, ha annunciato a fine agosto una legge che prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 25% nello stato della California entro il 2020. Trova però una resistenza consistente all’interno del proprio partito, i Repubblicani, e tra grandi settori che comprendono quasi la metà dell’industria. E questo era da mettere in conto. Invece non era da aspettarsi il sostegno attivo dell’altra metà dell’industria, ivi compreso uno dei massimi produttori di energia, la PG&E (Pacific Gas & Electric Company). Dice Peter Darbee, il suo chief executive: “I cambiamenti climatici sono un problema. Se non mettiamo un tetto obbligatorio alla riduzione dell’anidride carbonica, manca la spinta per creare nuove tecnologie ed investimenti”. .
Non meno sorprendente è la scommessa di Arnold Schwarzenegger, che mette al centro della sua campagna elettorale un tema come l’effetto serra, cosa impensabile per qualsiasi candidato a un mandato politico importante in Italia. E sembra che l’impegno per la salvaguardia del clima gli potrebbe portare voti, visto che in un sondaggio recente del Public Institute of California quasi quattro persone su cinque rispondono che sono necessarie azioni urgenti contro i cambiamenti climatici.
Una ulteriore sorpresa sono gli strumenti che Schwarzenegger vuole utilizzare. Lo stato della California intende adottare limiti stabiliti, con sanzioni per coloro che non li rispettano, e istituire un’agenzia statale per esercitare il controllo.
Nel paese dove il mercato regna sovrano, la California, lo stato più ricco e moderno, adotta dunque una politica di intervento pesante della mano pubblica nel settore privato.
Certo, ci sono quelli che gridano che un tale vergognoso statalismo manderà in frantumi l’economia: “Non possiamo ridurre le nostre emissioni di carbonio diventando più poveri - ammonisce Myron Ebell, direttore per la politica energetica del Competetive Enterprise Institute - Questo in una società democratica non è accettabile. Potrebbe funzionare nella Corea del Nord, ma non da noi”
Ma l’idea che la protezione del clima sarà un peso in più non trova una grande risonanza neanche nell’industria stessa. IBM, DuPont e Johnson&Johnson sono tra le grandi compagnie che hanno fatto l’esperienza non solo di un abbassamento dei costi energetici per effetto della riduzione delle emissioni dell’anidride carbonica, ma anche di un aumento complessivo della produttività. E un gruppo di ricercatori dell’Università di Berkeley ha calcolato che la sola riduzione delle emissioni di CO2 al livello del 1990 creerà circa 90.000 posti di lavoro.
Tutto questo sta succedendo in questi giorni in California, a più di 10.000 km di distanza. Perché dovrebbe interessarci più di tanto? Dovrebbe! Ricordiamoci, fu la California che introdusse nei primi anni Settanta l’obbligo del catalizzatore nelle automobili per abbattere il monossido di carbonio e buona parte degli ossidi di azoto. Oggi i catalizzatori sono diventati una tecnologia acquisita in tutto il mondo.
Certo che il riscaldamento globale è una sfida ben più complessa, ma se questo stato, responsabile per il 2,5% delle emissioni mondiali, riuscisse, come sembra, a far partire il processo, l’Italia avrebbe una ragione in meno per scusare la propria inattività con quella del grande fratello d’oltreoceano.