Il Trentino cambia strategia. Come mai? Per liberarsi di Grisenti…
Gli esiti sciagurati del conflitto per la poltrona dell'Autobrennero.
E’ durata poco, sui media, l’enfasi patriottica. "Ha vinto il Trentino" i titoli più sbracati. Su TCA un servizio di regime, sull’"Assessore" (inteso come Grisenti) che dice questo e fa quello, prevede, indica, progetta; su "L’Adige" il titolone "Vince Dellai, passa Grisenti. Sconfitti Durni e Willeit. La presidenza dell’A22 torna al Trentino" tutto ineccepibile, ma tutto inutilmente celebrativo.
E il giorno dopo si inizia a ripensarci. Dapprima il nostro Piergiorgio Cattani sul Trentino altrimenti fuori di testa ("Se Grisenti punta verso Sud") poi anche altri, politici compresi: si inizia a capire che, invece di festeggiare per una poltrona in più, sarebbe bene pensare al prezzo pagato, e alle implicazioni che ne conseguono. Al punto che alla fine lo stesso Dellai, registrato il cambiamento di umori, sbotta: "perchè non si vuole ammettere che il Trentino ha raggiunto un risultato importante senza sottoscrivere patti demoniaci?"; e per arginare le critiche sospende le vacanze.
Insomma, il Trentino si accorge di non avere gli stessi interessi del giro dei culi di pietra, per i quali quello che conta sono le poltrone e le presidenze, con corollario di ricchi soldi da spartirsi (tanto per intenderci, un semplice gettone di presenza a un consigliere d’amministrazione dell’A22 vale 300 euro, per una sinecura; "ma c’è la responsabilità..." dirà qualcuno; ma per favore, proprio ai consiglieri dell’Autobrennero negli anni ’90 sono passati sotto il naso miliardi di tangenti, nessuno se ne è accorto, e nessuno gliene ha chiesto conto; in realtà – parliamo di quelli delle poltrone - sono soldi della collettività che foraggiano il ceto largo della politica). Al Trentino, dicevamo, il numero delle chiappe trentine doc che si rilassano sulle poltrone damascate, non interessa niente; interessa molto invece il prezzo che si paga per avere questi posti; e cosa se ne ricava. Su questo, qui ragioniamo.
Tutta la fregola per la presidenza dell’A22, come noto, non nasce da nessun disegno strategico. Nessuno ha mai detto: "serve la presidenza dell’Autobrennero per..." e un qualche progetto, o un qualche motivo di insoddisfazione. Anzi, la presidenza Willeit andava benissimo a tutti (nella nostra provincia). La voglia matta di Dellai di quella poltrona, aveva una sola motivazione: sistemarvi Silvano Grisenti. Perchè Grisenti è ingombrante, perchè nei rapporti con i Comuni è l’assessore della magnadora, e perchè non si è fatto ridimensionare da Dellai, anzi, lo ha ridimensionato lui, battendolo al congresso della Margherita.
Di qui l’idea di Dellai: per contare ancora nel suo partito, per essere competitivi nelle valli, occorreva liberarsi del super-assessore. Lo promuoviamo così ce lo togliamo di torno.
A costo di aprire un conflitto con Durnwalder, che riteneva l’Autobrennero, per un’altra decina di anni, cosa sua.
E qui la vicenda trentina si interseca con quella altoatesina (di cui parla, più approfonditamente, Alessandra Zendron, vedi ). La pretesa della Svp all’intangibilità della propria poltrona, era basata su due presupposti: il giudizio positivo sul quindicennio di Willeit e il diritto a pareggiare il trentennio di presidenze trentine, prima di parlare di alternanze. Per il resto era basata sull’arroganza: abbiamo i numeri, decidiamo noi. Ma i numeri non c’erano. O meglio, Dellai si è messo a lavorare perchè cambiassero.
Impostata in questi termini, la vicenda sembrerebbe positiva: alla Svp, imparare a trattare gli altri con meno arroganza, non può fare che bene.
Ma il punto (molto) più importante è un altro: cosa ha fatto Dellai per avere i voti del Sud.
Su questo punto non saremo moralisti: se il prezzo pagato a questo o quel presidente di Provincia o di Camera di Commercio è stata una presidenza di una delle società controllate dall’A22, non staremo a scandalizzarci. Quello che si è iniziata è stata una battaglia per le poltrone; ed è logico che si combatte mettendo in campo altre poltrone. Signori miei, stiamo parlando non di mammolette, ma di culi di pietra. E forse siamo cinici o troppo realisti, ma capiamo perfettamente che per raggiungere certi obiettivi può essere indispensabile accontentare qualche fastidioso postulante che occasionalmente possiede una decisiva golden share.
Il punto è che invece, il gioco è stato molto più grande, non ci si è limitati ad accontentare qualche personaggio del sottobosco governativo. E dall’elargizione delle poltrone, si è passati alla svendita delle strategie. E allora i conti non tornano proprio più.
A capire quanto successo non ci aiutano i troppi annunci, o i tanti scoop sui quotidiani, puntualmente ridimensionati il giorno dopo. Però un tambureggiante succedersi di dichiarazioni, magari parziali o inesatte, ma tutte in un senso, indica una rotta.
E questa sembra inequivoca: più soldi al Sud, nel senso di più soldi a nuove strade. Di qui un fiorire di ipotesi, dalla PiRuBi alla terza corsia, a tutta una serie di bretelle e collegamenti nella Padania e oltre, a scavalcare gli Appennini. Su questo Grisenti, nelle vesti di neo presidente, è inequivoco (e minaccioso): "Adesso di Valdastico si dovrà discutere".
Bene, ma i soldi dove si prendono? E’ chiaro, l’Autostrada cambia politica, smette di investire sulla rotaia. Il riequilibrio ferro-gomma, su cui era impostata la politica della regione da dieci anni, viene brutalmente messo tra parentesi. Per sancire questo, ci sarebbe un apposito "patto segreto" sottoscritto tra Dellai e le province del Sud, patto annunciato e poi negato; "ne renderò pubblici i termini nei prossimi giorni" afferma Dellai. Per niente tranquillizzante.
Di sicuro, mentre scriviamo, c’è un dato, chiarissimo, di inequivoca interpretazione. Bocciando l’ultima proposta di Willeit, e in contrasto con la prassi di questi ultimi anni, la nuova maggioranza all’A22 ha deciso di aumentare i dividendi: cioè di ripartire tra i soci gli utili, invece di accantonarli per l’operazione ferrovia.
"Attenderemo gli atti concreti di Grisenti presidente" scrivono Pierangelo Giovannetti su L’Adige e Paolo Mantovan sul Trentino. No, non c’è niente da attendere; il primo atto concreto c’è già: dagli investimenti alla redditività spicciola, dalla ferrovia alla strada.
Ecco quindi la gravità dell’accaduto. Che va molto oltre la sberla (non immeritata) a Durnwalder. O la crisi dell’esangue regione. E’ il modello di sviluppo che si abbraccia: non più il modello alpino, bensì quello veneto. Strade che chiamano altre strade, bretelle, capannoni.
Su questo Bolzano avrà da ridire, con molte maggiori ragioni che non quando pretende poltrone: se il Trentino gli convoglia il traffico padano, è logico che il buon vicinato vada a quel paese. E lo stesso vale per Innsbruck.
Ne può conseguire, per non rimanere isolati, l’obbligatorietà della scelta di un rapporto ancor più stretto con la Padania. Il Trentino come area non più alpina, ma pedemontana. Cioè sfigata, senza identità propria, parente povero della ricca pianura.
E tutto questo perchè?
Per liberarsi di Silvano Grisenti.
Ottimo lavoro, presidente Dellai!
PS: Dei partner di Giunta c’è poco da dire. Marco Boato, presidente dei Verdi, ha fatto fuoco e fiamme, dicendo cose assolutamente condivisibili: vedremo se riuscirà ad incidere. Anche il segretario del Patt Ugo Rossi (vedi intervista a pag. 25) ha ben inquadrato il problema: dubitiamo però che così faccia il suo partito. La sinistra invece è stata silente, oppure plaudente. In realtà ha condiviso l’operazione, con gli opportuni approcci agli esponenti diessini del Sud, elettori di Grisenti. Questo per liberarsi dell’assessore all’asfalto, fastidioso partner di Giunta e inviso all’elettorato di sinistra; e anche per aspirare ad ereditarne qualcuna delle ricche competenze. Bravi.