Seconde case: l’esempio dell’Engadina
In una lettera pubblicata sul numero scorso di QT (Quale turismo con idee retrograde?), citavo l’Engadina, la stupenda valle svizzera quasi limitrofa al Trentino e maestra di turismo. La citai come modello per risolvere, o almeno alleviare, i danni inflitti al Trentino ed alla sua maggiore ricchezza (il territorio) dal turismo praticato da dilettanti e faccendieri – pubblici e privati, si capisce. Per ridurre il traffico d’automezzi, feci l’esempio della Ferrovia Retica, che percorre giorno e notte l’Engadina e le altre valli del Cantone dei Grigioni, toglie traffico alle strade e lo incanala sulle rotaie. Auspicavo quindi la rimessa in funzione dell’unica strada che, a lungo andare, può salvare dalla valanga automobilistica le valli di Fiemme e Fassa: l’utilissima strada ferrata Ora-Predazzo, da prolungarsi naturalmente fino a Canazei.
Oggi vorrei portare un altro esempio dall’Engadina. Un esempio che riguarda la piaga delle seconde case e dei condomìni che invadono e deturpano il paesaggio delle nostre valli, ne rattristano i centri turistici con migliaia di case e casoni dalle porte ed imposte sbarrate per undici mesi all’anno, per poi bloccarne gli impianti idrici, elettrici, stradali, nonché gli scarichi nelle giornate di punta - logicamente con umilianti disagi per gli autoctoni (sorpresi e dolenti, ma non innocenti).
Ebbene, ogni mondo è paese: anche in Engadina esiste il pericolo di troppe seconde case e degli squilibri che ne derivano. Ma come affrontarono i cugini ladini engadinesi questa minaccia? Mi limito a citare fatti recenti: nel 2005 fu accolta dal 72% dei legittimati a votare un’iniziativa popolare che stabilì di bloccare le costruzioni che non fossero case d’abitazione o alberghi. E proprio in queste settimane gli undici comuni dell’Alta Engadina (da Zuoz al Passo Maloja, da Pontresina, Celerina, Silvaplana a St.Moritz) stanno votando l’applicazione specifica del provvedimento. Vale a dire: ogni comune stabilisce quanti metri quadrati possono essere sacrificati per nuove seconde case o condomini. La decisione vale per un quinquennio. I contingenti messi a voto sono bassissimi, conformi ai limiti di base dell’iniziativa popolare del 2005: essi vanno da 500 a 1.000 metri quadrati per comune. Sono previste eccezioni. Ma legate a procedure restrittive e limitate a progetti “di particolare interesse pubblico” - inutile dire che le scappatoie furbesche all’italiana qui non attaccano.
Nei giorni scorsi hanno votato i primi due comuni (La Punt Chamues-ch e Bever): il 74% dei votanti ha accettato i contingenti-freno proposti dalle amministrazioni comunali.
Ecco un altro esempio d’una società alpina, vicina al Trentino, la quale però ha capito che la distruzione del proprio territorio è irreversibile e che equivale né più né meno che alla distruzione del proprio futuro.
I frutti di questa coscienza civica, di questa cultura, sono visibili a chiunque attraversi l’Engadina: qui non si vede una casa fuori dal perimetro dei centri abitati - mentre da noi ogni fondovalle, ogni altipiano, ogni pendio è ormai lardellato e sfigurato da costruzioni d’ogni tipo e perfino da lunghi capanni di plastica, il tutto sovvenzionato direttamente o indirettamente dalla Provincia, a caccia di voti.
Viene da chiedersi: perché le iniziative in difesa del territorio non hanno successo in Trentino? Come mai qui per ogni mille posti letto in albergo ce ne sono, ahimè, più di tremila in condomini e seconde case? (in Alta Engadina il rapporto supera di poco l’uno a uno: 1000 posti letto in albergo - circa 1300 in seconde case e condomini).
La risposta la possiamo trovare nella stessa Alta Engadina. Anche qui la più forte e spregiudicata opposizione al blocco delle seconde case e delle costruzioni condominiali viene — guarda a caso — da una ditta di costruzioni, la Albula, nella quale operano potenti impresari di St. Moritz. Come si diceva: ogni mondo è paese. E ogni paese ha i suoi speculatori senza scrupoli. Eppure i risultati differiscono: mentre in Engadina la popolazione difende a spada tratta - e con successo! - il territorio, in Trentino pare che amministratori pubblici e cittadini privati abbiano fatto a gara per deturparlo, per distruggere cioè la nostra vera ricchezza (valga come esempio, parte per il tutto, lo scempio dell’ex-paradisiaca plaga di Pergine, da Madrano al lago di San Cristoforo).
La domanda, quindi, per il bene delle generazioni future, è una: cosa fare ora per salvare quel poco che è rimasto?