Meno rifiuti: da San Francisco ad Aldeno
Le esperienze (all’estero ma anche in Italia) che dimostrano come l’inceneritore possa risultare assolutamente inutile.
Di rifiuti ultimamente si parla tanto, quasi a esorcizzare un problema cui si fatica a trovare una soluzione. Il terzo Piano provinciale, esaminato dalla Giunta ad aprile, pone l’accento sulla riduzione e sul riciclaggio dei rifiuti: entro il 2009, si mira a raggiungere i 175 kg per abitante l’anno di rifiuto non differenziato e il 65% di differenziato (attualmente, siamo attorno al 50%). Gli obiettivi sono ambiziosi: basti pensare che le medie italiane sono rispettivamente 418 kg. e 23% (dati 2004).
In effetti, sembrerebbero esserci dei segnali che si voglia andare verso questa direzione. In precedenza, su Questotrentino (Il latte, dove lo metto?), ci eravamo occupati delle modalità di distribuzione del latte, evidenziando le difficoltà cui va incontro una scelta come quella del vuoto a rendere, che pure a parole ottiene il favore di produttori e distributori, i quali però vorrebbero un maggior sostegno da parte dell’amministrazione provinciale. L’assessore all’Ambiente Mauro Gilmozzi, che avevamo provato a contattare, ci ha nel frattempo risposto: "E’ necessario concentrarsi prioritariamente sulla riduzione degli imballaggi introducendo il riutilizzo dei contenitori per una serie di prodotti tra cui anche il latte. In questa direzione andiamo con il 3° Piano rifiuti". L’assessore sembra voler andare incontro alle richieste fattegli, attraverso "un forte raccordo con produttori e grande distribuzione, senza il quale una mera opera di sensibilizzazione non avrebbe l’efficacia auspicata". Insomma, sembrerebbe che l’amministrazione provinciale sia effettivamente intenzionata a impegnarsi per la riduzione dei rifiuti.
Conferma di ciò è parsa giungere anche dai contenuti della mostra "Più o meno rifiuti", tenutasi a Trento dal 15 maggio al 9 giugno e gestita dalla Rete trentina di Educazione ambientale dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente. La mostra, pensata soprattutto per un pubblico di bambini e ragazzi (ma senz’altro molto interessante anche per un adulto), ha fatto perno sul concetto di "zaino ecologico": tutti i prodotti che compriamo e consumiamo "pesano" molto più del loro peso reale, se si tiene conto anche del peso delle risorse che si utilizzano per produrli, imballarli, trasportarli, utilizzarli e smaltirli. Così, un jeans di 6 etti arriva a pesare realmente ben 32 kg. Scegliere i prodotti dallo zaino ecologico meno "pesante", e quindi i prodotti locali e di stagione, ma anche riutilizzare, riparare e prestare anziché comprare solo per sé: questi i messaggi che i giovani visitatori della mostra hanno ricevuto grazie ad un allestimento particolarmente efficace perché divertente e interattivo.
Ma sulla strada della riduzione e del riciclo si allunga nera l’ombra di un camino: quello dell’inceneritore che la Provincia intende costruire a Ischia Podetti. Il medesimo Piano di aggiornamento che parla di riduzione e riciclo individua poi in circa 102.000 tonnellate la quantità di rifiuto indifferenziato che verrà avviato all’inceneritore. Ma riduzione e incenerimento vanno nella stessa direzione? O piuttosto si tratta di due scelte incompatibili, se perseguite entrambe fino in fondo?
Due recenti ospiti della comunità trentina, lo scrittore Maurizio Pallante, divulgatore scientifico delle tematiche ambientali, e Paul Connett, professore di chimica ambientale alla St. Lawrence University di Canton (NY) e uno dei massimi esperti mondiali della gestione (sostenibile) dei rifiuti, ritengono incompatibili la scelta di ridurre e quella di incenerire, giudicando profondamente sbagliata quest’ultima.
Ospite il 1° giugno a Rovereto del Gruppo Ambiente e Nonviolenza, Pallante, autore del testo eretico "La decrescita felice", ha affrontato la questione rifiuti dalla prospettiva di chi chiede che il progetto di vita individuale e collettiva smetta di centrarsi sulla crescita illimitata di produzione e consumi. Per ridurre i rifiuti, osserva Pallante, ci sono due strade. La prima è quella comportamentale, da attuarsi in due modi.
Da un lato, sobrietà, ovvero ridimensionamento dei propri bisogni materiali. Dall’altro, autoproduzione, ovvero sostituzione delle merci con i beni. Lo yogurt, che se lo compro è una merce e fa crescere il Pil, se invece lo autoproduco è un bene: il Pil non cresce, ma ci sono grandi vantaggi: oltre a mangiare un prodotto più buono e meno costoso, riduco i trasporti e gli imballaggi. "Il vasetto dello yogurt comprato va senz’altro differenziato nella plastica, ma sarebbe ancora meglio se non avessi alcun vasetto da differenziare". Secondo Pallante, infatti, la soluzione al problema rifiuti passa prima dalla riduzione, e poi dal riciclo, perché se si ricicla il 65% di 100 unità restano 35 unità, se si ricicla il 50% di 50 unità, ne restano 25.
La seconda strada è quella relativa alle tecnologie produttive. "La produzione dovrebbe avere luogo facendo attenzione alla vita del prodotto dopo la sua morte: tutti i prodotti, specialmente quelli durevoli e di grande impatto, come fotocopiatrici, lavatrici o automobili, dovrebbero essere perfettamente smontabili, in modo da poterne riutilizzare ogni pezzo; fermo restando, ovviamente, che di fotocopiatrici, lavatrici e automobili se ne dovrebbero produrre di meno, scegliendo di noleggiarle in tanti piuttosto che di acquistare ciascuno la propria".
Bad industrial design". Questa è, secondo Connett, la radice del problema: senza una cattiva progettazione industriale, si potrebbe indubbiamente arrivare a produrre "Zero Rifiuti", che è anche il nome della strategia che il professore americano promuove in giro per il mondo. Quello di S. Michele all’Adige, dove è stato invitato il 6 giugno da Nimby trentino, Italia Nostra e Coldiretti, è stato il suo 24° intervento pubblico in Italia. La strategia Zero Rifiuti non è una provocazione. Per Connett chi l’adotta può arrivare nel giro di vent’anni a non avere più alcun residuo indifferenziato da smaltire. San Francisco, città con quasi un milione di abitanti, dove si parlano tre lingue, sta ottenendo nella sua applicazione risultati confortanti. "Se ci riescono a San Francisco, ci si può riuscire ovunque".
Oltre che un good industrial design a monte, occorrono altri due elementi per la riuscita della strategia Zero Rifiuti: da un lato, a valle, un comportamento responsabile da parte della cittadinanza, e dall’altro, per coordinare le azioni di produttori e consumatori, quella che Connett chiama "buona leadership politica".
A S. Michele, Connett aveva seduti al proprio fianco due rappresentanti nostrani delle buone pratiche da lui individuate come necessarie alla soluzione del problema rifiuti, Paolo Contò e Laura Puppato. Il primo è presidente del Consorzio Priula di Treviso, che sta ottenendo i migliori risultati d’Italia nella differenziazione e nella riduzione del residuo secco. In un territorio, quello dei 23 comuni associati, abitato da oltre 200.000 persone e caratterizzato dalla presenza di numerose attività industriali e di una buona percentuale di immigrati stranieri, il Consorzio è riuscito a passare da poco più del 30% di differenziata (nel 2001) al 75% di oggi; nella riduzione del residuo, il passaggio, nello stesso periodo, è stato da quasi 300 kg per abitante l’anno a 89. "Risultati fantastici", li ha definiti il prof. Connett, peraltro accompagnati da altri elementi positivi, come la migliore qualità della raccolta, caratterizzata da minori impurità, e la buona ricaduta occupazionale delle modalità gestionali adottate dal consorzio.
Risultati simili sono stati ottenuti anche dal Comune di Montebelluna, sempre in provincia di Treviso, facente parte di un bacino di raccolta diverso da quello in cui opera il Priula. Qui la spinta è arrivata direttamente dall’amministrazione comunale, dopo che Laura Puppato, presidente della locale sezione del WWF, è stata eletta sindaco, nel 2002, in virtù della vittoriosa battaglia condotta contro l’inceneritore che Provincia di Treviso e Regione Veneto avevano già deciso di costruire nel territorio comunale. In un’area di 30.000 abitanti (anch’essa con molte industrie e molti immigrati stranieri) si è passati dal 42% di differenziata del 2002 al 77% di oggi, e dai 280 kg per abitante l’anno ai 100 attuali. Risultati fantastici anche questi.
Qual è il segreto? Introduzione del porta a porta per ogni tipologia di rifiuto e della tariffa puntuale applicata alla produzione di residuo (meno produci, meno paghi), ma soprattutto la volontà di risolvere il problema rifiuti percorrendo in maniera decisa e univoca la strada della riduzione e del riciclo. "Abbiamo investito tutto su questa strategia – ha spiegato il sindaco Puppato – preparandola minuziosamente per mezzo di ripetuti incontri di quartiere, della distribuzione di opuscoli informativi in nove lingue e di una capillare attività educativa nelle scuole. Oggi, quando i nostri concittadini vanno in vacanza dove non si applica la raccolta differenziata, tornano a casa coi loro rifiuti".
Ma per conoscere pratiche di gestione sostenibile dei rifiuti non occorre uscire dalla nostra provincia. Con Pallante, a Rovereto a raccontare un’altra edificante esperienza, c’era anche l’assessore all’Ambiente del Comune di Aldeno, 3.000 abitanti a 10 km da Trento. Grazie all’introduzione del porta a porta (anche qui preparato con numerosi incontri informativi con la cittadinanza) e di un particolare sistema di incentivi (chi porta i rifiuti direttamente al nuovo centro di raccolta rifiuti riceve dei punti per vincere premi come zaini o bici), ad Aldeno si è passati dal 23% di differenziata all’80% di oggi, ma soprattutto si è scesi a soli 75 kg l’anno di rifiuto indifferenziato per abitante.
Sono dati, quelli di Aldeno, del Priula e di Montebelluna, che allontanano inesorabilmente dalla scelta di incenerire. Come detto, il Piano provinciale, per un territorio abitato da 470.000 abitanti, prevede l’incenerimento di 102.000 tonnellate di indifferenziato l’anno. Nel bacino dove opera il Priula e in quello dove rientra Montebelluna, una popolazione complessiva di 430.000 abitanti ne produce meno della metà: 40.000 tonnellate l’anno. Con 40.000 tonnellate l’anno, qualunque inceneritore diventa diseconomico. Con un inceneritore sul territorio, le buone pratiche del Priula, di Montebelluna, di Aldeno e di chiunque altro sarebbero di troppo.
Al di là della tossicità delle ceneri prodotte dall’incenerimento e su quella delle polveri ultrasottili emesse dal camino, i dati forniti da chi si è messo con decisione sulla strada della riduzione e del riciclo basterebbero da soli a convincere dell’opportunità di abbandonare per sempre la strada dell’incenerimento. Chiunque dica di voler percorrere la strada della riduzione e del riciclo non può non tenerne conto.