L’affare TAV
Le astuzie di oggi e i guai di domani. Intervista a Maria Rosa Vittadini. Da Una Città, mensile di Forlì.
Riportiamo qui una piccola parte della lunga intervista rilasciata da Maria Rosa Vittadini, docente di Tecniche di analisi urbane e territoriali presso la Facoltà di Architettura di Venezia, Dipartimento di Pianificazione del territorio, al mensile forlivese Una Città e pubblicata nel numero 134 di dicembre (la trovate integralmente nel sito del giornalewww.unacitta.it).
Vittadini è stata dal 1998 al 2002 Direttore generale del Servizio Valutazione dell’impatto ambientale del Ministero dell’Ambiente. Fra gli altri incarichi ricoperti, è stata Presidente del Gruppo di lavoro "Ambiente e Territorio" nell’ambito della Commissione Intergovernativa italo-francese per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione (1996-2000).
In Italia c’è una convinzione abbastanza diffusa che le grandi opere si facciano non perché sono utili al bene del Paese, ma perché fanno il bene di gruppi di interesse privati. Perché l’Unione Europea si fa strumentalizzare a sostegno di un sistema così lontano dai suoi?
"Vorrei spendere una parola benevola, anche se è molto difficile, rispetto all’Unione Europea e al suo ruolo. Se si va a vedere che cosa effettivamente dice la UE, ad esempio del corridoio da Lisbona a Kiev, non c’è nessuna presunzione che ci sia un traffico pendolare fra queste due località. In realtà dice che quello è un corridoio, cioè un asse sul quale uno dopo l’altro sono allineati luoghi interessanti, pieni di persone e di attività. Poli che scambiano tra loro intensi movimenti di merci e di persone, ma per lo più su distanze medie o brevi.
Quindi il corridoio è una direttrice importante e la UE invita i Paesi ad effettuare in modo coordinato e coerente i miglioramenti lungo quella direttrice, sul presupposto che tali miglioramenti servano principalmente le necessità di ciascuno dei territori attraversati. Quindi il corridoio, in termini reali, è il coordinamento di tanti interventi utili a ciascuno dei tanti poli e territori attraversati: un luogo dove devono convivere con la massima efficienza trasporti di brevi, di medie e di lunghe distanze.
Nel momento in cui, rispondendo alle brevi o medie distanze, si fa anche spazio a un percorso più lungo e continuo, ben coordinato, che va da Lisbona a Kiev, ben venga: è una ricaduta positiva. Credo che la nascita dei corridoi sia stata questa. Dopo di che c’è una deformazione, principalmente italiana, che usa l’Unione Europea come una clava per dire che è l’Europa che ci chiede infrastrutture che bypassano gli interessi locali: cioè esattamente il contrario di quello che è la proposta della UE. E’ un problema di informazione, di rapporti fra stati e UE, e anche qui c’è una reale carenza di democrazia.
Quando i Ministri italiani vanno a implorare alla UE che venga inserita nelle priorità TEN (Trans European Network) la Torino-Lione,vanno a contrastare una posizione europea contraria a tale inserimento, vista la scarsa utilità, gli alti costi e l’arretratezza dei progetti di questa linea. Ma il Governo italiano si impone battendo i pugni sul tavolo e torna dicendo che l’inserimento della Torino Lione tra le priorità è una grande vittoria. Invece è una sconfitta, per l’Europa e per la collettività italiana. Dopo ci viene detto che la Torino-Lione è un interesse della UE e quindi chi si oppone, si oppone non solo all’Italia. ma anche all’Europa.
E’ un gioco troppo facile ed esclusivamente imperniato su giochi mediatici e sulla ‘strategicità’ da salotto di cui si parlava prima".
Chi paga l’alta velocità?
"Questo è un problema grossissimo. All’inizio lo slogan era che esiste una domanda che richiede questi servizi e quindi è disposta a pagarli. La proporzione prevista dei finanziatori era 60 per cento privato, che si sarebbe remunerato, e 40 per cento a fondo perduto dello stato, che non si sarebbe remunerato. Un affare privato con un finanziamento anche statale, perché un interesse pubblico comunque c’è. Man mano che la cosa è andata avanti, la partecipazione delle banche e dei privati in TAV non c’è stata, tanto è vero che oggi il 100 per cento è pubblico.
Ciò fa una grande differenza, perché l’intervento di privati imprenditori fonda la sua razionalità sul fattore ‘rischio’. Io rischio il mio capitale perché ritengo di trovare un mercato che remuneri la mia impresa; poi se va male ci rimetto il mio capitale. Negli investimenti al 100 per cento pubblici questo non si può e non si deve fare, il rischio non ci deve essere. Deve essere ben chiara la priorità degli obiettivi che si vogliono raggiungere e deve essere dimostrato che l’intervento non solo li raggiunga, ma che non esistono altre soluzioni per raggiungere gli stessi risultati a costi più bassi. Ma il finanziamento del 100 per cento di TAV da parte dello Stato ci avrebbe condotto a sforare i parametri di Maastricht. Allora nella finanza creativa del governo è stata inventata Infrastrutture S.p.a, detta anche comunemente ISPA. E’ una società per azioni, ma tutte le azioni appartengono alla Cassa depositi e prestiti. ISPA ha il compito di raccogliere fondi dal sistema bancario che passa ai realizzatori dell’alta velocità, sul presupposto che quando le linee saranno costruite quelli che useranno il treno pagheranno e quindi l’intervento produrrà un reddito.
In attesa dell’entrata in esercizio delle linee, la copertura degli interessi, che comunque occorre pagare da subito, viene garantita completamente dallo Stato. Il reddito derivante dall’esercizio dovrà essere dato a ISPA perché possa restituire il capitale e gli interessi presi a prestito dal sistema bancario; se le entrate non saranno sufficienti provvederà lo Stato a metterci il resto.
Questo meccanismo è stato pensato sul presupposto che ISPA non facesse parte dello Stato, e quindi l’indebitamento di ISPA per realizzare il sistema TAV non avrebbe pesato sul bilancio statale e quindi non avrebbe influenzato i parametri di Maastricht.
Ma Eurosat ha già informato ufficialmente di non essere disposto ad avallare questo escamotage e di considerare l’indebitamento di ISPA come parte dell’indebitamento dello Stato italiano: quindi il giochetto non funziona più. Oggi ISPA ha a suo carico il finanziamento delle linee ad alta velocità già in costruzione e i conti della stessa società dicono che il rendimento delle linee coprirà circa il 50 per cento dell’investimento. Il che significa che il 50 per cento è a carico pubblico. Io credo che sarà meno del 50 per cento, perché i costi sono in crescita costante.
In particolare per quanto riguarda la Milano-Genova e la Torino-Lione, il meccanismo ISPA fa prevedere una copertura futura del 15 per cento: ISPA stessa si è rifiutata di accollarsi il finanziamento di queste due opere. Infatti nella delibera CIPE di approvazione della Torino-Lione c’è scritto che i finanziamenti provengono direttamente dal bilancio dello Stato, che peraltro non li ha. Si tratta dunque di un finanziamento del tutto teorico.
Occorre avere ben chiaro che il meccanismo di finanza creativa messo in piedi con ISPA è una specie di bomba a scoppio ritardato. Oggi noi stiamo costruendo le linee ad alta velocità, ma il costo per la collettività di queste opere si manifesterà dopo il 2010, quando le opere saranno finite.
Che cosa succederà quando bisognerà restituire quei denari? E quando quei denari provocheranno livelli di indebitamento destabilizzanti? Allora i nodi verranno al pettine e sarà evidente la selezione fra le cose che sono state fatte e quelle che non si potranno più fare perché mancano i soldi. In quel momento diverranno evidenti i costi della non democrazia. Non sarebbe meglio pensarci prima?".