Ballottaggi, la stangata
La triplice sconfitta del centro-sinistra nei tre Comuni andati al ballottaggio: l'invincibile Margherita che si fa male da sola; la sinistra sempre più velleitaria e perdente; il (brutto) sogno del grande centro che ritorna attuale.
Il tris di sconfitte nei comuni di Ala Mori e Lavis segna in modo inequivocabile l’esito di questa tornata di elezioni comunali: il centrosinistra ha perso le elezioni nei comuni più importanti che andavano al voto. I cittadini hanno scelto la discontinuità con le precedenti amministrazioni (così a Brentonico, Torbole, Mori, e Lavis, mentre il caso di Ala è più complesso): ogni realtà rappresenta ovviamente un caso particolare ma quando lo stesso dato si riscontra in più comuni è certamente possibile rintracciare qualche aspetto più sostanziale.
Vince l’immagine del centro moderato. Questi risultati sembrano confermare quanto avevamo scritto due settimane fa: il passaggio da coalizioni di centro (in cui l’asse era rappresentato da Margherita e Patt) a coalizioni di centrosinistra non ha funzionato. Così ad Ala e a Mori, governate precedentemente da liste di centro capitanate da Mellarini e Turella, i tentativi di costituire maggioranze che comprendessero anche liste di sinistra sono falliti.
A Cavalese invece si è mantenuto lo stesso assetto di quattro anni fa, consentendo al candidato sindaco voluto dal potente assessore Gilmozzi di vincere al primo turno. In secondo luogo è realistico sottolineare come il Patt si sia rivelato decisivo nella vittoria del centrodestra a Lavis, dove il cambio di schieramento degli autonomisti ha mutato completamente il quadro politico.
Per questo le dichiarazioni più entusiaste provengono proprio da esponenti del Patt che mai hanno fatto mistero di preferire di gran lunga una Casa dei trentini di centro piuttosto che l’Intesa con tutto il centrosinistra, con la quale gli autonomisti sono al governo in Provincia. Bezzi è molto chiaro: "Più il Patt finisce al centro più ci troviamo a nostro agio. Del resto con la sinistra abbiamo fatto solo un accordo programmatico mentre il vero accordo politico è stato firmato con la Margherita". Tradotto: con la sinistra siamo alleati per convenienza e solamente perché l’ha voluto Dellai.
La sconfitta di Dellai e della Margherita.Così l’analisi giunge a coinvolgere anche l’intero quadro provinciale e forse anche i primi mesi della nuova giunta di Dellai, mesi caratterizzati dagli sterili mal di pancia della sinistra e da una azione di governo frammentaria e senza una rotta precisa al di là degli auspici di grandi riforme. E lo stesso Dellai paga l’inesistenza di una reale coalizione di governo: come abbiamo detto più volte l’Intesa democratica e autonomista è stata da sempre solo un cartello elettorale con due partner, la sinistra e il Patt, apertamente in contrasto tra loro. Per la prima volta Dellai sembra essere in difficoltà, stretto tra le polemiche sempre più sterili dei Ds e da un Patt voglioso di contare di più. Per la prima volta il presidente ammette: "L’Intesa rappresenta l’unico modello vincente basato su un forte patto politico tra il centro e il mondo autonomista", quindi anche senza sinistra. Questo voto locale acuirà una crisi politica probabilmente già in atto.
Questo dato elettorale rappresenta anche un’evidente sconfitta della Margherita di Dellai e soprattutto da chi, all’interno della Civica, sostiene con maggiore convinzione l’alleanza con la sinistra. Ed è la prima sconfitta abbastanza pesante nei sei anni di vita della creatura di Dellai che fin dall’inizio ha macinato successi su successi, conquistando la maggioranza relativa nel 1998, aggiudicandosi buona parte dei comuni trentini nel 2000 e ripetendo le vittorie in qualunque tipo di consultazione. La Margherita vince sempre, è il partito che saldamente detiene il potere, è il punto di riferimento su cui investire: e così quasi tutti i sindaci che contano si sono precipitati nel movimento di Dellai. Ora tre candidati della Margherita vengono sonoramente bocciati dagli elettori che, come si evince dalle cifre, non hanno proprio voluto quei candidati dando un chiaro segnale. La Margherita viene per la prima volta battuta sul suo stesso terreno, quello della territorialità, dell’autonomia delle comunità locali, del neutralismo ideologico. Bene commenta Paolo Ghezzi dalle colonne de L’Adige: la Civica è il "partito territoriale che si definisce come somma di interessi locali più che come linea politica generale, che si colloca prudentemente sul centrosinistra, ma si percepisce di centro-centro e non nasconde l’ambizione di reincarnare la cara e vecchia Dc capace di contenere al proprio interno sia il centro sia la sinistra, sia la destra con la sapienza antica delle correnti". Ora la Margherita è stata percepita dai cittadini dei comuni come centralista e poco pragmatica, troppo attenta a dinamiche provinciali ma incurante dei problemi locali, prepotente e dirigista nella scelta dei candidati.
Una reazione dal basso. Solo così si possono spiegare alcuni dati. Il caso di Mori ha francamente dell’incredibile: al primo turno il candidato Poli, con una coalizione che andava dagli autonomisti ai verdi e alla sinistra, otteneva 2537 voti, pari al 49%. Il candidato giunto secondo, Mario Gurlini, raggiungeva con una lista sola 1230 voti, pari al 24%: al ballottaggio Gurlini sbanca più che raddoppiando i voti validi (2658 voti), mentre Poli perde quasi 500 voti.
I cittadini non lo volevano e hanno dato un segnale inequivocabile bocciando in modo sonoro l’uscente giunta di Turella. Un comportamento che può essere letto come una netta reazione della gente contro imposizioni dall’alto, contro candidati scelti "per adozione" (cioè per investitura dei precedenti sindaci): un rifiuto di essere sudditi utili solo per ratificare decisioni già prese.
Così ad Ala: la scelta di candidare Azzolini ha spaccato la Margherita, mentre i cittadini alensi premiano l’ex vice sindaco Giuliana Tomasoni con una maggioranza di centro molto simile per idee e valori a quella di Mellarini. Morale della favola: vince una maggioranza di centro moderato a discapito della coalizione di Azzolini che comprendeva anche la sinistra.
Si potrà affermare che il nome proposto appariva logoro e ormai troppo lontano dalle dinamiche del paese: è sembrato che l’ex sottosegretario democristiano fosse stato imposto ai cittadini di Ala per dinamiche politiche trentine che poco c’entravano con i problemi del comune della Vallagarina. Ma con Azzolini perde anche tutto il centrosinistra e anche la coalizione di governo della Provincia.
Tuttavia l’assessore Mellarini, che ad Ala quattro anni fa aveva ottenuto quasi il 70% al primo turno, esce solo parzialmente sconfitto dalle urne: anche se ufficialmente appoggiava il candidato perdente Azzolini, tuttavia non aveva mai fatto mistero di preferire una soluzione di continuità con la sua giunta.
Stessa storia a Lavis, dove Pellegrini, candidato sindaco di centrodestra, ha impostato la sua (aspra) campagna elettorale proprio sull’autonomismo del paese, addirittura sulla tradizione asburgica di autogestione contro un candidato imposto da Dellai e che "abita a Cognola e neppure a Lavis". Il nuovo sindaco si lascia poi andare alle nostalgie: "Il popolo di montagna ha le sue radici in un contesto preciso e vuole trovare propri amministratori. Noi abbiamo una tradizione asburgica ed il popolo trentino non ha mai commissionato a terzi la propria gestione". Questo caso però ha una valenza politica maggiore, basta scorrere i nomi presenti alla festa per la vittoria di Pellegrini: da Mario Malossini a Giovanazzi, dal sindaco di Mezzolombardo Borga a De Eccher. Il quale stranamente si trovava a suo agio tra vessilli e bandiere tirolesi che sostituivano i tricolori e gli stemmi comunali. A Lavis ha davvero vinto la destra, come ha dichiarato l’ex sindaco Tomasin.
Il triste declino della sinistra. Non serviva aspettare l’esito dei ballottaggi per evidenziare l’inesorabile declino dei partiti di sinistra, quasi sempre litigiosi al proprio interno e ormai incapaci di parlare all’esterno. "Divisi si perde", questo il ritornello di Mauro Bondi, che probabilmente fatica a rendersi conto che il suo partito è sempre più ai margini delle trattative e dei veri luoghi di decisione. Le paventate, minacciate, annunciate, reiterate e poi sempre rimandate crisi di giunta e "le ore decisive di chiarimento" stanno logorando in maniera irreversibile la credibilità della sinistra di governo, da troppo tempo incapace di fare proposte positive. In questa maniera da sempre più parti i Ds sono considerati non solo inutili ma anche una vera e propria palla al piede per una buona amministrazione provinciale che sappia fare le riforme utili al Trentino. "La Margherita rappresenta il territorio, noi le idee e la qualità" - così si diceva nei Ds durante la campagna per le provinciali. Dove sono finite le idee? E la qualità? Le ultime proteste solamente per questioni di poltrone (inutile mascherarsi dietro questioni morali) non sono capite dai cittadini che ormai, come si è visto anche in queste elezioni, non scommettono più sulla sinistra ma la giudicano velleitaria, ininfluente e perdente. Uscire da questa situazione sarà difficilissimo e non basterà certo un congresso a risollevare le sorti diessine.
Il sogno del grande centro. Ormai Malossini non fa più mistero: Forza Italia del Trentino continuerà a distanziarsi dal governo nazionale puntando a trasformarsi in un partito territoriale moderato che sappia gareggiare sullo stesso terreno della Margherita, sempre con l’ipotesi di una futura alleanza. Probabilmente finché sarà presente Dellai il centrosinistra autonomista reggerà, ma i segnali di un futuro cambio di rotta sono molto evidenti e i commenti a queste elezioni comunali sono tutti improntati al sogno di un grande centro: ipotesi sempre meno futuribile.