Azienda Sanitaria: piccoli appalti, grandi questioni
In questi giorni in cui la cronaca ci porta notizie di licenziamenti, di cassa integrazione, di precarietà del lavoro anche nella pubblica amministrazione, vorrei aggiornare il lettore circa l’appalto indetto dall’Azienda Sanitaria per la gestione delle residenze psichiatriche del Gruppo Appartamento Protetto di Rovereto e del Centro Terapeutico Residenziale di Ala.
Perse l’appalto la cooperativa Gruppo’78, partecipante tramite il consorzio Con.Solida, e vinse per mezzo punto di scarto l’enorme cooperativa emiliana Elios. Si privilegiò il maggior risparmio economica a fronte di un miglior progetto tecnico/qualitativo. Uno studio di avvocati fu allora incaricato dal Con.Solida di rivedere l’andamento della gara. Emerse che la coop. Elios non era in regola con tutti i requisiti del bando di gara e che tale mancanza era sufficiente a modificarne l’andamento. E così fu: lettera dell’avvocato all’Azienda Sanitaria, successiva delibera dell’ente che affidò la gestione dei due centri residenziali alla piccola cooperativa trentina anziché al colosso emiliano.
Qui ci si potrebbe fermare: è evidente la soddisfazione dei lavoratori, perché si ritrovano ad avere un datore di lavoro che ha avanzato un’offerta economica più rassicurante dell’altra, che era inferiore rispetto all’importo fissato dalla base d’asta; perché per ora si è fermato il tentativo di entrare in Trentino di una cooperativa così grande che forse avrebbe da sola i mezzi per mandare a gambe all’aria il nostro sistema cooperativistico sociale; e perché avremo un servizio che sarà gestito attraverso gli strumenti di un piano operativo qualitativamente migliore; infine, ma soprattutto, per la speranza di positive ricadute sugli utenti dei due servizi.
Ora si aprono però alcune questioni che dovrebbero essere affrontate. Anzitutto abbiamo notato una certa disinvoltura nella lettura della documentazione necessaria ad assegnare un appalto da 707.650 euro annui, per nove anni, e questo non ci fa ben pensare riguardo l’attenzione che l’Azienda Sanitaria pone maneggiando pubblico denaro.
Sullo stesso bando si apprende che l’Azienda Sanitaria impone al vincitore l’assunzione di quanti già in ruolo (fornendo i nominativi, le qualifiche, i livelli) ed il contratto da applicare (contratto provinciale per le cooperative di solidarietà sociale). Qui le letture possono essere due. In positivo: che così non si rischia il licenziamento e, nel caso di continuità gestionale o passaggio diretto tre la cooperativa uscente e quella entrante, anche lo stipendio resterà invariato. In negativo: che, essendo l’Azienda Sanitaria a decidere chi assumere e quale contratto applicare, le cooperative non hanno nessuna autonomia decisionale ed i lavoratori non hanno praticamente nessuna speranza di una retribuzione e di un contratto migliori.
Il paradosso è che l’Azienda Sanitaria si garantisce la qualità di ottimi educatori formati ma poi, tramite la cooperativa, li fa stipendiare circa un terzo in meno rispetto al suo stesso personale assunto con uguale qualifica. Scandaloso! Per quanto nel pubblico le qualifiche basse e intermedie non percepiscano enormi stipendi, quantomeno si garantiscono loro più diritti e regolarità nei rinnovi contrattuali: il contratto nazionale delle cooperative sociali è scaduto da tre anni ed ora è scaduto anche quello provinciale.
Un’altra questione della quale l’Azienda Sanitaria non ha tenuto conto è la seguente: talune cooperative (tra cui il Gruppo ’78) offrono "servizi in rete", e cioè un utente può usufruire contemporaneamente di più servizi di una stessa cooperativa (residenzialità, laboratori, centri diurni, trasporti, ecc.). Ciò comporta che se la cooperativa perde l’appalto per la gestione di un solo servizio, ciò si ripercuote sugli altri, perché essa avrà meno introiti e sarà quindi costretta a riequilibrare i costi (tagli sul personale) e in definitiva ad abbassare gli standard qualitativi. Siccome poi le cooperative sociali non hanno di solito utili in bilancio, ciò si traduce nella possibilità di incorrere nella procedura di fallimento: addio valore sociale delle cooperative, addio cooperative.
Ciò non toglie che le cooperative sociali trentine hanno a loro volta delle vistose carenze manageriali e che finora abbiano più puntato sui rapporti privilegiati con la politica che sulla professionalità dei dirigenti: è infatti noto il legame di molti politici con la Federazione delle Cooperative e con CON.SOLIDA. Del resto, come fanno le cooperative a piegare il loro "valore aggiunto" alla dura logica del mercato che quando impone dei tagli solitamente li realizza nel settore meno protetto, quello dei lavoratori? Per non parlare della figura del "socio-lavoratore" e dei rischi che corre a causa della Legge Biagi che permette di non applicare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Un’ultima cosa, la più importante: perché l’Azienda Sanitaria usa forme tanto diverse nell’affidamento servizi? In taluni casi si indicono gare d’appalto, in altri c’è l’affidamento ad enti accreditati, in altri ancora la concessione in prova/sperimentazione. Ancora: perché nel caso delle gare d’appalto si usano percentuali, riferite alla parte qualitativa e a quella economica, così diverse? Ad esempio, nel caso delle comunità di cura di Ala e di Rovereto le percentuali erano del 50% l’una; in altri casi, giustamente, è prevalsa la parte qualitativa rispetto a quella economica. Tutto questo per dire che a volte si ha un affidamento di servizi "al rialzo", altre "al ribasso", altre ancora la pura libertà discrezionale.
Se il lettore a questo punto dicesse: "Allora protesta, sciopera!", la risposta sarebbe: ma contro chi? Contro le cooperative che soldi non ne hanno perché partecipano ad appalti capestro che le obbligano ad applicare esangui contratti? Contro l’Azienda Sanitaria che pur dettando le regole di fatto non è il datore di lavoro?
A questo punto proponiamo che le parti si siedano attorno ad un tavolo per affrontare almeno la questione dei titoli di studio e della formazione dei lavoratori. Attualmente Con.Solida organizza dei corsi formativi, ma essi hanno ricadute solo interne alle cooperative: il lavoratore non ottiene titoli di studio da far valere pubblicamente per poter ambire a professioni migliori. Si permetta dunque ai lavoratori che lo vogliano di partecipare, contestualmente al lavoro (cosa già fatta in passato), a dei corsi per l’ottenimento di diplomi o lauree. Spesso nei corsi di studio è richiesta la partecipazione obbligatoria alle lezioni, ma in questo caso si tratterebbe di concedere delle deroghe a chi nella pratica molte nozioni teoriche già le conosce.
All’Azienda Sanitaria si chiede, se non di rinunciare alle esternalizzazioni, di mantenere almeno una visione etica del lavoro, per cui anche ai lavoratori dei servizi appaltati si applichi il Contratto provinciale della Sanità e che il risparmio lo si ottenga attraverso i risultati raggiunti dalle ditte appaltatrici, escludendo da futuri appalti quelle società che non saranno state all’altezza dei compiti loro affidati.
Carlo Toniatti, delegato CGIL coop. Gruppo’78