“Il Mart? Sfruttamento e sopruso”
Lavoratori, esternalizzazioni e (discutibile) gestione di un Museo.
Come si può definire Rovereto la città del futuro per via del Mart, se il Mart è solo apparenza, dietro la quale c’è lo sfruttamento e il sopruso? Quale futuro per noi e per i nostri figli?"
Questo il passo di una lettera fattaci pervenire da una lavoratrice di una delle due cooperative (la Verona 83 e la Kaleidos) cui il Mart ha esternalizzato una serie di mansioni (custodia, biglietteria, guarda-sale). Avevamo già trattato dei gravi problemi sindacali sorti da queste esternalizzazioni; il loro protrarsi induce perplessità sulla stessa conduzione del Museo.
"La nostra è una situazione tragicissima – ci dice una di queste lavoratrici, venuta a trovarci in redazione – Per poter lavorare abbiamo tutti dovuto diventare soci-lavoratori della cooperativa, impegnandoci al versamento di una quota di 320 euro, che vengono trattenuti dallo stipendio. Quando sei assunto non hai nessuna informazione, nessuna lettera scritta, nessun contratto. Verbalmente ti dicono che prenderai 5,5 euro all’ora, in realtà ne prendi, netti, meno di 4,8 (mi fa vedere una busta paga, 475 euro per 99 ore ndr). Ma il punto è poter lavorare: se non ti comporti bene, cioè se chiedi di vedere il contratto, o se ti ammali, non ti chiamano, e ti tocca stare a casa."
Le rivendicazioni sono molteplici, dal minimo di ore di lavoro garantito, al pagamento dei giorni di malattia, ai buoni pasto, alla stessa paga. Due mesi fa avevamo rivolto questi interrogativi allo stesso presidente del Mart: avete esternalizzato, d’accordo, ma che tipo di contratto d’appalto avete fatto? Come sono possibili queste cose? "Noi abbiamo previsto che venga applicato il contratto collettivo nazionale di Federculture" ci è stato risposto.
Vero. Solo che la Coop Verona 83 il contratto non lo applica. E’ quanto sostiene una durissima relazione dell’Ispettorato del Lavoro. In seguito alla quale, in una lettera della direttrice Gabriella Belli, "preso atto delle violazioni riscontrate, si invita la Ditta appaltatrice ad ottemperare tempestivamente alle inadempienze".
Risultato? "Si sono messi a rispettare alcune clausole ma altre no – ci risponde il sindacalista Ezio Casagranda – Oramai siamo in stato di agitazione, se la cosa non si risolve, passiamo allo sciopero."
Le lavoratrici sono esasperate: "Siamo anche disposte a far saltare l’inaugurazione della nuova mostra."
Problemi analoghi hanno i lavoratori, pur più qualificati, del bookshop, la cui gestione è stata appaltata alla Casa Editrice Skirà di Milano.
"Quando a lavorare eravamo in tre, potevamo fare dei turni ragionevoli – ci dice una delle lavoratrici – In genere però eravamo solo in due, e mai contemporaneamente: questo voleva dire che durante i turni di lavoro, che duravano anche dodici ore, dovevamo rimanere sempre al banco, senza pausa pranzo, senza – teoricamente – neanche potere andare ai servizi. E il lavoro, durante la grande mostra era tanto, c’era da saltare."
E il tutto per 4,7 euro all’ora. E’ chiaro che in questi termini, anche la funzionalità di un elemento non secondario come il bookshop risulta compromessa. Anche per problemi organizzativi. "Non c’era alcuno del Museo responsabilizzato. Dovevamo sempre fare riferimento a Milano, per tutta una serie di problemi di gestione: richieste di libri, arrivi, fatturazioni… E da Milano dicevano di rivolgerci al Mart, e il Mart ci rimandava a Milano."
Ritenendo di fare cosa gradita al Museo, le lavoratrici hanno scritto una lettera al Consiglio di amministrazione, indicando queste disfunzioni. "Non abbiamo mai ricevuto risposta. E ne siamo rimaste sinceramente sorprese. Poi abbiamo detto basta, e ci siamo licenziate. Dopo di noi sono state assunte altre due ragazze: sono durate solo una settimana."
E’ così che si gestisce un Museo?
"Non facendo parte del cda non posso entrare nel merito – ci risponde l’assessora Dorigotti – Tranne dire che la precarizzazione estrema è fortemente negativa, mentre la fidelizzazione dei lavoratori, da quelli più a quelli meno qualificati, è un obiettivo per qualsiasi istituzione. Faccio l’esempio della biblioteca: il suo grande successo ha portato a un improvviso boom degli utenti, e quindi del lavoro. Se non avessimo avuto un’identificazione dei lavoratori con gli obiettivi dell’istituzione, una gratificazione derivante dal sentirsi partecipi di un progetto collettivo, non ce l’avremmo mai fatta."
"Non è nostro compito entrare nel merito delle vertenze tra lavoratori e la ditta appaltatrice – ci risponde il presidente del Mart Pietro Monti – Noi dobbiamo verificare la regolare applicazione del contratto. Ed è vero che l’Ispettorato del Lavoro asserisce che le cooperative non lo applicano, ma loro confutano queste conclusioni…"
A noi sembra una posizione vagamente pilatesca.
"Beh, pilatesca non so; di sicuro il cda del Museo – commenta il sindacalista Casagranda – non ha messo in atto tutto quello che avrebbe potuto affinché le Cooperative applicassero il suo capitolato d’appalto."