E intanto il clima…
La serie storica misurabile dei cambiamenti climatici internazionale inizia solo con il 1861. Da questa risulta che il 1998 è l’anno più caldo in assoluto, seguito dal 2002; che l’estate del 2003 è la più calda; che dal 1987 ad oggi si sono registrati i tassi di incremento della temperatura media più elevati (+0,6 gradi).
Secondo l’IPCC, l’organo scientifico dell’ONU, nei prossimi cento anni la temperatura aumenterà tra 1,8 e 5,4 gradi. Durante l’ultima glaciazione, quando i ghiacciai alpini scendevano fin nel cuore della pianura padana, la temperatura media era inferiore a quella attuale di soli 6 gradi. Si ritiene che altre 4-5 estati consecutive come quelle appena trascorsa possano ridurre la pianura padana come il Tavoliere delle Puglie. Non servono altri esempi per comprendere la drammaticità del passaggio che stiamo attraversando. Ma è certo che il livello del mare crescerà, che i fenomeni atmosferici saranno sempre più improvvisi e violenti, che il paesaggio si trasformerà portando implicazioni decisive all’economia turistica, alle situazioni di sicurezza dei nostri paesi, delle vallate, dei corsi d’acqua.
Oggi è impossibile quantificare i costi economici e sociali degli sconvolgimenti ambientali che stiamo preparando, il settore economico più preoccupato non casualmente è quello assicurativo. Negli Stati Uniti sono le compagnie assicurative che spingono il governo a riaprire il confronto sul protocollo di Kyoto; eppure proprio gli Stati Uniti (e solo loro) sono riusciti a far peggio dell’Italia, nell’ultimo decennio, nell’incrementare le emissioni dei gas serra: l’Italia ha un bilancio del decennio di +21,2%, la Germania di –16,9%, l’Inghiletrra di –13,1%.
I settori sui quali intervenire con tempestività sono presto identificati: le famiglie e la qualità delle abitazioni, l’uso dell’auto privata, l’investimento nella produzione di energie rinnovabili. Queste azioni non rappresentano un vincolo all’economia, anzi. Investire in questo settore significa migliorare la qualità urbana, la competitività dei sistemi territoriali, incentivare la ricerca tecnologica e quindi rimodernare tutto il sistema produttivo e distributivo di un paese. Non si otterrebbe solo una maggiore efficienza energetica, ma a questo vantaggio si sommerebbe una maggior efficacia economica del nostro sistema produttivo
Il COP9 di Milano porterà anche in Italia un forte ritorno culturale e d’informazione: speriamo che la classe politica dell’intero pianeta sappia cogliere l’importanza delle scelte che è chiamata ad affrontare.