No alle BR, no alla guerra
Lunedì 2 marzo, il titolone di apertura dei quotidiani nazionali ci ha trafitti da parte a parte, rimandandoci alle vecchie e nuove azioni criminali di assassini che strisciano per colpirci tutti. Il treno Roma-Firenze è lo scenario di una storia che ripropone l’Italia dei fantasmi, delle nuove BR, l’Italia dei lati oscuri, uno scenario doppiamente terroristico quando è utilizzato per i collegamenti finalizzati e strumentali, irresponsabili e bugiardi. Abbiamo letto quelle cronache di morte con la preoccupazione di chi è abituato a sentirsi chiamato in causa ogni volta che le pistole dei terroristi tornano a colpire. Era successo con l’assassinio di Marco Biagi, proprio alla vigilia delle grandi mobilitazioni sull’articolo 18, è successo sull’11 settembre, quando ci dissero che l’attentato era frutto della critica alla globalizzazione neoliberista.
Hanno tentato anche stavolta di accusare proprio noi, inventando "aree grigie" del Movimento dove starebbero i sostenitori delle mani assassine, facendo così il gioco dei terroristi, che puntualmente, ogniqualvolta si affaccia sulla storia un movimento capace di far maturare il processo democratico, fanno parlare le P38. Questi fantasmi che arrivano dal passato non fanno altro che aiutare coloro che vogliono limitare la libertà e la democrazia, qui da noi oggi, come nel mondo intero dopo l’11 settembre.
Il vizio del linciaggio è duro a morire; questo movimento dà fastidio, e per attaccarlo si ricorre all’argomento più insidioso e più infamante: la collusione con l’assassino. Dovrebbero capire tutti, invece, che proprio questo movimento, fatto di partecipazione e di alto valore etico, di democrazia dal basso e di aspirazione al futuro, è un antidoto efficace e in aggirabile all’impazzimento terrorista.
Lo stesso lunedì, sui quotidiani locali, il titolo riguardava noi, le nostre possibili azioni e la nostra determinazione nel fermare questa guerra. Se avessimo potuto, avremmo certamente scelto tempi migliori, o spiegato meglio le nostre ragioni. Nel momento in cui la democrazia sembra così vulnerabile, in cui i nostri desideri sono storditi dal colpo assassino, nelle ore delle analisi e della condanna, la pubblicità delle nostre azioni risultava eccessiva, sembrava di minaccia, sembrava gonfiata dalla voglia di provocazione.
L’uscita così titanica, strillata e roboante che ne hanno fatto i mezzi di informazione ha suscitato forse paura, ha stranito qualcuno di quei tanti fratelli e sorelle che con noi cercano l’esodo da questa gabbia di mondo, e nessuno possiamo perdere. Dobbiamo invece ritornare a spiegare, per non lasciare argomenti a coloro che vorrebbero accusarci di voler distruggere e dividere e attaccare, che le nostre azioni sono poggiate saldamente su di un pilastro che si chiama etica, che la nostra volontà è costruire un mondo diverso insieme a tanti e tante, che è perciò imprescindibile dal principio della partecipazione, del consenso, della contaminazione; il contrario dell’avanguardismo, il contrario del ribellismo e della provocazione.
Abbiamo nel cuore la grande manifestazione di Roma, teniamo stretti per mano i cento milioni di uomini e donne che con noi il 15 febbraio hanno detto no alla guerra senza se e senza ma in ogni angolo del pianeta, abitiamo nelle case di tutti coloro che hanno alla finestra la bandiera multicolore. Non faremo mai nulla che possa dividerci, nulla che tradisca il patto comune della nonviolenza.
Sapremo insidiare il profitto bellico della ESSO che carbura la guerra, ponendoci seriamente la questione del danno ai gestori, valutando nei dettagli gli interventi e le modalità di azione, che dovranno essere condivise. Sapremo guardare nei magazzini militari dell’IVECO cercando di disinnescare i progetti di conquista, senza dimenticare chi ci lavora, ponendo il tema della riconversione civile. Faremo tutto questo per la difesa della nostra Costituzione, faremo tutto alla luce del sole, tutto insieme a voi.
Faremo disobbedienza quotidiana, contro questa guerra e contro le leggi dell’Impero, obbedendo all’Umanità e alla Giustiza, consapevoli di rischiare in prima persona, come hanno fatto prima di noi molti uomini e molte donne.