Il vero terrorismo è il capitalismo
L’amministrazione Bush sembra procedere speditamente verso l’attacco all’Iraq, con o senza un mandato dell’Onu a legittimarne l’iniziativa: è iniziata l’era della guerra "preventiva" contro nemici e minacce, ritenute tali dalle supposizioni (armamenti nucleari e/o chimici batteriologici) espresse unilateralmente dal governo americano e assecondate dai suoi maggiordomi Blair/Berlusconi. La guerra sta così diventando permanente: lo strumento con cui attuare il predominio globale e con il quale gli USA cercano di rilanciare la propria economia interna e la propria supremazia.
Dopo le lotte sociali contro la prima guerra all’Iraq, quella dei Balcani, all’Afganistan, dopo il sostegno alla libertà del popolo Palestinese, oggi e nelle prossime settimane saremo costretti sempre più a renderci protagonisti di forti iniziative per contrastare il nuovo attacco all’Iraq. Sappiamo che i risultati delle sopraffazioni militari sono il seminare morte e distruzione tra le popolazioni civili e che migliaia di persone spinte dalla fame e dalla speranza cercano riparo e un futuro nel nostro paese. Leggi xenofobe come la Bossi-Fini, sempre più repressive e ottuse, rendono però impossibile entrare in Italia se non affidandosi alle mafie dei trafficanti di uomini. Le nostre spiagge contano così i cadaveri degli affogati; mentre i migranti già in Italia o sono sottoposti a ignobili raccolte delle impronte digitali o agli internamenti nei nuovi lager chiamati centri di permanenza temporanea.
Su un piano più quotidiano, che tocca "fisicamente" le nostre vite, invece, si riempiono le città di nuovi commissariati e di telecamere. Si inventano e si attuano forme di controllo e di carcerazione diffusa che vanno a colpire intere fasce sociali. Si dichiara guerra agli occupanti di case e spazi inutilizzati. Si accusa di complicità col terrorismo la Cgil. Si schedano gli operai sindacalizzati o quelli che scioperano. Ed è proprio l’ideologia autoritaria della guerra dell’Impero e della sicurezza ad ogni costo l’asse intorno al quale si vogliono legittimare le azioni di polizia contro ogni forma di opposizione alla dittatura del capitalismo e della sua logica guerrafondaia. E’ per questo che oggi, di fronte alla prospettiva di uno stato di guerra permanente, la comunicazione, la diserzione e la disobbedienza civile all’Impero e alle sue leggi sono le poche possibilità per inceppare questo folle sistema omicida.
Non si può più stare a guardare. Non si può più stare in silenzio. Bisogna rendersi attivi e dimostrare che la nostra presenza, il nostro dissenso, e la nostra disobbedienza alle leggi ingiuste non è solo indispensabile. E’ un atto di responsabilità per chi crede e vuole davvero costruire un mondo diverso. Diamoci dunque da fare, non stiamo a guardare ed inorridire. Esprimiamo la nostra contrarietà concretamente, perché i cambiamenti, nella nostra società non avvengono spontaneamente. Specialmente i miglioramenti. Siamo dunque noi, la società civile, a dover spingere verso il riconoscimento della dignità e della libertà che ogni essere umano dovrebbe avere. Facciamoci sentire dunque. Iniziando con la Bossi-Fini, smontando i centri di permanenza temporanea per immigrati; promuovendo azioni contro le compagnie aeree che si prestano ad effettuare i rimpatri; impedendo la raccolta delle impronte digitali alle nostre sorelle e ai nostri fratelli migranti. Occupando le Banche armate; boicottando le multinazionali che sulla guerra si arricchiscono impedendo la distribuzione dei loro prodotti; ostacolando e manifestando ancora il nostro no all’invio degli alpini in Afghanistan, mettendo in atto azioni di disobbedienza contro le caserme militari. Noi vogliamo un mondo diverso, senza ingiustizie, terrore, armi, senza assassini e senza vittime.