Dio ci liberi da Bush
Georg W. Bush fu eletto presidente degli Stati Uniti d’America per un pelo. Fu un’elezione tormentata, alla quale partecipò poco più di un terzo del corpo elettorale. Ricordiamo le settimane, i mesi di uno scrutinio interminabile, quasi si fosse trattato di una primitiva repubblica africana, infine conclusosi con un tribolato ricalcolo dei contestati voti in Florida, e la sospirata proclamazione che Al Gore aveva perso e Bush junior era il vincitore. Rimase anche l’ombra del sospetto di qualche broglio, e fu la Corte Suprema a decidere il risultato per qualche centinaia di voti. Poco più del 15% degli elettori aveva dunque eletto il nuovo presidente, una base di consensi molto inferiore a quella di cui possono fregiarsi certi dittatori.
Beninteso, evviva la democrazia anche quando la sovranità popolare è rappresentata in misura cosi striminzita, perché in essa vi è comunque una libera opposizione e la durata del potere è temporanea. Ma un così minuscolo e controverso suffragio popolare per un Presidente degli Stati Uniti avrà pure un significato. Certo, quello raccolto dal suo antagonista, nella presunzione cui dobbiamo credere che non vi siano stati dei brogli, era anche inferiore, seppure di poco. E’ragionevole dedurne che entrambi i candidati non suscitavano un grande entusiasmo.
Per Bush se ne conoscono bene le ragioni. Non si identificavano tanto nel fatto che era un rampollo della lobby del petrolio, poiché anzi una tale circostanza fu al contrario all’origine del suo pur risicato successo, visto l’enorme e spregiudicato appoggio finanziario che ne ha avuto. Piuttosto la freddezza popolare nei suoi confronti doveva essere motivata dalle modeste referenze che, a causa dei trascorsi giovanili niente affatto edificanti, il candidato, appunto non proprio candido, poteva fornire. D’accordo, tutti possono riscattarsi da un passato tutt’altro che commendevole, ma visti i poteri che conferisce la carica di Presidente degli Stati Uniti, anche la biografia di chi vi aspira è un dato che riveste una sua importanza. E può servire a intenderne il comportamento. In ogni modo fu eletto, anche se non fu un trionfo.
Ebbene un uomo così mediocre e di così scarsi meriti in un certo momento del suo mandato fu coronato da una popolarità enorme, quasi unanime, nel suo paese ed in gran parte dell’intero mondo. Fu dopo l’11 settembre del 2001. Lo spaventoso attacco terroristico ci lasciò tutti sbigottiti e attoniti. La dimensione della strage e l’ingegnosità della sua esecuzione provocarono un turbamento planetario; il significato dell’obbiettivo colpito e l’inaudita abnegazione dei diciannove terroristi suicidi che vi furono impiegati suscitò un generale allarme che si convertì in immediata solidarietà attorno al popolo degli Stati Uniti ed al suo presidente. Antiche ostilità e diffidenze cedettero il posto ad intese unanimi e impegni comuni per fronteggiare il mostro del terrorismo. L’Europa naturalmente, ma anche Russia, Cina e persino i governi moderati del mondo arabo-mussulmano, si strinsero attorno agli Stati Uniti, coallzzati contro la rete clandestina del fondamentalismo islamico.
Oggi, a 18 mesi di distanza da quell’evento, il governo degli Stati Uniti naviga verso una guerra insensata nel più totale isolamento. Ha contro il Papa e la Chiesa Cattolica, la Russia e la Cina, due centrali potenze europee come la Francia e la Germania, la Lega Araba, e persino la Turchia è riluttante a collaborare, Non è riuscito nemmeno a comperare l’appoggio di stati africani poverissimi che siedono nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, è incalzato dall’ostilità manifesta di milioni di cittadini dimostranti in tutte le citta del mondo. Gli è rimasto soltanto un Blair contestatissimo in patria, ed un Aznar disinteressato a ciò che pensa il suo popolo. Nonché Giuliano Ferrara ed Oriana Fallaci.
Poi ci sono i furbi, come i governi bulgaro e polacco o Berlusconi che, calcolando di non rischiare nulla in proprio, assecondano la frenesia di Bush nella a speranza di ricavarne, dopo la sanguinosa vittoria, un qualche vantaggio. Pare anche che vi sia una quindicina di altri governi che però se ne vergognano talmente da voler conservare l’incognito.
Come è possibile che una giusta causa, come quella di combattere il terrorismo o di destituire un dittatore feroce come Saddam Hussein, abbia finito per incontrare una così vasta ostilità? Nonostante le buone ragioni che poteva addurre, la potenza militare ed economica di cui dispone, Georg W. Bush si è ridotto nella condizione di attaccare l’Iraq facendo strame della legalità internazionale e avviandosi a consumare un vero e proprio crimine contro l’umanità.
Naturalmente fa tutto ciò posando la mano destra sul cuore e ripetendo:"Dio benedica l’America". Non è una invocazione che mi sia abituale, ma per una volta lasciatemi auspicare che Dio liberi l’America, ed il mondo, da Georg W. Bush e dalla sua combriccola.