Le colpe dell’euro e quelle dei furbi
Le spiacevoli particolarità dell’inflazione italiana.
L'euro ha portato una ventata di aumenti di prezzi e tariffe che difficilmente i consumatori dimenticheranno. Fenomeno, questo, che da oltre 12 mesi è al centro dell’attenzione non solo sui quotidiani o nelle rubriche televisive, ma anche sui banchi parlamentari, passando per le scuole e per le tavole delle famiglie italiane.
Parte del merito della chiarezza fatta sul caro-euro va indubbiamente all’Intesa dei consumatori (costituita da Adusbef, Codacons, Federconsumatori e Adoc, che così associandosi hanno bandito la cura del proprio singolo orticello a favore del più generale interesse dei consumatori ), la quale Intesa, in un anno di vita, ha indetto i primi due scioperi della spesa nella storia dei consumi, con boicottaggi alle compagnie petrolifere, centinaia di denunce contro i commercianti scorretti e una campagna martellante, che ha trovato riscontro sulla stampa.
Dal punto di vista dell’informazione e della presa di coscienza del fenomeno da parte dei cittadini, insomma, l’Intesa ha raggiunto un risultato al di sopra di ogni aspettativa. Le stesse autorità governative e diversi economisti e parlamentari locali, che all’inizio dello scorso anno avevano tacciato le associazioni dell’Intesa di "euroterrorismo", hanno fatto marcia indietro, in particolare di fronte all’evidenza di un’inflazione ben più alta rispetto al 2,8% calcolato dall’Istat. Soggetti che oggi meriterebbero il famoso Tapiro d’oro di Striscia la notizia.
In base ad un’analisi effettuata dall’Intesa e relativa agli aumenti riguardanti 100 prodotti, le tariffe pubbliche, le banche , le assicurazioni, più gli annunciati aumenti di questi giorni, ogni famiglia italiana tra gennaio 2002 e gennaio 2003 ha perso 1.803 euro di potere d’acquisto, corrispondenti a circa 3 milioni e 600.000 lire!
Inutile ci sembra a questo punto piangere sul latte versato, anche se non possiamo fare a meno di rammentare che una grande responsabilità del carovita è da imputare, oltre che ai quattro settori indicati anche da Bankitalia nel suo bollettino di novembre 2002 (banche, assicurazioni, alimentari e pubblici esercizi), alla mancanza di controlli da parte dell’autorità governativa: non è un caso che a livello provinciale i prezzi siano più alti rispetto ad altre zone del Paese, e ciò è in parte dovuto proprio ai controlli.
La mancanza di controlli ha alimentato l’inflazione ad un livello nettamente superiore rispetto alle altre nazioni dell’Unione europea e alcuni furbi hanno così potuto rimpinguare le proprie tasche a scapito dei consumatori; non si è trattato solo di semplici arrotondamenti, ma di vere e proprie truffe ai danni della collettività: in diversi casi le vecchie mille lire hanno assunto il valore di un euro!
Guardando avanti, l’Intesa dei consumatori ha quindi
elaborato alcune misure che possono così essere sintetizzate:
1. un accordo con gli esercenti e le categorie professionali per bloccare o diminuire i prezzi. Una proposta concreta potrebbe risultare quella di una diminuzione dei prezzi del 10% per tutto l’anno e non solo per il periodo dei saldi;
2. un abbassamento dell’IVA sul gas da riscaldamento dal 20% al 10% tramite un decreto legge;
3. l’utilizzazione di tutti gli strumenti disponibili, affinché le tariffe non superino il tasso di inflazione programmata dell’1,4% ( ad esempio, autostrade, ferrovie, ecc.);
4. una accelerazione delle riforme:
- nel settore del commercio e della distribuzione al dettaglio, con spazi di vendita diretta per i produttori;
- nel settore delle assicurazioni, con una riduzione del 26% delle polizze RC Auto (con le proposte fatte dall’Intesa al Governo e alle Commissioni Parlamentari );
- nel settore elettrico e del gas, in particolare per le tariffe;
- nel settore della distribuzione dei carburanti che, se razionalizzato seriamente, può comportare una riduzione di 5 centesimi al litro e se inoltre allargato alla grande distribuzione, di ulteriori 5 centesimi;
5. una modificazione del paniere ISTAT, adeguandolo alla realtà degli acquisti dei cittadini con nuovi parametri di calcolo che tengano conto del reddito e del territorio;
6. una modifica del reato di aggiotaggio (art. 501 c.p.) per punire severamente i commercianti che intendono fare i furbi sulle pelle dei consumatori.
Le proposte concrete contro il carovita, immediatamente attuabili anche in provincia di Trento (ci si può rivolgere tanto al Codacons in passaggio Peterlongo 2, quanto alla Federconsumatori in via Muredei 8), elaborate dall’Intesa dei consumatori, sono queste:
1. disdettare tutti i conti correnti aperti presso gli Istituti di credito che vi hanno venduto bond argentini e altri titoli-bidone;
2. ricorrere dinanzi al giudice di Pace per ottenere il rimborso del 20% sulle polizze pagate dal 1995 al 2000 alle compagnie assicurative multate dall’Antitrust;
3. boicottare i commercianti scorretti e le pompe di benzina più care.
Per finire, vogliamo ancora accennare ad un preoccupante allarme che si sta diffondendo e del quale l’Intesa dei consumatori si è fatta carico: stanno scomparendo le monete da un centesimo.
Una dimostrazione di ciò è data dal fatto che gli stessi cartellini con i prezzi sono tutti arrotondati all’ultima cifra al 5 o allo 0. Ciò significa che i pezzi di piccolo taglio, in particolare quelli da un centesimo, sono pressoché inutilizzati e giacciono chissà dove; ma indica anche e soprattutto, una spinta verso l’alto dell’inflazione, visto che i commercianti disonesti hanno subito eliminato dai cartellini prezzi terminanti per 1, 2, 3 centesimi e quelli onesti, di fronte alla mancanza di monete da 1 cent., per non essere costretti a concedere ogni volta un piccolo sconto, si sono adeguati agli altri, arrotondando anche loro per eccesso.
Tale grave situazione, confermata anche da alcune banche, ha portato l’Intesa a denunciare la Banca d’Italia all’Unione Europea.