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“Il fiume di Renata”

Un romanzo-verità che racconta come l’impegno civile di una donna abbia impedito la discarica di Capriana e salvato l’Avisio. Luigi Casanova, Il fiume di Renata. Il Prato, Padova, 2002, pp. 166,euro 12,00.

Giorgio Rigo

"Il Fiume di Renata", romanzo biografico di Luigi Casanova, si presta a diverse letture. E’pur vero che quella militante rimane sicuramente di maggior impatto, poiché i documenti, i riscontri, la puntigliosa ricostruzione dei fatti, mantengono una presenza costante in tutto lo svolgersi del libro. Nel dipanarsi della lettura, però, gli aspetti più psicologici, intimisti, le riflessioni esistenziali, riemergono in continuazione, con una forze e una trasparenza che divengono l’esatta simmetria della infrangibile fragilità del personaggio protagonista.

Non vi è dubbio infatti che Renata abbia vissuto con grande determinazione e consapevolezza crescente una vicenda esemplare, che Luigi ha "solo" raccontato. Anche se in quel "solo" c’è veramente molto del suo.

Tra le cose che mi piace sottolineare vi è l’espediente che, ad un primo impatto, potrebbe sembrare una precauzione giuridica al fine di non renderne automatica l’attribuzione di fatti e avvenimenti: la sostituzione di tutti i nomi (esclusa la protagonista). L’estensione della "traslitterazione" ai luoghi e la dovizia di indizi per la loro identificazione, trasforma però ben presto l’artificio in un gioco che coinvolge il lettore. L’evocatività dei nomi adottati (tra tutti cito solo il quasi anagramma Avisio alias Savio) ci porta in un’atmosfera tokieniana, dove, ad ogni passo, ci si aspetta che salti fuori una Forraspaccata o l’Osteria del ‘Puledro impennato’.

Merita un accenno anche la civetteria dell’autore di descriversi, quando compare sulla scena quale comprimario, come un burbero disincantato, una specie di Grampasso (per tornare a Tolkien) che noi sappiamo essere invece sempre pronto ad ogni disinteressata battaglia: meglio se apparentemente impossibile.

E la vicenda, per come la si rivive nei primi capitoli, sembra veramente destinata alla sconfitta. Il controllo sociale, l’intimidazione esplicita, il ricatto, la ritorsione, la connivenza fra livelli istituzionali, il disprezzo delle regole e delle leggi, la subordinazione e l’asservimento degli apparati tecnici, dipingono un Trentino leggermente diverso dallo slogan che si era dato proprio in quegli anni: "l’Italia come dovrebbe essere".

Sindaci infeudati; tecnici, progettisti, esperti e periti prêt à porter;un’Autonomia ottusa, opulenta, satolla e stanca che non comprende più neppure il significato di funzioni istituzionali di indirizzo e controllo, di garanzia nei confronti dei cittadini, di governo della complessità. Una politica ormai gestionalmente attratta solo dalla bassa cucina.

Il ritratto che ne viene fuori corrisponde piuttosto all’immagine che un noto esperto di marketing tracciò nel corso di un convegno, sempre di quel periodo: "Esclusa la lupara, non vi sono diversità sostanziali tra i meccanismi e nei rapporti istituzionali e sociali del Trentino e della Sicilia".

Tornando al clima tolkieniano, emerge dal libro una
cattiveria da ‘orchetti’ inquinatori, malevoli, meschini e miserevoli, senza che vi si possa riscontrare la grandiosa maleficità di un Sauron o l’intelligenza perversa di un Saruman (ma quelli arriveranno qualche anno più tardi).

Dal racconto, ma è più corretto dire, dalla ingenua, ostinata, trasparente capacità di indignarsi di Renata, escono con le ossa rotte le sicumere ingegneristiche e la politica faziosa (quella fatta per gli amici e gli amici degli amici) e non vi è dubbio che sia lei la più forte. Renata giganteggia nella meschinità tecnico-politica con la quale viene a confrontarsi.

Da questa sua vittoria emerge, per contro, un ruolo crescente per i comitati, per la partecipazione dei cittadini, per gli strumenti (formali e informali) della democrazia diretta, tanto osteggiati da qualsiasi classe politica insediatasi al potere. E ne viene fuori anche una lezione per noi ambientalisti: una battaglia vissuta così intensamente può essere il metro di misura e chiave di comprensione per il complesso mondo di comitati, di azioni civiche, di mobilitazioni spontanee che ci circonda. Ciascuno di essi intensamente impegnato a difendere il suo "pezzo" di mondo. Ma è solo attraverso quell’impegno, quella comprensione profonda che può darti la solidarietà fecondata per la difesa di un diritto comune, che si difende "il mondo", che si è in grado di capire fino in fondo l’importanza di non cedere mai sul terreno dei principi della difesa ambientale.

Per le associazioni, tutte le battaglie e tutti i fronti sono tanta, troppa materia: tutto si relativizza. Ecco quindi che associazioni e comitati sono necessari gli uni agli altri, non solo sul terreno della collaborazione, ma anche della sollecitazione veemente.

Renata ci ha dato un salutare schiaffo, con la sua azione, con la sua determinazione, con la sua costanza, con la sua vittoria.

Noi non ci tiriamo indietro, anche perché siamo perfettamente consapevoli di quanta necessità vi sia nella nostra provincia che ben altri schiaffi comincino a volare davvero: quanto meno nel corso del prossimo anno.