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QT n. 2, 23 gennaio 1999 Servizi

Il colpo di coda sulla discarica di Capriana

A elezioni avvenute, la giunta Andreotti ha approvato il folle progetto di una discarica nell’alveo dell’Avisio. Che farà, ora, la nuova giunta?

Una sconfitta della ragione. Si potrebbe definire così quanto accaduto lo scorso 4 dicembre quando, dodici giorni dopo le elezioni regionali che ne hanno decretato la pesante sconfitta, la Giunta provinciale uscente ha deciso che la realizzazione della tanto discussa discarica di Capriana dovesse partire.

Rischia di essere, questo, l’amaro epilogo di una delle vicende politico-amministrative più sconcertanti degli ultimi anni. Per usare le parole degli ambientalisti che si sono trovati costretti, pur controvoglia, a ricorrere al Tar, il "sommarsi di pigrizia, incapacità, arroganza che ha coinvolto amministratori provinciali e di valle, interessi privati ben precisi nell’area che porta alla discarica, hanno fatto sì che un progetto ovunque definito folle sia diventato realtà e sia stato approvato e finanziato".

Ma come si è potuti arrivare ad approvare un progetto tanto assurdo, che rappresenta, tra tutte le possibili soluzioni alternative, quella che comporta al contempo il massimo dei costi economici ed il massimo dei costi ambientali?

E’ dall’inizio degli anni ’90 che in valle di Fiemme si dibatte su dove realizzare una nuova discarica di rifiuti, con le solite aspre polemiche che spesso accompagnano decisioni di questo genere. Alla fine, tra gli amministratori passò la decisione più irresponsabile, quella che però, in compenso, avrebbe comportato il minimo dei costi politici: la discarica sarebbe stata realizzata nell’alveo dell’Avisio, all’altezza del comune di Capriana, nel punto più a valle del comprensorio di Fiemme. Cosicché, giù in fondo ad una gola - devono aver pensato - la discarica sarebbe rimasta lontana dagli occhi e dal naso di tutti e non avrebbe pertanto dato fastidio a nessuno.

E se la zona prescelta è ad altissimo rischio alluvionale, tanto che completamente inondata dalla piena dell’Avisio del ’66, chissenefrega: i rischi sarebbero ricaduti soltanto su chi sta più a valle, ossia sulla valle di Cembra e sulla valle dell’Adige, mentre i costi per la messa in sicurezza (se mai sia possibile mettere in sicurezza un sito simile) sarebbero stati alla fine pagati, come sempre, da mamma Provincia.

Ma qual è il rischio reale che si corre nel dislocare una discarica nel greto del torrente Avisio, e proprio in quel punto? Quale sia il caratterino del signor Avisio lo sanno bene gli abitanti di Lavis. Un bellissimo, tranquillo corso d’acqua ricco di pesci (centrali elettriche permettendo) nei periodi di normale portata, tanto che si è progettato di realizzare lungo il suo corso un parco fluviale. Ma un mostro impetuoso che travolge tutto quanto si trovi sulla sua strada nei momenti di piena. Fu l’Avisio il principale responsabile dell’alluvione di Trento del 1966: un’enorma massa d’acqua e detriti si riversò dall’Avisio nell’Adige provocandone lo straripamento. E proprio nel punto dove ora si vorrebbe collocare la discarica, l’Avisio, nel ‘66, esondò formando addirittura un lago. Ma c’è di più. Un piccolo ruscello scende dalla fiancata della valle proprio sopra la futura discarica. Si tratta di un rio sempre secco, dunque apparentemente innocuo, ma che in caso d’alluvione diventa una minaccia serissima.

E’ ben vero che il progetto prevede di proteggere la discarica con un grosso muro di cinta e di deviare il ruscello soprastante, ma qui siamo alle solite: si può anche arrivare, a patto di spendere un mucchio di soldi, ad avere un certo margine di sicurezza per le inondazioni che capitano ogni 30, 50 o cent’anni (con la lancetta dei costi che sale paurosamente); ma una discarica di rifiuti rappresenta un pericolo di inquinamento grave per secoli.

Com’è possibile, ci si starà chiedendo, che un progetto del genere abbia superato l’esame della valutazione d’impatto ambientale? Semplice: con la scusa dell’urgenza la Provincia decise, nel 1993, di non sottoporre il progetto a Valutazione d’impatto ambientale. Oggi siamo nel 1999: dove stava tutta quell’urgenza se sono passati addirittura sei anni?

E le alternative alla discarica quali sono? Non è poi così difficile: con una raccolta differenziata molto spinta si renderebbe utilizzabile la discarica già esistente ancora per altri dieci, quindici anni.

Dopodiché, quando saranno pienamente operative le annunciate nuove leggi comunitarie e nazionali sugli imballaggi, il problemi dei rifiuti dovrebbe finalmente scomparire quasi del tutto. Ma a dire questa ovvietà, in Provincia si viene quasi presi per matti: lì alla raccolta differenziata che si fa in tutta Europa non ci hanno mai creduto, la ritengono una roba per ambientalisti romantici. Eppure, addirittura a Milano, col sindaco Formentini (della Lega nord, mica dei Verdi) ha dato risultati straordinari, inaspettati dagli stessi organizzatori. Il fatto è che finché non si quantificherà in moneta anche il valore dell’ambiente, della sicurezza e della salute, facendone pagare i costi ai responsabili, si continuerà sempre con queste pigrizie.

Proviamo a far pagare direttamente ai comuni della valle di Fiemme il costo di una realizzazione della discarica, un indennizzo alla valle di Cembra e alla valle dell’Adige per i danni causati ed anche i mille miliardi della diga di Valda, la cui costruzione rischia ora di diventare inevitabile. Scommettiamo che scopriranno che conviene di più imparare a separare il vetro dalla carta?

Ora il WWF, Italia Nostra e i comuni di Cembra e Lavis hanno fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento della delibera della Provincia. Ma anche con i vincitori delle elezioni sono già sul piede di guerra: il sospetto è che la mossa della giunta Andreotti sia avvenuta col tacito consenso dell’Ulivo.

E’ un’accusa infamante, che l’Ulivo può benissimo dimostrare essere falsa: basterà, non appena sarà formata la nuova giunta, annullare la delibera di dicembre. Staremo a vedere.

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