A chi la città? A noi!
Lo stile della nuova sindaca, Hilde Zach.
Da 3 mesi, invece del magnifico sindaco Herwig van Staa (diventato finalmente Capitano del Tirolo, avendo estromesso Weingartner - vedi Il grande timoniere), abbiamo una donna-sindaco. La prima nella storia della città, e anche la prima in tutti i capoluoghi delle provincie austriache.
Il che vuol dire che, finalmente, siamo diventati una città civile. La signora Hilde Zach è stata eletta con i voti della maggioranza (popolari più socialdemocratici), e senza i voti dell’opposizione, che non l’ha votata non in quanto donna, ma in quanto popolare, e popolare di destra. E’ stata eletta perché era la delfina, la collaboratrice più stretta (e più diligente ed anche più intelligente, a dire la verità) del sindaco uscente, e sulla successione non c’è stato un dubbio, nemmeno il più piccolo, in seno alla maggioranza.
Tutto a posto, dunque, visto che perfino i conservatori hanno capito a chi appartiene la metà del cielo? Non sembra. L’elezione di Hilde Zach pare una svolta a destra della maggioranza: la destra-destra, che del resto ha sempre caratterizzato la lista "civica" di van Staa, ora comanda, parla senza peli sulla lingua, mentre il liberalismo urbano, usato con grande abilità da van Staa per mascherare il nocciolo duro del conservatorismo e campanilismo reazionario del suo gruppo, non sembra più di casa al municipio.
Qui, serve una breve storia della lista "Für Innsbruck", ribattezzata nel 2000 "Lista Herwig van Staa per Innsbruck", anche per capire (e stia attento l’amico Pacher) che questa lista, nonostante le somiglianze e la grande amicizia fra van Staa e Dellai, non è una lista "Margherita": In primis, da noi la vecchia balena bianca non è mai naufragata, non c’è stata l’implosione di una DC, perenne partito di governo, per rinascere in diversi tronconi di sinistra, centro e destra, vicini o all’Ulivo o al Polo. La ÖVP, il grande partito popolare, è vivo e vegeto (com’è stato dimostrato, ahimé, dalle ultime politiche del novembre scorso). E la lista "civica" del sindaco van Staa non è mai stato altro che un tentativo - riuscito bene - di impadronirsi di questo partito.
Per riuscire, van Staa ha dovuto allearsi con il "Wirtschaftsbund", cioè con la federazione dei piccoli imprenditori (una delle federazioni o "Bünde" che costituiscono il partito), che non era d’accordo con il ruolo dominante che, sotto il predecessore di van Staa, il sindaco Niescher, spettava tradizionalmente ai "socialcristiani" degli "Arbeitnehmer", la federazione dei lavoratori democristiani. Erano conservatori, si capisce, anche questi, ma spendaccioni statalisti quanto i socialdemocratici, e troppo poco neo-liberali nel senso del pensiero unico tanto gradito agli imprenditori.
Nel 1989 van Staa era entrato in Consiglio, dopo
aver giocato il ruolo dell’eterno giovane ribelle in seno al partito. I capi popolari in città volevano con ciò dimostrare un po’ di apertura (all’università, alla quale apparteneva, ai giovani turchi del partito, e anche alla società civile). Nei primi anni ’90, il nostro fiutava l’aria della possibile sconfitta del suo partito, che guidato da Niescher poteva essere sorpassato da socialdemocratici e verdi (che già allora avevano superato il 10% in città). Meglio allora demolire il partito cittadino piuttosto che lasciare la città ai rossi, pensò il nostro.
Detto e fatto. Appoggiandosi agli imprenditori di Hilde Zach (un’elezione, si sa, è un’impresa costosa), uscì dal gruppo popolare e formò la sua propria lista, appunto, "Per Innsbruck". Era una lista "civica" in quanto non era la lista ufficiale del partito; ma il nostro, già allora, non giocava senza rete: la direzione provinciale gli aveva promesso che non sarebbe intervenuta.
Insomma, vinca il migliore, purché sia un democristiano, e poi avrebbero appoggiato ed incoronato il vincitore del duello.
Il 90 per cento della lista era d’altronde di iscritti al partito popolare. Gli altri contavano quanto gli "indipendenti di sinistra" nelle liste del vecchio PCI: fiori all’occhiello e basta. Forse credevano di far parte di un grande sforzo della società civile per riprendersi la città e battere i vecchi baroni democristiani, ma dovevano ricredersi. Hanno battuto, sì, i vecchi baroni, ma a prendersi la città è stato il partito popolare nella sua versione più conservatrice.
Dunque, nel 1994 la lista "Per Innsbruck" sorpassa la lista ufficiale del partito, viene mandato in pensione Niescher, e viene incoronato come nuovo leader van Staa, che governa con una grande ammucchiata, insieme a Freiheitliche e socialdemocratici, per diventare poi padrone assoluto della città nel 2000, quando può infatti contare su 16 seggi su 40, più 5 della lista "ufficiale" dei popolare, e sull’appoggio dei socialdemocratici, ridotti a 5 miseri seggi dopo una ribellione interna, i cui vincitori continuano a fare ciò che avevano contestato alla vecchia guardia, cioè i chierichetti del sindaco democristiano; e non bisogna dimenticare che nelle comunali del 2000, i verdi sono diventati il secondo partito in Consiglio, sorpassando sia i socialdemocratici, sia il resto dei popolari "ufficiali", sia i Freiheitliche.
Da allora in poi, la città è diventata stretta al magnifico sindaco. Aveva - è vero - risanato il disastroso bilancio ereditato da Niescher, riducendo l’amministrazione comunale nel segno del "piccolo e privato è bello", ha brillato nel campo dell’architettura (con Perrault, Zaha Hadid e altri), ed ora guardava a ben altri orizzonti. In soli due anni è riuscito a logorare Weingartner, diventando nel 2001 presidente del partito in provincia (formalmente ancora come capo scismatico a Innsbruck!) e nell’ottobre del 2002 Capitano .
Ha lasciato, si diceva, una casa ben ordinata. Ma nel partito cittadino, il deserto: in tutti i dibattiti, parlava solo lui (anche dalla presidenza, che spetta al sindaco, alla faccia del regolamento).
Oltre alla ristretta cerchia dei suoi collaboratori fidati, il buio totale. Un mucchio di portaborse che osannavano il sindaco.
Ma per forza di cose, uscito lui, bisognava redistribuire le poltrone. Ed è successo il finimondo.
Fra i peones, c’erano troppi che, dopo anni di silenzio sotto il grande capo, volevano diventare almeno assessori. Grande disordine sotto il cielo, e lotta senza quartiere. E si vedeva che, avendo collaborato col grande Herwig, la nuova "dama di ferro" Hilde Zach aveva capito bene come si governa il partito: gli assessori li scelgo io, o me ne vado. E attenzione ad aver qualcosa da ridire: una consigliera colpevole di troppa indipendenza è stata fatta fuori e gli altri hanno capito quale vento tirava.
Così ora abbiamo, per la prima volta nella storia della città, non solo una donna-sindaco, ma un sindaco ed un primo vice-sindaco provenienti del "Wirtschaftsbund", un’équipe democristiana in Consiglio ed in Giunta dove i lavoratori democristiani sono marginalizzati.
Le prime decisioni della rinnovata maggioranza (sia sul piano dell’amministrazione delle case popolari che nella politica culturale) e lo stile nuovo introdotto in Consiglio (una interminabile comunicazione della signora sindaco, e poi non si capisce perché ci debba essere un dibattito, visto che l’ordine del giorno è lungo e si va di fretta) parlano chiaro. La cosa pubblica va amministrata nel senso degli interessi forti degli imprenditori (in città, in primo luogo, del commercio e del turismo); gli altri si adeguino, e si salvi chi può.
"Mir sein mir", si dice in dialetto. Ovvero: a chi la città? A noi del Wirtschaftsbund.