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Una storia “disarmata”

Dopo il referendum Vittoria contro Pace: senza una memoria collettiva condivisa, i rischi della contrapposizione etnica sono sempre in agguato.

E’ impossibile credere ad uno sviluppo pacifico della società nella provincia di Bolzano, senza che sia impostata una profonda rielaborazione dell’esperienza storica che ha portato, attraverso vicende anche drammatiche e dolorose, ma anche straordinariamente innovative, all’autonomia come contesto e fondamento della convivenza possibile.

Per consolidare la convivenza è indispensabile che in tutti coloro che vivono in questa terra cresca la consapevolezza della particolare situazione che si trovano a condividere.

Certi slogan e contenuti della campagna referendaria sulla piazza della Pace/Vittoria costituiscono non una sorpresa, ma piuttosto la conferma di una situazione che è stata in buona parte voluta.

E’ stato fatto l’errore gravissimo di non creare le condizioni affinché una storiografia contemporanea condivisa sia studiata e divulgata. Si è rifiutato ostinatamente di istituire un centro di studi di storia contemporanea di livello universitario, interetnico, in grado di affrontare con indipendenza dal potere politico e con equilibrio lo studio degli avvenimenti della storia dalla fine del secolo scorso fino ad oggi.

La storiografia locale, come in molti luoghi dove c’è o c’è stato un conflitto fra comunità conviventi, si è sviluppata con un disegno di diseguale parallelismo, ognuna delle due parti tesa a esibire le proprie ragioni. Così si ha una storiografia caratterizzata dal vittimismo e un’altra dal giustificazionismo, una ideologicamente compatta fino al mito, un’altra frammentaria, come l’esperienza storica e sociale del gruppo che la esprime.

Nella terra del trionfo della differenza, è appena all’inizio la ricerca storica che metta in luce le altre differenze, come quella di genere. Nella terra dell’autonomia e della convivenza possibile, manca - salvo l’esperienza della mostra sulle opzioni - un testo di storia comune, e ogni sforzo perché la gioventù sia a conoscenza di quanto viene insegnato come "la storia" all’altro gruppo linguistico.

Assurdamente sono maggiori gli sforzi per una storiografia condivisibile nella Palestina in guerra che non nella Provincia di Bolzano. Là tentativi di storie parallele (libri che riportano, su questioni individuate come cruciali da entrambe le popolazioni, le ricostruzioni di entrambe le parti) oppure di uso di fonti di entrambi (si veda il libro "Vittime" di Benny Morris).

Qui manuali scolastici importati da Germania e Italia e ricerche sparse anche di altissimo livello, ma senza connessione né un’opera di larga divulgazione dei risultati, contribuiscono a che l’ignoranza lasci spazio a miti e pregiudizi. La storiografia ufficiale non trova riscontro nella coscienza politica.

Le tensioni e i sentimenti di ostilità, di sconfitta e di vittoria, che dividono la popolazione di Bolzano in modo percepibile per la prima volta dopo molto tempo, danno un segnale di allarme da non sottovalutare. La volontà della popolazione di vivere insieme non è riuscita a sfuggire alle provocazioni di una classe politica disposta a giocare duro su questioni delicate, che la stessa storia del conflitto sudtirolese e soprattutto della sua soluzione dimostrano non essere risolvibili attraverso la contrapposizione - cioè la vittoria di una delle due parti - ma esclusivamente attraverso la composizione, il consenso, il compromesso, per quanto difficile sia raggiungerlo.

Una delle condizioni per riprendere con convinzione la strada della democrazia e della libertà è il recupero della memoria storica. La memoria collettiva, se è una ricostruzione meditata e critica, che comprende e supera gli antagonismi, svolge un ruolo basilare per il riconoscimento della reciproca appartenenza dei cittadini ad una democrazia.

La democrazia non ha infatti bisogno solo di efficienza istituzionale e amministrativa, ma anche di identificazione collettiva. Oggetto di studio e riflessione e non occasione di conflitto devono divenire non solo le vicende diplomatiche e militari, ma anche le esperienze articolate delle persone e dei vari gruppi che compongono la società. Attraverso la comprensione dei punti di vista degli altri, e il riconoscimento reciproco, si deve puntare ad una maggiore comprensione delle due comunità, a sbarazzarsi degli stereotipi e dei sentimenti ostili.

I nazionalismi di fine Ottocento; l’esperienza della prima guerra mondiale, come drammatico punto d’arrivo dei nazionalismi; la politica fascista di umiliazione della dignità della comunità di lingua tedesca e ladina; l’esperienza drammatica degli optanti, dispersi in luoghi lontani dalla casa e dalla terra dove erano nati e cresciuti o spediti sui fronti di guerra e dei Dableiber che subirono la violenza nazista, soprattutto negli anni dell’Alpenvorland e la dimenticanza o il disprezzo a guerra conclusa; lo sbigottimento e il timore degli italiani negli anni dal 1943 al 1945, scopertisi improvvisamente stranieri in una terra che avevano creduto quella promessa; il periodo degli attentati dinamitardi; la nascita della prospettiva autonomista: queste sono solo alcune delle questioni non ancora divenute patrimonio comune, nel bene e nel male, distorte da una storiografia che nel dopoguerra è stata in parte influenzata da logiche partitiche e che talvolta ha subordinato la verità alle esigenze di un conflitto politico a sfondo etnico.

E’ necessario un profondo ripensamento sulla storia di questo secolo, che non abbia come scopo la condanna delle persone, ma la costruzione di un terreno comune sulla base del quale possano nascere e svilupparsi esperienze condivise e sentimenti comuni. In Sudtirolo ci si devono attendere tempi oscuri, se non si sarà capaci di riscuotersi e di mettere in atto un’iniziativa nuova e forte che abbia come obiettivi la ricerca e la divulgazione della storia contemporanea.

Manifestazione interetnica negli anni del terrorismo sutirolese.

Per questo è necessario che le forze oggi divise in mille rivoli finanziari e umani vengano unite, e si crei un luogo di riferimento, un Istituto di storia contemporanea presso l’Università di Bolzano o l’Accademia Europea, o creato da entrambe le istituzioni. Esso deve avere come caratteristiche l’indipendenza dal potere politico e l’interetnicità; deve essere connesso con la rete di musei storici e i loro laboratori di didattica storica, con gli archivi locali, gli istituti pedagogici delle tre lingue e con il laboratorio di storia della Sovrintendenza scolastica; deve avere come obiettivo la ricerca sui punti cruciali della storia sudtirolese, individuati e sentiti come tali da entrambi i gruppi linguistici; prevedere lo scambio con studiosi e ricercatori in analoghe situazioni da Aosta, Klagenfurt, Vienna, Trieste, e altri luoghi del mondo "di confine".

Ma non basta. La formazione dei docenti di storia dei tre gruppi linguistici deve essere unitaria e prevedere una preparazione su storia locale e nazionali italiana e austriaca e storia europea.

Infine si deve favorire una maggiore divulgazione dei materiali prodotti in collaborazione fra storici di lingua italiana e tedesca, sull’esempio della mostra sulle opzioni realizzata nel 1989, dove gli storici hanno elaborato insieme tutti i testi, incrociando opinioni e rivedendo pregiudizi.