Il mandato di arresto europeo
Dal 1° gennaio 2004 le procedure di estradizione saranno semplificate.
L’Europa non è solo la moneta unica, ma comincia ad essere una rete di rapporti giuridici che favorisce l’inevitabile sbocco politico. Ultima in ordine di tempo il 2 agosto 2002 è entrata in vigore la "decisione quadro" con cui il Consiglio dell’Unione ha istituito il mandato d’arresto europeo. E’ un passo notevole verso la costruzione di uno spazio giuridico comune. Ma altri passi dovranno essere compiuti. Di fatto il mandato d’arresto europeo non esiste ancora, e troverà applicazione a partire dal 1° gennaio 2004. Tuttavia l’accordo quadro firmato il 13 giugno 2002 n° 2002/584 può essere valutato positivamente.
Per la prima volta in Europa alle complesse e lunghe procedure di estradizione subentra un sistema di consegna, diretta e veloce, che va nella direzione del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie degli Stati membri.
Si può anche dire che l’Europa si mette al passo con la criminalità organizzata che da tempo è diventata transnazionale. Mentre i soggetti criminali attraversano liberamente i confini degli Stati europei, i provvedimenti a loro carico restano bloccati per mesi e anni dai confini nazionali. Una situazione paradossale cui la "decisone quadro" pone fine, eliminando tra l’altro ogni fase di valutazione discrezionale politico-amministrativa. L’estradizione prevede il passaggio attraverso il Ministro di giustizia; per il mandato di arresto invece vi è solo il controllo giudiziario.
La decisione quadro è composta di 35 articoli. L’art. 1 definisce cos’è il mandato d’arresto, e l’obbligo di darne esecuzione. L’art.2 stabilisce il campo di applicazione e specifica i reati per i quali il mandato è obbligatorio.
Fra i 33 reati sono compresi la corruzione, la frode, il riciclaggio e la truffa che avevano incontrato l’opposizione del governo Berlusconi.
Le ragioni dell’opposizione sono note: l’on. Berlusconi temeva di essere arrestato dal giudice spagnolo Garzòn. Quando gli fu spiegato che ciò era impossibile per l’immunità parlamentare, la primitiva opposizione fu lasciata cadere. Al momento dell’adozione formale dell’atto il Governo italiano mise tuttavia a verbale la seguente oscura dichiarazione: " Per dare esecuzione alla decisione quadro sul mandato di cattura europeo il Governo italiano dovrà avviare le procedure di diritto interno per rendere la decisione compatibile con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in materia di diritti fondamentali, e per avvicinare il suo sistema giudiziario e ordinamentale ai modelli europei". Il contenuto della dichiarazione è da un lato tautologico e dall’altro inutile: non si vede infatti quali adeguamenti costituzionali e giudiziari siano necessari per eseguire quella che è soltanto una procedura di estradizione semplificata.
Cosa accadrebbe se entro il termine perentorio del 31 dicembre 2003 l’Italia non adottasse le disposizioni necessarie per eseguire il mandato d’arresto? E’ del tutto pacifico che la dichiarazione non potrà assumere alcun valore derogatorio rispetto alla chiara lettera del testo normativo, né potrà valere a sottrarre il nostro Paese al rispetto del termine fissato per l’attuazione del mandato d’arresto. Se, nonostante ciò, l’Italia mantenesse un atteggiamento di disubbidienza, il nostro Paese assumerebbe una pesante responsabilità politica sul terreno intemazionale, rischiando di trovarsi sfornito degli strumenti giuridici necessari a cooperare sul terreno estradizionale con gli altri Stati europei, e potrebbe venir tradotto davanti alla Corte su iniziativa di un altro Stato che si avvalesse del paragrafo 7 dell’art. 35 del Trattato UE.
Il prossimo futuro ci dirà se il Governo Berlusconi ci risparmierà questa vergogna.