L’orologio del terrore
Il nostro sistema mediatico e giornalistico è una parodia dell’informazione. Le notizie vere, che magari fanno sobbalzare per la loro serietà, sono effìmere e relegate nelle pagine interne anche dei giornali più importanti. La TV semplicemente le tace.
In questi giorni ho scoperto per caso due notizie da brivido, che sono convinto siano sfuggite alla gran parte dell’opinione pubblica, che sa tutto sul macabro mistero di Cogne ma non sa nulla del futuro del mondo.
I fisici americani dal 1947 pubblicano una rivista di alto prestigio, il "Bullettin of the atomic scientists". Nel corso degli anni hanno immaginato un orologio virtuale, chiamato "Doomsday Clock", che misura la distanza temporale che ci separa da una possibile guerra atomica, distanza che fluttua col mutare delle circostanze.
Nell’ultimo numero della rivista il giudizio di questi scienziati americani, esperti e autorevoli, è che le lancette dell’orologio si sono pericolosamente avvicinate alla mezzanotte (punto zero della crisi) e mancano ormai solo 7 minuti al momento della apocalisse nucleare. Per dare un’idea dei parametri complessivi considerati, per esempio all’epoca della crisi dei missili a Cuba le lancette erano appena a 3 minuti dall’ora X. Nel 1991 invece le lancette si erano allontanate di 17 minuti, quando gli Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica avevano firmato il trattato START per la riduzione degli armamenti strategici. Successivamente, secondo i calcoli degli scienziati, le lancette sono nuovamente avanzate verso il punto di crisi di 3 minuti quando gli USA hanno disdetto unilateralmente il trattato ABM che regola il sistema di difesa antimissile, e di altri 5 minuti nel 1998, quando India e Pakistan effettuarono pubblicamente i loro esperimenti atomici. Ora, all’inizio del 2002, le lancette sono avanzate di altri 2 minuti per cause imputabili, secondo la rivista, alla politica estera americana.
Quando l’articolo del "Bullettin" venne pubblicato, gli scienziati che lo dirigono non erano ancora a conoscenza della rivelazione fatta qualche giorno fa dal "Los Angeles Times", che ha pubblicato il segretissimo rapporto NPR (Nuclear Posture Review) del Pentagono che annulla il tabù del "primo impiego" e autorizza l’uso preventivo di testate atomiche contro obbiettivi militari di nazioni che indica per nome: Russia, Cina, Libia, Siria, Iran, Irak e Corea del Nord.
La notizia è di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia, mentre il terrore corre lungo il filo della schiena. Per 50 anni la guerra fredda si è basata sull’assioma, rispettato dalle due super-potenze, di non usare per primi la bomba: "Se voi colpite noi, noi colpiremo voi". E’ stata definita la strategia della deterrenza, o rappresaglia del secondo colpo, e ha funzionato. Ora tutto questo va in fumo. Non si tratta purtroppo di una bufala.
II portavoce del Pentagono ha confermato il cambiamento di 180 gradi della strategia atomica degli Stati Uniti dicendo di "non poterlo commentare, essendo un piano segreto".
Segreto, ma vero. Nel documento è scritto fra l’altro che "un impiego di testate nucleari a bassa potenza è ipotizzabile nel conflitto arabo israeliano". Inaudito! Se dunque il reciproco massacro non si ferma e sfugge completamente di mano, una bomba atomica potrebbe "pacificare" per sempre la regione! Sembra di sentire la paranoia di Stranamore.
Il prof. William Arkin, docente alla Johns Hopkins University e alla Accademia della US Force, ha definito la nuova strategia atomica americana e il rapporto segreto "miopia da pànico". In effetti si ha l’impressione che 6 mesi dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre le scelte di Bush siano dettate da confusione e paura.
Quanti minuti o secondi mancano ora alla mezzanotte nucleare sull’orologio dei fisici americani? Riusciremo a fermare le lancette? La speranza resiste, ma assomiglia sempre più a un’illusione dopo le parole pronunciate da Bush l’11 marzo scorso in occasione del solenne ricordo della strage dell’11 settembre. Il Presidente americano come ricetta contro il terrorismo ha promesso "guerra, guerra senza fine, guerra ovunque, guerra contro chiunque". Anche con l’atomica.