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Giustizia è fatta?

Immigrati? Vabbè, purché bianchi e cristiani. Ma a volte - come si è visto con la "retata delle badanti", non basta...

Per qualcuno l’indispensabilità del lavoro degli immigrati è stato un rospo ripugnante da ingoiare, ma infine anche i più coriacei si sono rassegnati all’evidenza. Ora la nuova linea del Piave, quasi altrettanto illusoria, consiste nel voler scegliere etnia e religione di questi lavoratori: una linea di condotta poco cristianamente inaugurata tempo fa dall’arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi e recentemente ripresa dal ministro Roberto Maroni, una cui circolare prescrive che "l’ingresso in Italia in qualità di lavoratori stagionali sia limitato a lavoratori di Paesi candidati ad entrare nell’Unione europea: Cechia, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Estonia"; il che, assieme al numero di permessi di ingresso insufficiente alle necessità, ha suscitato le preoccupate, argomentate reazioni delle associazioni agricole (vedi in proposito, in questo numero del giornale, l’intervento della Confagricoltori trentina Immigrazione: le assurdità del “decreto Maroni”).

Ma se da un leghista certe idee te le aspetti, sorprende invece che dello stesso avviso sia l’arcivescovo di Trento. Secondo quanto riferisce l’Alto Adige del 19 marzo, durante un incontro dell’Associazione Artigiani al quale Bressan era presente, un associato "ha preso la parola per dire che è contento di un islamico che lavora per lui, ma che è ‘spaventato dalla sua convinzione religiosa’".

Al che l’arcivescovo ha risposto che "fra due persone straniere che si offrono di lavorare occorrerà tenere presenti i problemi di integrazione legati alla religione e alla cultura. ‘Meglio un polacco’ - ha detto senza mezzi termini l’arcivescovo, consigliando agli artigiani che non vogliano crearsi problemi, di preferire lavoratori di religione cattolica e di cultura occidentale, piuttosto che persone islamiche".

E per supportare il suo pensiero ha fatto l’esempio personale di un giardiniere islamico che lavorava per lui quand’era nunzio apostolico in Pakistan e che, avendo ottenuto il permesso di recitare le sue preghiere alle ore canoniche, dedicava a questa attività un tempo eccessivo, e poi non accettava di essere diretto da una suora, "perché loro non prendono ordini dalle donne". Conclusione: "Non è che l’abbiamo licenziato, ma gli abbiamo costruito ponti d’oro perché andasse altrove".

Una presa di posizione che ci sembra poco consona ad un "pastore".

E’ ovvio - ci mancherebbe altro! - che un imprenditore privilegi l’assunzione di dipendenti che - per ragioni culturali - saranno presumibilmente meno problematici. Ma ci suona stonato che un uomo di Chiesa santifichi un’esclusione su basi etnico-religiose, senza alcuna attenzione per il singolo individuo, per la persona e le sue necessità, invitando esplicitamente a garantire, con un lavoro, maggiore integrazione a chi (gli immigrati occidentali e cristiani) meno soffrono le "diversità" che sono costretti a vivere stando in Italia, e ad aggravare di converso il disagio già pesante degli altri; anche perché il molto generico discorsetto di Bressan non fa alcuna distinzione fra stranieri da far venire in Italia e immigrati già presenti sul nostro territorio.

Un solo aspetto positivo vediamo in questa presa di posizione: per lo meno gli toglierà di dosso quell’etichetta di "comunista" frettolosamente affibbiatagli da qualche forsennato.

Ma anche per chi è bianco e cristiano, non sempre sono rose e fiori. Dell’incredibile retata delle venti "badanti" ucraine, avvenuta nell’imminenza di una sanatoria, la sola spiegazione logica che riusciamo a darci è quella avanzata dal presidente di Consolida, che ci vede un cinico "tentativo di ridurre il più possibile il numero di richieste di autorizzazione una volta applicata la sanatoria"; anche perché l’episodio non è un caso isolato, ma si collega ad altri analoghi avvenuti qua e là per l’Italia.

Non vogliamo qui prendercela con le forze dell’ordine, che probabilmente hanno obbedito ad ordini superiori; va comunque rilevata la pochezza e l’assurdità delle loro spiegazioni, la più concreta delle quali è così esposta dal questore Nicola Alfino: "C’è in corso un’indagine importante: vogliamo individuare chi lucra su queste donne"; il che sarà anche vero, ma certo non giustifica l’operazione. Tutt’altro: quando si è voluto contrastare il mercato della prostituzione, si è al contrario promessa la regolarizzazione a quelle prostitute che avessero collaborato denunciando i propri sfruttatori.

Pressoché unanime, del resto la deplorazione, anche da parte di "insospettabili" quali Sergio Divina e Maurizio Perego. Due le eccezioni: l’ex moderato di AN Marco Zenatti e il forzista Giorgio Manuali, che "si scaglia contro quello che definisce un ‘falso pietismo’".

Da citare infine la bizzarra dichiarazione di Attilio Ingrassia, capufficio di gabinetto della Questura, che si dice "meravigliato dello scalpore venato di disappunto (dica pure indignazione!, n.d.r.) che ha suscitato la notizia della retata".

In margine, la grave denuncia di Vincenzo Passerini: "Inerzia e ritardi della Questura di Trento hanno fatto sì che l’anno scorso venisse accolta solo una sessantina delle 600 domande di regolarizzazione delle colf straniere"

La Questura, naturalmente, smentisce. (Sulle inerzie della Questura in tema di immigrazione, vedi Uova di dinosauro e uffici del Mesozoico)