Moni Ovadia e il crepuscolo delle madri
"Mame, mamele, mama, mamma, mamà" affascinante ed esilarante affabulazione sulla figura materna.
Bellissimo lo spettacolo visto allo Zandonai di Rovereto domenica 24 marzo scorso: in scena Moni Ovadia e la sua Theaterorchestra. Fin dalla scenografia di teli di iuta strappati alla maniera di Burri, e sistemati come virtuali quinte ad indicare pareti ed orientare possibili traiettorie, l’evocazione era assicurata.
Il witz (lo spirito) dell’umorismo ebraico tesseva e disfaceva le tele dei testi, tratti sia da capolavori letterari (come la Recherche di Proust o Kaddish di Ginsberg, ma anche dal repertorio della tradizione yiddish), nei quali centrale era la riflessione sulla figura materna, sulla quale si ironizzava fino a decretarne il crepuscolo. Questo sapiente ordito si fondava su un’affabulazione domestica e minimale in cui la scelta espressiva del musical ne restituiva appieno l’anima; ma anche, in contrapposizione, l’affabulazione diventava divinatoria e si affidava a momenti più lirici.
Le diverse figure di madri evocate indicavano molteplici percorsi di senso, non solo in ragione dei tanti suoni linguistici che si udivano- spagnolo, italiano, yiddish, bulgaro, francese, inglese, tedesco, greco, ebraico- e attraverso i quali venivano tratteggiate, ma soprattutto per l’intreccio insolubile di sensi di colpa e complesso di Edipo a cui, in particolare modo, si legava la figura della yiddishe mame. L’orchestra e il suo direttore-capocomico, Moni Ovadia, sembravano invece compiere un rito liberatorio e dissacrante, per la vis surreale dei veloci movimenti di scena, per le esilaranti battute intercalate da intermezzi musicali.
Malgrado l’apparente mancanza di unità, lo spettacolo risultava straordinariamente compatto, grazie ad un vero artifex, come Moni Ovadia, in grado di dar alito e spessore di vita ai testi scritti, altrimenti materiali inerti; per questo si aveva la sensazione di assistere al miracolo di una nascita quello della creazione artistica.