Automobili: belle da morire
Stampa specializzata: al servizio di sua maestà l’inserzionista. Da Il Cronista, settimanale online.
Secondo Chalmers Johnson ("Gli ultimi giorni dell’impero americano", 2001) l’odierna domanda mondiale di automobili è di 50 milioni di veicoli, a fronte di una capacità produttiva di 70 milioni. E, aggiungiamo noi, di una produzione in eccesso di circa 10 milioni di veicoli.
Compito della stampa specializzata dovrebbe essere quello di sviluppare analisi autonome e iniziative critiche sul proprio settore di competenza. Un dovere che i giornalisti che si occupano di auto disattendono. Al contrario, accettano come ineluttabile lo sviluppo infinito del trasporto privato su gomma, un settore non soltanto ai limiti del collasso, ma responsabile della cattiva qualità della vita di tutti. Dunque una stampa utile esclusivamente agli inserzionisti pubblicitari cui è asservita.
Si può invertire la rotta, avviandosi verso un giornalismo responsabile? Stimolo la fantasia degli esperti con alcune semplici constatazioni.
1. Ci sono troppi veicoli. 501 milioni nel mondo; 37 milioni in Italia, che ha il record di densità: oltre 80 veicoli per chilometro di strada, contro, per esempio, i 42,6 degli Stati Uniti o i 35,6 della Spa-gna. Nelle città, la velocità di crociera di un’auto è quella di una bicicletta. Per quanto riguarda i camion, il Ministero dei Trasporti ha di recente ammonito: nel 2015 saremo alla paralisi totale, perché il traffico merci sarà il 120% dell’attuale.
2. Eppure si fabbricano sempre più veicoli. Ogni anno, nel mondo, se ne producono 10 milioni in eccesso. E la capacità produttiva, secondo l’Economist Intelligence Unit (un istituto di ricerca inglese), non fa che aumentare. La nuova Golf, per esempio, è prodotta in 23 ore, 7 ore in meno rispetto al precedente modello. E accanto ai vecchi opifici, vieppiù imbottiti di robot e sfoltiti di umani, se ne costruiscono di nuovi, soprattutto nel Terzo Mondo, dove i robot sono serviti da umani pagati un tozzo di pane.
3. Insieme ai tempi di produzione dell’auto, si accorciano anche i costi. Ma i prezzi non scendono in proporzione (mentre, secondo uno studio a suo tempo condotto da un ricercatore delle assicurazioni Ras, salgono quelli dei pezzi di ricambio), perché vengono gonfiati dagli oneri accessori, soprattutto dalle spese pubblicitarie.
Dal punto di vista sociale, poi, il prezzo di vendita va maggiorato dei "contributi alla rottamazione" a carico dello Stato. In pratica, lo sconto praticato all’acquirente viene compensato da una tassa a carico di tutti, compresi coloro che non comprano alcuna auto.
4. Per continuare a vendere quantità spropositate di vetture (in un mercato già saturo) i fabbricanti spendono somme crescenti in pubblicità. La pubblicità più redditizia è l’indiretta. Quella, cioè, che fa scrivere ai giornalisti specializzati che le auto lanciate sul mercato sono perfette, economiche, durature e, soprattutto, veloci. I pregi vengono enfatizzati, anche ricorrendo all’astuta tecnica di contrapporgli qualche raro e marginale difetto che, appunto perché irrisorio, finisce con l’enfatizzarli.
5. Le automobili sono la prima causa d’inquinamento ambientale (ma anche acustico e paesaggistico) delle città. L’aria è irrespirabile al punto che i responsabili della salute pubblica, per aggirare le leggi antinquinamento, che fissano limiti massimi alla concentrazione di gas nocivi nell’aria, non trovano di meglio che elevare continuamente queste soglie di tolleranza.
Le alternative all’asfissia generale, esistono: motori elettrici, a idrogeno e, soprattutto, treni e metropolitane. Ma se ne parla come qualcosa di futuribile, utopia che condanna alla barbarie attuale.
6. Benché in tutta Italia non esista un solo metro di strada su cui sia lecito superare i 130 chilometri orari (in autostrada), i 90 (sulle strade extraurbane) e i 70 o i 50 (nei centri abitati e nelle periferie), fra gli elementi chiave per descrivere la qualità di una vettura c’è la velocità massima, che mediamente supera i 200 chilometri orari. Anzi, alcuni spot televisivi puntano soprattutto su questo elemento, implicitamente e subdolamente inducendo gli automobilisti a comportarsi come piloti di formula uno e a scegliere l’auto che, essendo molto veloce, fa risparmiare tempo.
7. All’incoscienza con cui si stimolano gli automobilisti a comprare auto sempre più veloci si aggiunge la campagna, altrettanto subdola e con maggiori connotazioni criminali, per svilire il prezzo di morti e feriti pagati all’inciviltà dell’auto.
Innanzitutto si bara sul numero delle vittime: statisticamente, si calcolano solo i decessi che avvengono entro una settimana dall’incidente. Quindi il totale ufficiale dei caduti annui va aumentato di almeno un 25%. E poi si attribuiscono gli incidenti alla fatalità o alla distrazione di chi guida.
Ma dove sta scritto che, per spostarsi, è necessario rischiare la vita al volante?