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Il verde in città

Il “Piano ambientale” di Innsbruck: una burletta.

Per non essere frainteso, incomincio col dire che per me, consigliere comunale del partito verde, la città è la forma di insediamento umano piú ecologica (e piú economica, ovviamente) e piú democratica. E lasciamo perdere i romanticismi tipo "piccolo é bello" (della "idiozia della vita nei paesi rurali" giá ci parlò Friedrich Engels, e non aveva tutti i torti.)

Nel Tirolo, ad esempio, un magro 13 per cento del territorio è adeguato all’insediamento umano (compresi l’agricoltura, l’industria, il traffico). La villetta con giardino, in paese - e magari anche con pannello solare - non è che un’enorme spreco di risorse e di territorio, la densità urbana, invece, è la precondizione per il sopravivere della natura, e dello spazio libero per i cittadini. Se parliamo di costi, bene, sapete quanto costa lo smaltimento dei rifiuti o delle acque di scarico (per non parlare dei costi ambientali, esteriorizzati, del traffico) in un paese con delle casette sparse? E lo paga il contribuente, mica quelli che godono della privacy della villetta, tanto per parlare anche di democrazia. La quale democrazia, poi, è nata nelle città dell’Europa, tanto che - come ha sottolineato l’urbanista Bogdanovic - "urbano", in quasi tutte le lingue europee, ha un valore semantico molto vicino ai concetti di "civiltá", "democrazia", "educazione", ed anche "solidarietà". Insomma, noi verdi urbani siamo afflitti da "amore per la cittá", per usare la felice espressione di Le Geoff. E a volte, si sa, l’amore confina con altri sentimenti forti, perfino con l’odio. Ma dove non ci sono più contraddizioni, non c’è piú vita...)

Tuttavia, a Manhattan c’è anche il Central Park: anche la città, per essere vivibile, ha bisogno di verde pubblico, di spazi naturali, perfino "selvaggi", di catene di isole naturali che colleghino i quartieri urbani con la natura in periferia. L’ecologia urbana è un complesso sistema che va rispettato e conservato, il precario equilibrio fra densità urbana e spazi liberi, fra tecnologia e natura, fra l’artificialità industrializzata e il substrato naturale, va custodito quanto l’equilibrio fra libertà ed autonomia del cittadino e la solidarietà della società urbana tutta.

Detto questo, parliamo del "piano ambientale" della città di Innsbruck, cioé di un fantasma. Un fantasma apparso prima delle elezioni del 2000. Un bel libretto con copertina verde che comprende i risultati del lavoro (nemmeno pagato) di decine di esperti, tecnici, volontari dell’associazionismo. Dentro c’è tutto quello che si potrebbe fare in materia di ecologia urbana: dalla conservazione di isole ecologiche alla riduzione del traffico automobilistico.

Peccato che di tutto questo non importi un bel nulla a nessuno .

Il Piano lo ha fatto compilare e pubblicare il vicesindaco democristiano, che è anche l’assessore all’ecologia. Almeno in teoria, perché praticamente, in quanto assessore all’ecologia, le sue competenze, in seno all’amministrazione comunale sono quasi nulle.

Prima delle elezioni, ha convocato conferenze stampa a catena, per presentare il suo opus magnum. Poi?

Il nulla di fatto, e non solo perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Il famoso Piano, anziché ad un vero piano, assomiglia ad una lettera alla Befana, tutta basata su speranze e auspici. In più di cento pagine, non si trova una singola azione, uno scopo quantificabile, tipo: riduzione della produzione di CO2 dell’X per cento, cambiamento del modal split nel traffico di Y per cento, preservazione di Z metri quadri di aree ecologicamente cruciali...).

Ma soprattutto, il bel Piano non ha alcun valore legale. Non è stato votato nemmeno dal Consiglio comunale. Cosicché un’area di alto valore ecologico (secondo il "Piano ambientale") è diventata, nel nuovo piano regolatore. "zona di ristrutturazione edilizia di prima priorità". Quando il disegno del piano regolatore, prima di essere pubblicato, veniva discusso (per modo di dire) nei vari dipartimenti dell’amministrazione, i quattro gatti adetti all’ecologia, sotto la direzione del nostro vice-sindaco, si dimenticarono, ahinoi, di presentare i necessari emendamenti del piano.

Quando poi (nell’autunno del 2001) in un’altra zona di alto valore ecologico (sempre secondo il Piano) un’agenzia edilizia ottenne la licenza per costruirvi un centro di uffici, il sindaco, interpellato dai verdi, ebbe modo di spiegare che, in fin dei conti, il "Piano ambientale" non contava un fico secco, era giuridicamente inesistente, cosicché il dipartimento per l’edilizia, se rifiutava la licenza, era colpevole di "omissione di atti di ufficio".

Il vicesindaco, tanto per non farsi dare del cretino da parte del sindaco, si affrettò a spiegare che sì, l’area aveva un po’ di valore ecologico, però, dovendo scegliere fra la conservazione ed i bisogni degli uomini (di spazi per uffici, tanto per essere chiari), bisognava preferire il cemento a qualche lumaca o centipede, visto che di lumache ne abbiamo quanto basta ed avanza. Per un assessore all’ecologia, non c’è male.

Questo discorso, in realtà, una sua validità potrebbe anche averla: è pacifico che una città, se vuole svilupparsi, non può tutelare ogni singolo albero o cespuglio (è senz’altro meglio, oltretutto, tutelare i boschi che gli singoli alberi in città. Certo,bisogna ponderare e decidere se dare la precedenza ai bisogni dello sviluppo urbano oppure al catasto di bellezze naturali compilato da qualche biologo. D’accordo: ma a condizione che discussione e decisione ci siano effettivamente state. Ma qui, nessuno ha discusso niente, nessun Consiglio ha deciso niente. La soppressione di una zona di alto valore ecologico è semplicemente accaduta.

Csì, il nostro ha presentato alla giunta, qualche giorno prima di natale, un "Piano d’azione per la realizzazzione del piano ambientale". A questo punto, la tragedia diventa farsa. Azione n. 1, nel piano settoriale del dipartimento infrastrutturale (di cui fa parte anche l’ecologia): "2002: Definizione di misure concrete". A due anni della pubblicazione del Piano. E chi ha detto che "lento è bello"?

Scopi quantificabili, misurabili, controllabili? Un cavolo. E nessuna traccia di "management ecologico" (secondo la direttiva europea "EMAS", che esiste sin dal 1993 ed è gia quasi lo standard per ogni impresa che si rispetti).

Di votare questo "Piano d’azione", perfino la giunta si è vergognata, ed ha trasmesso gli atti alla commissione ambientale del Consiglio, dove forse qualcuno, magari il solito rompiballe verde, troverà il coraggio di emendare questo Piano con delle misure concrete.

E pazienza. "We have all the time in the world" - cantava Louis Armstrong per James Bond. Prima di avere un piano ambientale degno di questo nome, affrettiamoci e cementifichiamo democristianamente e costruiamo nuove autostrade cittadine invece di espandere il sistema del traffico pubblico.

Amen.