Impianti in rosso
Il caso Rosalpina e le sofferenze economiche delle società impiantistiche nel Trentino.
E’ di 17 miliardi il deficit della società di impianti di risalita Rosalpina, la società che voleva attraversare con devastanti impianti sciistici l’area di Riserva Integrale dei laghi di Colbricon.
Oltre la decina i miliardi di sofferenze di altre società: Buffaure S.p.A, Catinaccio, Pinzolo. Altri miliardi in realtà minori, come Panarotta, Broccon, La Polsa, Mendola.
Sono deficit accumulati nonostante le società abbiano da sempre attinto a cospicui contributi provinciali e nonostante le amministrazioni comunali abbiano riversato centinaia di milioni nelle casse delle società. E si tratta di soldi tolti a servizi essenziali delle nostre vallate di periferia, soldi versati da tutti i contribuenti e che sono stati gestiti, come si vede, in modo pessimo, per interessi squisitamente privati.
Sono deficit accumulati da società che si sono impadronite del territorio demaniale pubblico, boschi e pascoli d’alta quota, e che hanno imposto a deboli amministratori provinciali progetti scellerati anche dal punto di vista ambientale e della sicurezza: si pensi alle vicende legate a Val Jumela, Passo Rolle, Pinzolo, Val della Mite.
Sono queste società e la politica che le ha sostenute che hanno costruito nelle nostre vallate una cultura terrificante quanto banale: turismo è sinonimo di industria dello sci, sviluppo è sinonimo di cementificazione. Altri obiettivi - formazione scolastica, qualità della vita, socialità, qualità del paesaggio - sono temi utili alla retorica delle campagne elettorali e che vengono poi subito accantonati.
La sinistra trentina, anche quella che ancora si definisce ambientalista, si è adeguata a questi schemi ed è riuscita a far passare in provincia una variante al Piano Urbanistico che umilia non solo la sensibilità degli ambientalisti, ma anche valori importanti quali la sicurezza, il rispetto di regole e i più banali riferimenti economici. Se i nostri amministratori provinciali avessero avuto l’accortezza di leggere nel dettaglio le varie osservazioni presentate dall’associazionismo ambientalista contro determinati progetti sciistici, si sarebbero accorti della presenza di una forte insistenza sulla insostenibilità economica e sociale di tante proposte. Ma questa attenzione non c’è stata ed oggi la pesante realtà economica delle società impiantistiche francesi e svizzere, che CIPRA aveva descritto nel convegno dello scorso anno tenutosi a Trento, sta venendo alla luce anche nella nostra realtà. Con il passare del tempo cadono le maschere e tutti dobbiamo prendere atto delle amare cifre di questi bilanci.
Quanto accade in Primiero è emblematico e può costruire la cornice di altre vicende, Val Jumela e Pinzolo ad esempio.
La società Rosalpina da anni versa in sofferenza economica nonostante le forzature ottenute nel Piano Parco: ristrutturazione e potenziamento di tutti gli impianti, violazione di aree ad alto pregio naturalistico, innevamento artificiale diffuso ovunque, contributi pubblici di Provincia e Comune a sostegno degli interventi, tutti. Non contenti di quanto ottenuto, nell’estate abbiamo assistito alla violenta forzatura contro il Piano Parco: il presidente del parco e sindaco di Siror impone al Comitato di gestione la votazione di una mozione che chiede alla Provincia l’inserimento nella variante al PUP del collegamento sciistico San Martino di Castrozza- Passo Rolle attraverso l’area di Riserva Integrale dei Laghi di Colbricon.
Lo scontro nel Parco è stato serrato: alcuni assessori (Canal San Bovo) hanno preso le distanze da simili argomenti, mentre altri si sono supinamente adeguati al volere degli impiantisti che trovavano, come sempre accaduto, anche la stretta e convinta alleanza dell’associazione dei cacciatori.
La mozione passava e, come era ovvio attendersi ,la risposta dell’associazionismo ambientalista è stata immediata e decisa: una manifestazione ed un dibattito pubblico in una sala gremita di cittadini del Primiero sono stati sufficienti ad imporre una prima decisa retromarcia ad ogni intento speculativo.
A questo punto crolla tutto. La società Rosalpina aveva chiesto agli albergatori di San Martino un rifinanziamento della società valutato in 400.000 lire a posto letto, 200.000 lire per quelli del Primiero: si dovevano raccogliere in tempi brevissimi, ottobre, più di cinque miliardi. La risposta dei privati è stata appena sussurrata: circa cinquecento milioni. L’arrogante agire della società impiantistica e dei suoi dirigenti ha creato un clima di diffidenza e di ostilità negli operatori turistici della zona.
A tutti è stato chiaro come il nuovo collegamento doveva servire a ricostruire un clima di fiducia attorno alla società, a mascherare con ulteriori sostanziosi contributi provinciali e dei comuni l’ormai impossibile sostenibilità del bilancio economico, a costruire una sopravvivenza dilatata nel tempo (altri tre-quattro anni), non certo a risolvere i veri problemi del turismo del Primiero e di passo Rolle. La forzatura, l’arroganza contro il parco e il linguaggio quasi intimidatorio usato nei mesi di luglio e agosto nel Primiero contro gli oppositori del progetto si è rivelata un boomerang.
Davanti ad un simile fallimento è ora e tempo che gli amministratori della valle ripensino il loro sviluppo. L’industria dello sci è importante, nessuno lo ha mai negato, ma il territorio vive una forte marginalità, i servizi essenziali alla popolazione (sanità, assistenza, formazione scolastica, lavoro) sono inadeguati , vi sono problemi di mobilità e viabilità che da anni attendono una soluzione, vi sono problemi occupazionali, oltre cento residenti giornalmente si recano ad Agordo a lavorare presso la Luxottica e non c’è in valle possibilità occupazionale di qualità. Ma ci sono anche situazioni di forza: un parco che può offrire risposte di alto livello qualitativo al turismo, all’occupazione e alla formazione, c’è lo spazio per reinvestire nell’agricoltura e nella cura del paesaggio, nell’ambito boschivo sempre più trascurato.
Ora in Primiero si sta discutendo dell’avvio di un’Agenda 21. E’ questo lo strumento base per costruire un progetto di sviluppo condiviso e ambientalmente sostenibile. Speriamo non si ricada nei limiti presenti nei patti territoriali (risposte alle sole esigenze dei poteri forti) o in quelli riscontrati nell’avvio dell’Agenda 21 della valle di Fiemme.
Lo ripetiamo: lo strumento base di un’Agenda 21 è la costruzione di uno sviluppo di un’area che porti benefici a tutti i settori della popolazione; il progetto non riguarda solo i grandi gruppi, ma comprende la lettura e la soluzione dei problemi sociali, il percorso deve essere partecipato e condiviso non solo dall’associazionismo e dalle forze sociali, ma anche dai singoli cittadini.
Per la nostra Giunta provinciale questo può anche essere il terreno di recupero di un diffuso e ormai radicato malessere seminato dalla sudditanza della sinistra trentina alla cultura clientelare finora constatata in questi tre anni di amministrazione.