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QT n. 20, 24 novembre 2001 Servizi

Non per soldi, ma per democrazia

Contratto dei metalmeccanici: poche migliaia di lire non spiegano la straordinaria mobilitazione della categoria. Dietro c’è dell’altro...

Quanti? Duecento, duecentotrenta, forse duecentocinquantamila. Il 16 novembre scorso, a Roma, con tre cortei che hanno attraversato la città, per poi convergere su piazza San Giovanni, i metalmeccanici della Fiom-Cgil hanno voluto dire la loro sul contratto firmato quattro mesi fa, il 3 luglio, da Fim-Cisl e Uilm, le altre due organizzazioni metalmeccaniche del sindacato confederale.

Forse così tanti non se li aspettava proprio nessuno, nemmeno la stessa Fiom, che pure questa giornata di sciopero l’ha voluta e preparata con tutte le sue forze. In ogni caso, è evidente che si è di fronte a qualcosa di nuovo nella storia del sindacato e delle relazioni sindacali in Italia. Non solo perché non accadeva da qualche decennio che la Fiom andasse allo sciopero e alla mobilitazione da sola, non solo perché è uno sciopero e una mobilitazione per annullare un accordo contrattuale firmato dagli altri due sindacati metalmeccanici confederali, ma per i problemi che pone nel merito, primo fra tutti quello del chi decide e a nome di chi.

Il fatto che Fim e Uilm rifiutino di sottoporre al voto dei lavoratori il contratto che hanno firmato a loro nome pone infatti un problema ineludibile di democrazia. Un problema vecchio, in verità, che in passato la stessa Cgil, ha fatto finta di non vedere.

"Per un contratto senza imbrogli, che non significa qualche lira in più, ma il rispetto dei diritti fondamentali" - ha scritto qualche giorno fa Gabriele Polo, studioso di problemi del lavoro. Già, senza imbrogli.

Come si sa, dopo gli accordi del 23 luglio 1993, al Contratto Nazionale fu affidata la funzione di tutelare il potere d’acquisto dei salari, mentre molto altro fu affidato alle trattative aziendali. Fortemente contestati allora, perché molti operai, ma anche settori del sindacato, ci videro un indebolimento della forza contrattuale, quegli accordi sono oggi le regole di riferimento per le trattative sindacali. Dunque, proprio perché, in base a quegli accordi, la difesa del potere d’acquisto dei salari è una sorta di unica trincea, Fiom, Fim e Uilm nel gennaio scorso concordavano una piattaforma unitaria da presentare alla Federmeccanica che sul piano salariale prevedeva un aumento medio di 135.000 lire lorde. Di queste, 120.000 lire erano calcolate come recupero sull’inflazione degli anni 1999 e 2000 e un’altra parte come recupero per la perdita del potere d’acquisto calcolato sull’inflazione programmata nel biennio 2001-2002. Le altre 15.000 lire medie venivano invece calcolate sull’andamento del settore produttivo a cui si sarebbe poi applicato il contratto. Anche gli operai, tutti gli operai metalmeccanici iscritti a Fiom, Fim e Uilm e non iscritti, chiamati nello stesso mese di gennaio a pronunciarsi fabbrica per fabbrica, furono d’accordo a maggioranza con questa piattaforma.

Passano i mesi e la trattativa si complica: Federmeccanica vuole chiudere al ribasso, stravolge la piattaforma confederale, toglie di mezzo le 15.000 lire legate all’andamento di settore e cala la sua proposta. Offre 130.000 lire così articolate : 112.000 lire di recupero dell’inflazione (un recupero parziale, perciò rispetto alle 120.000 della piattaforma confederale) e 18.000 lire come anticipo per sei mesi del futuro contratto.

E’ qui che la Fiom punta i piedi e parla di "imbroglio inaccettabile". Quelle 18.000 lire anticipate adesso, sostiene la Fiom, impediranno nella prossima tornata contrattuale il recupero pieno (un biennio) dell’inflazione, poiché la trattativa potrà riguardare solo 18 mesi e non 24.

Federmeccanica insiste e il 3 luglio conclude l’accordo con la firma di solo due dei sindacati confederali metalmeccanici. La Fim e la Uilm infatti accettano l’ aumento di 112.000 lire lorde per il biennio 2001-2002, 15.000 lire meno di quanto la piattaforma comune prevedesse. La Fiom non firma e chiede che sulla scelta di Fim e Uilm di firmare quell’accordo si pronuncino i lavoratori. Ma Fim e Uilm non ne vogliono sapere e la Fiom fa partire una immediata raccolta di firme in tutte le fabbriche metalmeccaniche con lo scopo dichiarato di dimostrare che la scelta di Fim e Uilm non trova il consenso nemmeno degli stessi iscritti a alle due organizzazioni firmatarie.

In poche settimane le firme raccolte sono 351.000 e vengono consegnate al ministro del Welfare Maroni alla vigilia dello sciopero proclamato dalla Fiom, perché il contratto concluso in luglio da Fim e Uilm con Federmeccanica sia sottoposto al voto dei lavoratori. In Trentino le firme raccolte sono state 3.500 e se si pensa che gli iscritti alla Fiom sono circa 3.200, si capisce come, anche nella nostra provincia, a volere la consultazione degli operai siano aree più vaste della stessa Fiom.

Ma se i 250.000 metalmeccanici che hanno manifestato a Roma (dal Trentino sono partiti alcuni pulmann) sono il segnale di qualcosa di nuovo, ancora di più dicono i dati dello sciopero. In alcune realtà di Torino, Brescia, Padova, Vicenza, Mantova si sono raggiunte punte del 90-100% di astensioni, mentre la media nazionale si è attestata sul 70-75%.

Da noi in Trentino ha scioperato il 70%. Questi numeri dicono chiaramente che il problema non sono le poche lire di un contratto. Quelle alcune migliaia di lire non possono spiegare una simile mobilitazione. Probabilmente è un no a chi si vuole arrogare il diritto di rappresentarli, è un modo di porre all’ordine del giorno la questione della democrazia nei luoghi di lavoro.

E’ accettabile che un sindacato faccia decidere i propri iscritti su materie che riguardano tutti i lavoratori?

"Nelle assemblee che abbiamo fatto nelle fabbriche - dice Sandro Straolzini della segreteria provinciale della Fiom-Cgil del Trentino - più di un intervento ha negato al sindacato il diritto di decidere in materia contrattuale, rivendicando per sé questo diritto. E’ posto un problema di democrazia, non c’è dubbio. Ma come possono Fim e Uilm pretendere che siano valide per un milione e mezzo di metalmeccanici le decisioni dei loro 150.000 iscritti ? Che dovremmo dire noi che abbiamo raccolto 350.000 firme per rivendicare il diritto dei lavoratori a pronunciarsi?".

Tra l’altro Straolzini ci ricorda come sia da qualche anno ferma in Parlamento la legge sulla rappresentanza - ahi centro-sinistra ! - che avrebbe dovuto risolvere il problema prevedendo per legge, appunto, che su alcune materie solo i lavoratori abbiano il diritto di decidere. "Senza questo - ci dice ancora Straolzini - ogni sindacato che firma contratti si trova a rappresentare tutti. Che ne succede dei diritti dei lavoratori ? ".

Un problema pienamente politico, come si può capire.

Ma c’è un altro aspetto che merita di essere almeno segnalato. Sia i numeri di Piazza San Giovanni, sia i numeri delle firme della Fiom, ma soprattutto i numeri dell’adesione allo sciopero indicano che tanti lavoratori interinali, quelli che provengono dalle agenzie, lavoratori usa e getta, precari di ogni specie che negli ultimi anni sembravano rigettare l’idea stessa di sindacato e di battaglia collettiva per la tutela dei diritti sui luoghi di lavoro, stanno modificando comportamenti e punti di vista. I bisogni individuali cominciano ad apparire risolvibili solo in una dimensione collettiva : questo sembrano dire i molti giovani precari che venerdì 16 novembre erano a Roma insieme ai vecchi.

D’altra parte, chi per anni lavora da precario, quando incomincia a porsi il problema di metter su casa e scopre che finché non avrà un lavoro stabile nessuna agenzia finanziaria gli darà la copertura per comprarsi quattro sedie e un tavolo a rate, che fa ? Non si sbriciola qui la demagogia di chi chiama aumento dell’occupazione il moltiplicarsi del lavoro precario? Ecco un altro terreno di battaglia che si comincia a delineare per i lavoratori e per chi fa sindacato.

E la dimensione è consistente, se si pensa che nel 2000 il 52% dei contratti interinali ha riguardato il settore metalmeccanico. Non è anche questa una ragione in più per andare allo sciopero generale di tutti i lavoratori come chiede la Fiom?

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