Può uno “spergiuro” essere primo ministro?
Anche quando non si parlava di “toghe rosse”, Berlusconi aveva i suoi guai con la giustizia...
L’on. Silvio Berlusconi, da quando è sceso nell’agone politico aspirando a diventare Primo Ministro, prima quale leader del Polo e ora della cosiddetta Casa delle Libertà, ha sempre sostenuto che le indagini e i processi a suo carico sono frutto di accanimento giudiziario ad opera di Procure "rosse", di Pubblici Ministeri e di magistrati "comunisti": un complotto per tagliargli l’erba sotto i piedi e impedirgli di realizzare il suo progetto politico.
E’ una tesi, infondata e risibile, ma è comunque una tesi che persegue lucidamente uno scopo: quello di farsi passare per vittima e di rafforzare la simpatia di quegli italiani che gli danno fiducia.
La tesi però, per avere credibilità, deve avere come presupposto necessario la ‘discesa in campo’ di Berlusconi come uomo politico e leader di partito. Ciò è avvenuto nel 1993 e quindi tutte le successive inchieste penali a suo carico potrebbero, secondo la tesi di Berlusconi, avere lo scopo politico di danneggiarlo. Ciò dunque varrebbe, per fare qualche esempio, per la corruzione di alcuni agenti e ufficiali della Guardia di Finanza (2 anni e 9 mesi in Tribunale, prescrizione in Appello); per il finanziamento illecito di 21 miliardi a Craxi (2 anni e 4 mesi in Tribunale, prescrizione in Appello); per falso nel bilancio di Medusa cinematografica (1 anno e 4 mesi in Tribunale, prescrizione in Appello: sempre fortunato Berlusconi! Se dovessimo credere alla assurda tesi di un diabolico complotto giudiziario contro di lui, dovremmo concludere che il suo angelo custode arriva sempre in tempo per toglierlo dai guai).
Altrettanto vale per le istruttorie non ancora arrivate o appena giunte al dibattimento (Sme Ariosto, corruzione dei giudici romani Verde e Squillante, in concorso con Previti); caso Lentini (falso nel bilancio del Milan); falso nel bilancio del gruppo Finivest; caso Telecinco (frode fiscale, così ritenuta dal giudice spagnolo Baltazar Garzon Real) e altri.
Quasi tutti questi procedimenti sono successivi al 1993, anche se i fatti sono anteriori, e quindi l’accusa di accanimento giudiziario potrebbe avere una qualche parvenza di verità, e il centro sinistra avrebbe fatto un errore se si fosse limitato a combattere Berlusconi rinfacciandogli i suoi guai giudiziari, perché avrebbe allargato le simpatie della presunta "vittima".
Ma prima? Quando Berlusconi era solo un imprenditore e non pensava minimamente di occuparsi di politica? Reggerebbe ancora l’ipotesi di accanimento giudiziario e di complotto politico? Certo che no, per mancanza assoluta di presupposti. Nessun giudice aveva la sfera di cristallo, nessun Pubblico Ministero poteva immaginare che Berlusconi sarebbe diventato un uomo politico di rilievo in competizione col centro democratico e con la sinistra, nessun magistrato, per quanto forcaiolo, poteva avere interesse a perseguitare un semplice imprenditore.
Sta di fatto però che Berlusconi aveva guai giudiziari anche prima di pensare alla politica, anche prima del 1993 quando per la politica era uno sconosciuto.
Forse alcuni lettori stenteranno a credere che nel 1989 Berlusconi venne accusato di falsa testimonianza e che nel 1990 la Corte di Appello di Venezia (nota per essere un "covo di comunisti", dotati di poteri divinatori) lo giudicò responsabile di aver giurato il falso avanti i giudici di Verona (altro covo "stalinista") e gli applicò (giustamente) l’amnistia nel frattempo intervenuta (sempre tempestivo l’angelo custode di Berlusconi!).
La vicenda è interessante perché nasce da un libro intitolato "Berlusconi, inchiesta sul sig. TV" pubblicato nel 1987 (sette anni prima che Berlusconi scendesse in campo) e da un articolo di Epoca. Al processo sorto a seguito di querela per diffamazione, Berlusconi venne sentito come testimone, e in questa veste dichiarò: "Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, comunque è di poco anteriore allo scandalo. Non ho mai pagato una quota di iscrizione".
La Corte di Appello di Venezia, cui il processo era approdato, ritenne che le dichiarazioni di Berlusconi "non rispondessero a verità".
Le asserzioni dell’imputato erano infatti smentite dalle risultanze della commissione Anselmi; dalle dichiarazioni rese dallo stesso Berlusconi al Giudice Istruttore; e infine dagli elenchi sequestrati a Castiglion Fibocchi dove accanto al nº 625 figurava il nome di Berlusconi con l’annotazione del versamento di 5.100.000 in contanti eseguito il 5 maggio 1978. "Ne consegue - scrive testualmente la sentenza - che il Berlusconi deponendo avanti il Tribunale di Verona ha dichiarato il falso, compiutamente realizzando gli estremi obbiettivi e soggettivi del contestato delitto" (falsa testimonianza).
Le frasi virgolettate, in corsivo o no, sono riportate letteralmente dalla sentenza definitiva passata in giudicato, il cui originale si trova presso la Corte d’Appello di Venezia.
Il fatto accertato in sentenza è particolarmente grave perché la menzogna non riguarda l’aver preso la marmellata dalla credenza senza dirlo alla mamma, ma l’iscrizione a una società segreta eversiva della Costituzione e della Repubblica.
Dimentichiamo dunque tutte le pendenze giudiziarie di Berlusconi e il suo colossale conflitto di interessi (facciamo finta che non esistano) e, sulla base di una sola sentenza definitiva che risale al 1990, chiediamoci: in una democrazia normale potrebbe un cittadino già iscritto alla P2 e dichiarato "spergiuro" da una sentenza definitiva in epoca non sospetta diventare Primo Ministro?
La risposta ai lettori.