Questo è un regime compatto che sa intimorire
Intervista a Eugen Galasso, il professore che con uno sciopero della fame ha messo in crisi l'onnipotente Svp.
"Non ho svolto attività politica di rilievo, finora ho dedicato le mie energie alla ricerca e allo studio, nell’ambito soprattutto della teoria politica - si presenta Eugen Galasso - Ho avuto qualche esperienza politica a sinistra, e tutt’ora cerco di muovermi in quest’ottica, anche se in Alto Adige un discorso rigido di schieramenti deve essere rimeditato, per la priorità della questione etnica rispetto ai problemi della gestione della polis."
Come giudica gli attuali schieramenti, destra e sinistra?
"Sono stati entrambi al di sotto delle necessità delle situazione, sia dal punto di vista teorico che pratico. La questione dell’etnia implica aspetti gravi sulla vita dei cittadini: il censimento etnico, la proporzionale nell’assegnazione dell’edilizia e dei posti di lavoro pubblici; di questo si è parlato poco, oppure troppo, nel senso di troppe parole, disinteressandosi dell’incidenza pratica."
Il vostro movimento invece è focalizzato sul problema etnico…
"Il Movimento obiettori etnici esiste da un anno e mezzo: siamo partiti dal grosso rischio che la dichiarazione etnica implichi una prevalenza dell’etnia sulla persona. Una sorte di un ritorno allo jus sanguinis, con la scomparsa della persona rispetto all’appartenenza al gruppo. Gli organi ufficiali parlano di censimento linguistico, ponendo il problema etnico in sottordine, ma questa è solo la vernice per rendere il tutto presentabile; in realtà negli atteggiamenti, nelle cose è indubbia la prevalenza dell’aspetto etnico."
Insomma, lei pensa che ci sia una cultura della separazione.
"Senz’altro: oltre e prima della legge. A iniziare dall’educazione, con la separazione fin da piccoli, il divieto di scuole miste. C’è tutto uno sforzo per tenere i giovani separati: tra le scuole, se sono contigue, ci sono barriere architettoniche, prima le reti, poi i muri, poi i muri con sopra i filo spinato; e poichè i bambini si trovavano lo stesso, allora il provveditore ha emesso un’ordinanza per differenziare gli orari delle ricreazioni, i bambini, i giovani non devono fare ‘scambi’ interculturali."
Lei, di che etnia è?
"Sono mistilingue: padre italiano e madre tedesca. E la scelta su quale scuola iscrivermi, soprattutto alle superiori, ha creato tensioni in famiglia."
In questa situazione, come si trovano le famiglie interetniche?
"L’interetnicità di solito viene vissuta come ricchezza; però non quando ti dicono che non puoi appartenere a due gruppi, che devi scegliere. In pratica devi ripudiare uno dei due genitori. Purtroppo questa società è talmente abituata a ragionare così, che si perde un valore formalmente riconosciuto: si nega l’identità di uomo nel momento in cui si ribadisce l’appartenenza etnica. Così io devo essere catalogato nella scuola, nell’impiego se pubblico, nella vita politica, per finire agli ospizi, che la Svp vuole ora anch’essi separati: così facendo le famiglie interetniche scompaiono."
La sua esperienza estrema dello sciopero della fame, quanta solidarietà ha incontrato?
"Sono stati molti e importanti i riscontri positivi, anche se ci sono state alcune persone che si sono defilate, hanno preso paura. Questo è un regime compatto, che sa intimorire."
La società sudtirolese si evolverà? O rimarrà acquiescente, magari per paura di esporsi?
"Durante gli ultimi giorni dello sciopero della fame sono stato sostenuto da un sit-in in Piazza del Grano, con 30-40 persone che manifestavano la loro solidarietà, passando la notte in sacco a pelo. Questo modello, se non ci fosse, non verrebbe rimpianto da nessuno. Il 99% degli italiani non lo vorrebbe, larghi strati della popolazione tedesca è critica. Esso gode ancora di due punti a favore: venir posto in relazione ai vantaggi finanziari, e venir presentato come baluardo a scenari apocalittici di scontro etnico continuamente prospettati."