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QT n. 15, 11 settembre 1999 Fondo

Da Ustica alla Baraldini

L'intreccio tra temi politici e giudiziari continua. Cerchiamo di orizzontarci con razionalità.

I processi sono stati sempre dei picchi altamente significativi dei vari momenti della storia. Da quello di Socrate a quello subìto da Cristo, dai processi contro le streghe e gli eretici alla condanna di Tommaso Moro, su su fino a Sacco e Vanzetti e all’affare Dreyfus, ai processi di Stalin ed a quello di Norimberga, nel bene e nel male in questi rituali giudiziari si sono sempre condensati i valori e i disvalori tipici di un’epoca. Il cerimoniale che ammanta il giudizio penale è sempre stato soffuso da una certa aura di sacralità, come si addice appunto al convergere in unità di tempo e luogo di tutte le contraddittorie tensioni che agitano in un dato momento la comunità degli umani.

E’ dunque comprensibile che anche ai tempi nostri l’attenzione pubblica sia attratta da vicende processuali, come è avvenuto in questi mesi estivi. Silvia Baraldini, terrorista confessa che partecipò ad una rapina in cui trovarono la morte due persone, è giunta in Italia dopo avere scontato negli Stati Uniti 18 anni di carcere duro. Non è un reato da poco quello che ha commesso, anche se non fu lei ad uccidere, e tuttavia i 43 anni di reclusione inflittile sono uno sproposito, tanto che poi, a quanto pare, devono essere stati ridotti, se nel 2007 sarà liberata. Farne un’eroina, però, mi sembra un eguale sproposito. Bene ha fatto questo governo, come già i precedenti, a chiedere il suo trasferimento in Italia, dal momento che lo prevede un civilissimo trattato internazionale. Il ministro Diliberto doveva però moderare il suo entusiasmo per il successo ottenuto, e certa sinistra avrebbe dovuto risparmiarci l’imbarazzo della esaltazione che ne ha fatto. La giusta richiesta di un trattamento umano anche per i terroristi detenuti non può convertirsi in una loro nobilitazione.

Adriano Sofri sta per essere processato per la settima o ottava volta. Il reato di cui è accusato è grave, l’indagine per raccoglierne le prove è irta di difficoltà per il tempo trascorso e per le ombre che circondano il suo unico accusatore. Credo sia raro un ordinamento come il nostro che consente di rinnovare per tante volte lo scrupoloso vaglio degli indizi di colpevolezza. Il numero e la contraddittorietà dei giudizi fin qui pronunciati sono tali da giustificare, io credo, il ragionevole dubbio sulla colpevolezza di Sofri. Ma non per questo se ne può fare un martire. Non vi è niente nella sua biografia di cui egli possa vantarsi, tranne il fatto di essersi costituito dopo che una delle sentenze di condanna era divenuta esecutiva. E’ stato perfino favorevole alla guerra della Nato contro la Jugoslavia!

Quattro generali dell’Aeronautica saranno processati per gravissimi reati collegati alla strage di Ustica. Hanno, secondo l’accusa, consapevolmente nascosto la verità. Sapevano che a far cadere l’aereo di linea, provocando la morte di 81 persone, furono aviogetti della Nato e lo hanno taciuto distruggendo le prove. Lo fecero per eseguire un ordine superiore nazionale o internazionale. Chi fu ad impartire quest’ordine, non si sa; D’Alema e Veltroni ci assicurano che chiederanno agli alleati di rivelarlo. Credo sia difficile immaginare una richiesta più di questa destinata a non essere esaudita. Infine vorei sapere chi sia stato a suggerire alla simpatica presidente della Commissione Giustizia della Camera, on. Finocchiaro, l’idea che per chiudere Tangentopoli prima che i reati cadano in prescrizione convenga allargare la possibilità di patteggiamento. Anche il più imberbe dei laureati in legge le avrebbe fatto osservare che nessun imputato, in prossimità della prescrizione, è così fesso da patteggiare una pena che può risparmiarsi del tutto. Ma soprattutto è giunto il momento di smetterla di cercare una “soluzione politica” a Tangentopoli. Si facciano i processi, e se i reati cadranno in prescrizione, è giusto che ciò avvenga. Non sarà né la prima né l’ultima volta, fino a quando non si deciderà di assegnare all’Ordine giudiziario un numero di magistrati adeguato alla bisogna.

Per finire, due brevi considerazioni. Ustica e Tangentopoli sono vicende ostiche, faticose da penetrare con una normale indagine giudiziaria, perché sono il prodotto di una particolare situazione politica del tempo, la guerra fredda. L’anticomunismo, cioè la convinzione che occorresse difendere la civiltà occidentale dal pericolo rosso, aveva creato una omertà così compatta nelle sfere di comando, da coprire i delitti, magari accidentali, della Nato, da assicurare l’impunità alla corruttela affaristica ed anche, non dimentichiamolo, a chi organizzava le stragi, niente affatto accidentali. Sono tutti eventi processuali di questi mesi estivi, ma si riferiscono a fatti accaduti molto lontano nel tempo. Assassinio Calabresi, il reato della Baraldini, Ustica e Tangentopoli sono tutti fatti che risalgono agli anni ’70 e ’80. Non viene spontaneo di rallegrarsi per come vanno, al confronto, le cose di oggi? D’accordo, abbiamo Berlusconi, Bossi, la Bonino, ed anche l’Asinello. Ma tutto è relativo. Il paragone, almeno un po’, ci consola!

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