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Ustica

I responsabili del disastro aereo e chi depistò le indagini l’hanno fatta franca. Unica consolazione:le parti civili saranno risarcite per le troppe lentezze della giustizia.

Il processo penale per la tragedia di Ustica è stato seguito nei lunghi anni della sua durata con attenzione, ansia e indignazione dalla maggior parte degli italiani. Quando si è concluso, dopo due decenni, con un nulla di fatto circa le cause della distruzione in volo dell’aeroplano carico di passeggeri, all’indignazione si aggiunse lo stupore e una secca perdita di credibilità della giustizia. Il processo, che nel tempo si era trasformato nella ricerca degli autori dei depistaggi e delle loro specifiche responsabilità, pose una pietra tombale sulla speranza dei cittadini di conoscere almeno una parte di verità sulla misteriosa vicenda (carica di implicazioni politiche) che aveva provocato decine di vittime.

Per questa ragione, forse, è passata sotto silenzio la sentenza civile della Corte di Cassazione n° 12858 del giugno di quest’anno, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per irragionevole durata del processo ai parenti delle vittime dell’immane disastro aereo (vedi "Diritto e Giustizia" n° 26 del 2006, pag.27 e seguenti, con commento del magistrato Marco Rossetti).

Lo Stato dunque deve pagare per i processi lumaca, compreso quello di Ustica, e la complessità della vicenda non può essere un alibi per i giudici.

Si tratta di una sentenza importante, anche se non nuova nella giurisprudenza della Suprema Corte.

Nella motivazione si afferma che non esiste una regola generale per stabilire con precisione quale sia la ragionevole durata del processo (per la verità, la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha stabilito in via giurisprudenziale che un processo penale non può durare più di tre anni). Secondo la Cassazione, caso per caso è il giudice richiesto che deve stabilire la durata ragionevole, tenendo conto della complessità della vicenda, del comportamento tenuto in concreto dal giudice penale, di quello tenuto dalle parti e da chiunque altro sia chiamato alla definizione del processo.

Fra le condotte ritenute fonte di responsabilità dello Stato per irragionevole durata del processo vanno ricordate a titolo di esempio: l’omissione da parte del giudice del controllo sul consulente tecnico di ufficio (che nel caso di specie pare abbia ritardato il deposito della perizia per trent’anni, senza essere sostituito); l’avere il giudice effettuato ripetuti e immotivati rinvii delle udienze di trattazione; l’eccessivo ritardo da parte del giudice nel deposito del provvedimento decisorio (tre anni!), eccetera.

Per quanto riguarda la liquidazione del danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo, la sentenza ha accolto il principio stabilito dalle Sezioni Unite (decisione n° 1338/04): "Il danno sofferto dalla parte per l’eccessiva durata del processo, pur non essendo insito nella violazione del termine ragionevole, non necessita di alcun sostegno probatorio e il giudice deve ritenerlo sussistere, salvo prova contraria".

Dunque le parti civili della strage di Ustica avranno l’indennizzo per la irragionevole durata del processo.

Almeno questo!

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