Tempo di dimissioni?
Sul settimanale diocesano un invito insolito e attualissimo: vescovo Sartori, sei vecchio e ammalato, non ce la fai, dimettiti! Da dove nasce questa richiesta, e perché non verrà accolta.
"Eeccellenza Reverendissima, sono un giovane fedele di una piccola parrocchia..." Inizia così, in tono sommesso, una lettera di tal Fabrizio Molinari apparsa il 14 giugno su Vita Trentina. La lettera prosegue, con toni di totale sottomissione (ma la democrazia, da certe parti, non arriva mai?): "Si avverte l'assenza di Qualcuno... la Sua assenza, Eccellenza... naturalmente assenza fisica non spirituale", e finalmente entra nel vivo dell'argomento: "So perfettamente, Eccellenza, che questo non dipende dalla Sua volontà, ma dalla malattia che spesso La costringe a lunghi periodi di degenza... Io per primo sarei felicissimo di rivederLa, in piena salute, sulla cattedra di S. Vigilio", ma sembra dire il nostro giovane fedele tale speranza è peregrina; di qui la conclusione: "Siamo alle porte del Grande Giubileo del 2000, la nostra importante diocesi ha bisogno in questo particolare frangente di un Pastore forte che prenda le redini di questa nostra Chiesa e la porti degnamente verso il terzo millennio cristiano." Infine la frase finale, perentoria, in cui il giovane fedele, da suddito prostrato, si trasforma in un altero, sferzante e spazientito Grande Elettore: "Non possiamo assolutamente rischiare di giungervi impreparati, Non sarebbe giusto, ne per Lei, ne per noi!"
Insomma, una richiesta di dimissioni La lettera - al di là della persona Fabrizio Molinari o chi per lui - è estremamente indicativa. Effettiva mente il vescovo Sartori è ammalato, molto ammalato; e non è in grado di reggere la Diocesi. La quale è retta dagli alti gradi della Curia, cui questa situazione va benissimo: con il Vescovo praticamente assente, hanno tutto il potere nelle loro mani.
Come lo usano? Gestendo la normale amministrazione, un tranquillo tran tran in una struttura pluricentenaria.
E qui sta il punto. Perché, come fra le righe dice la lettera in questione, questi non sono tempi ordinari: e non per l'avvento del "Grande Giubileo", ricorrenza come tante altre, e che come tante altre passerà; ma per la progressiva, inesorabile, avanzata della secolarizzazione della società, con la conseguente perdita di influenza della Chiesa, appannarsi del ruolo dei sacerdoti, crollo delle vocazioni, ecc, ecc.
Può un vescovo arrestare tutto questo? Probabilmente non lo può neanche un papa. Può però cercare nuove strade; per vedere di orientare la presenza dei cattolici - vedi l'esempio del cardinale Martini a Milano - in maniera più significativa all'interno della società attuale.
Di questo parlano i cattolici più avvertiti; su questo si interroga con ansia parte del clero, che vede ogni giorno sbiadire il senso della propria presenza. Questo il clima da cui nasce la richiesta insolita a un vescovo: non ce la fai? Dimettiti.