Valli dell’Avisio: una mobilità che non convince
Ill Bus Rapid Transit, proposto dopo un percorso poco trasparente, non è piaciuto né ai cittadini né agli imprenditori.
Sul finire degli anni Ottanta gli ambientalisti di Fiemme scrivevano che la strada di fondovalle era un errore urbanistico con conseguenze irrimediabili nella soluzione dei problemi di traffico. A conferma della loro lungimiranza, ad oltre 30 anni di distanza il tema è ancora al centro del confronto sul territorio.
Non più la strada di fondovalle, che ormai c’è, mentre il fiume naturale oggi è un banale canale di scorrimento delle acque e lungo la strada - non serviva essere profeti - si è urbanizzato e si sono diffusi centri artigianali, industriali, commerciali.
Sono invece rimasti inevasi i problemi del traffico. In stagione i centri abitati di Fiemme sono invivibili; in Fassa per 20 giorni la mobilità giornaliera è impossibile e il trasporto pubblico è inadeguato nelle frequenze e negli orari.
Oggi la Provincia ci presenta una progetto di trasporto pubblico potenziato, definito BRT (Bus Rapid Transit), una idea importata dalle grandi città o dai frequentatissimi lungomari della riviera romagnola.
Come accaduto trent’anni fa, al cittadino non viene proposta una comparazione fra scelte diverse. Ad esempio approfondendo la proposta della ferrovia Trento-Canazei come sostenuto da vent’anni di impegno dalla associazione Transdolomites. O altre ipotesi. I progettisti, in 20 righe, senza aver condiviso analisi in confronti pubblici, sostengono che ogni altra proposta è insostenibile, nei costi e nei tempi di realizzazione. Sulle valli dell’Avisio viene calato questo solo progetto. Costosissimo, oltre 90 milioni di euro, con molte delle opere non ancora finanziate, sta scritto nella relazione. Un progetto che consuma suolo libero in valli sempre più povere di paesaggio non urbanizzato, nell’insieme una idea di dubbia efficacia.
Solo due anni fa il costo dell’iniziativa era indicato in 40 milioni di euro, lievitati nel 2021 a 60 e oggi a 90. Un progetto che non ha avuto alcuna possibilità di discussione pubblica essendo rimasto chiuso nel solo confronto istituzionale con i sindaci: un metodo definito partecipativo come da costume di questa giunta provinciale. Ma non appena è stato reso pubblico l’8 settembre in due assemblee di Fassa e Fiemme, è stato demolito.
Clamoroso quanto avvenuto in Fassa. Dopo una stentata presentazione da parte di Fugatti e ben 5 tecnici, gli interventi istituzionali dei sindaci, del Comun General de Fascia, i rilievi severissimi delle associazioni imprenditoriali: albergatori, maestri di sci, commercianti e artigiani, che hanno sgretolato il sistema trasportistico. Tutti durissimi nel demolire i contenuti del progetto.
Anzitutto hanno detto che non funzionerà causa le troppe strozzature nei paesi, che non si deve più consumare un metro quadrato di suolo libero, che la valle è soffocata dalle presenze. Ecco la sorpresa, il mondo imprenditoriale ammette che si è superato ogni limite, il turismo di massa è devastante, comporta problemi di traffico e dequalifica offerta e ambiente. Nell’alta valle, è stato ripetuto, le macchine vanno fermate una volta arrivate in albergo, non incentivate alla ricerca di ulteriori parcheggi. Tecnici e Presidente hanno incassato, sono usciti dalla sala visibilmente suonati, incapaci di difesa.
Il confronto in valle di Fiemme è stato meno severo. I sindaci e la Comunità territoriale di valle già si erano espressi sollevando più dubbi che certezze, i presenti invece volevano capire, approfondire le relazioni superficiali, le slide evitate o illeggibili dalla platea. Tecnici e presidente sono stati travolti da un intenso fuoco di domande. Anche a Cavalese, dopo oltre due ore di confronto, il volto di Fugatti era tirato. Tutti i relatori sono usciti dalla sala incapaci di rispondere all’ultima domanda: “Come è possibile imporre questo progetto in assenza di un piano stralcio della mobilità di valle approvato in modo regolare dalle comunità locali? Voi fate riferimento solo a documenti di intenti!”. Panico e imbarazzo hanno accompagnato la non trionfale uscita notturna di Fugatti.
Ma cosa propone il piano?
In positivo c'è il fatto che si potenzia il trasporto pubblico da Ora fino a Penia. Si spendono venti milioni di euro nell’acquisto di una nuova flotta di mezzi ad alta efficienza energetica, vettori che si muoveranno utilizzando solo energia proveniente da fonti rinnovabili utilizzando biometano o a trazione elettrica. Si passerebbe dagli attuali 0,9 milioni di chilometri annuali di corse pubbliche al raddoppio, 1,8 milioni.
Si definiscono tempi rapidi per la conclusione del progetto: entro l’autunno del 2025, in prossimità dell’evento olimpico invernale Milano-Cortina 2026. Gli obiettivi annunciati del progetto sono:
- snellire il traffico nelle valli per diminuire l’utilizzo dell’auto privata;
- la rapidità, la regolarità del servizio, i minori ritardi elevati, la fidelizzazione dell’utenza;
- stazioni che facilitano l’accesso ai portatori di handicap, anche visivo.
I limiti sono ben più consistenti. Anzitutto il processo partecipativo è ridotto a trenta giorni dalla presentazione. Entro l’8 ottobre cittadini, enti, associazioni dovranno presentare le osservazioni.
Il progetto è definito una soluzione infrastrutturale-tecnologica, quindi si mette in evidenza come l’obiettivo della mobilità passi in secondo piano. Lo si nota subito mancando ogni riferimento alle prospettive future del trasporto privato e pubblico internazionale, ferroviario e aereo, nonostante l’importanza acquisita dagli aeroporti di Bolzano e di Verona. Non vi si trova un accenno alla mobilità con le valli e le province confinanti. Siamo in presenza di una visione priva di prospettiva nel lungo termine, forse pensata solo per i 20 giorni olimpici.
La linea di transito seguirà in Fiemme gli abitati di mezza costa, sulla statale 48, da Castello per passare a Cavalese, Tesero, Predazzo. In Fassa entrando per forza di cose nei centri abitati. Si costruiranno o si potenzieranno ben dieci parcheggi, definiti di attestamento. Sulla statale 48 si costruiranno tratti di terze corsie preferenziali, stazioni di rifornimento energetico, una gestione dei flussi di traffico regolata da “semafori intelligenti” per garantire priorità di transito ai mezzi pubblici.
Nella presentazione, come nella relazione, non si è fatto cenno alla sostenibilità dei costi di gestione e a un possibile confronto, anche temporale, con altre soluzioni.
Ma è il consumo di suolo proposto a risultare inaccettabile. Nelle presentazioni ci si è limitati a citare i 5 ettari delle terze corsie previste. Ma solo il potenziamento di 3000 posti macchina comporta l’uso di aree pregiate di verde agricolo primario di altri 7 ettari.
Se appaiono condivisibili le ristrutturazioni funzionali delle stazioni di Cavalese e Predazzo, non si comprende invece la necessità di due nuove stazioni a Sèn Jan e Penia.
Si prevedono tre linee diverse, una lunga da Ora a Penia, 70,3 chilometri con cadenzamento orario. Un’altra da Castello di Fiemme fino a Penia con un cadenzamento sfalsato di mezz’ora. La terza collega Molina di Fiemme attraverso la Sp 232 e in via diretta si dirige a Predazzo. Da Predazzo verso Fassa avrà un cadenzamento ogni dieci minuti, fino a Penia, con corsa solo estiva.
Dovrebbe essere una linea strategica, visto il suo percorso in fondovalle: un servizio che sarebbe reso ad oltre 600 dipendenti di aziende e un collegamento fra le stazioni sciistiche di fondovalle e lo stadio del fondo di Lago. Ma non è così, come del resto non si fa alcun riferimento a collegamenti con la valle di Cembra ed è totalmente dimenticato l’ospedale di Fiemme come sono dimenticate le case di riposo. Ognuno di questi collegamenti non fornisce un servizio diffuso nei centri abitati, o all’area artigianale di Piera e non si instaura un rapporto con il servizio di trasporto pubblico della SAD, Ora-Cavalese.
Le valli trasformate
in una sequenza di parcheggi
Ora veniamo al tema che più ha scosso i partecipanti alle due presentazioni (oltre 300 persone): il consumo di suolo. Lo abbiamo già sottolineato, gli annunciati 5 ettari in realtà come minimo sono 12. Se alcuni dei parcheggi proposti sono attesi da decenni (si pensi al Prà del Tin a Cavalese), altri definiti di attestamento sono proprio inutili, o proposti solo per fare un ulteriore regalo non tanto nascosto agli impiantisti; parliamo del parcheggio del Cermis e dei due di Mezzavalle tra Predazzo e Moena, alcuni dei quali definiti permanenti, altri temporanei. Con tutta la buona volontà risulta difficile vedere razionalità in una simile pianificazione.
Il parcheggio del Cermis viene definito permanente, ideato per offrire nuovo spazio alla presenza di camper?
Già oggi in stagione sono centinaia i mezzi depositati in una zona che nulla offre alla decenza e a una corretta gestione.
Espandere di altri 1,7 ettari il parcheggio in pieno ambito fluviale, un territorio immiserito da sconsiderate scelte del recente passato, non sembra saggio, anche perché vi passerebbe solo una delle tre linee. O reinvestire nel parcheggio di Cavalese in prossimità dell’autostazione. Per impoverire ulteriormente di qualità il parco della Pieve? E il parcheggio definito temporaneo a Lago di Tesero a chi serve? A privare il mondo degli allevatori di spazi agricoli già oggi inadeguati al bisogno? O il parcheggio permanente di scambio di Ziano potrebbe avere un senso? E perché arrivare a spianare i prati di Mezzavalle, a vantaggio di chi? Per risolvere i parcheggi abusivi lungo la statale 48 di una settimana al centro del salto di Predazzo? Sarebbe sufficiente un minimo di controllo degli organi di polizia stradale e il problema sarebbe risolto.
Il deposito di legname a Mezzavalle è appena stato riqualificato con soldi pubblici. Lo si vuole togliere al servizio di lavoro dei boschi di proprietà della Regola feudale? In ogni caso quando il cittadino è invitato ad utilizzare l’auto privata per portarsi in questi parcheggi di scambio o attestamento, a quel punto è già vanificato lo scopo del trasporto pubblico: una volta salito in macchina, il cittadino prosegue fino a destinazione. Quanto alle infrastrutture, era logico procedere alla rimozione del ponte che collega loc. Milon a Masi, un incrocio a raso che sulla strada di fondovalle causa decine di incidenti, anche gravi. Poco più accanto è stato costruito uno svincolo efficiente che garantisce a residenti e ospiti la massima sicurezza per portarsi alla frazione. La soluzione è già presente.
Questo lungo elenco di perplessità lascia insoluta una serie di domande.
Per quanto tempo all’anno saranno occupati i parcheggi proposti, permanenti e temporanei?
Sono stati accertati i flussi di traffico sia stagionali che in periodo di stasi turistica?
Perché si sono trascurate le zone artigianali, industriali, il servizio dovuto all’ospedale di Cavalese o ad altri servizi sociali?
Si è valutata l’incidenza di queste scelte sulla mobilità dei lavoratori autonomi?
I parcheggi saranno a pagamento e con quale tariffario, o saranno liberi?
Quali saranno i costi di gestione annuali dell’intero sistema?
E la velocità media del trasporto persone?
Cosa accadrà quando i bus si troveranno inchiodati nel traffico privato in abitati come Tesero, Moena, Pozza di Fassa, Mazzin, Campitello e Canazei?
A queste domande era lecito offrire risposte esaustive. Non ci sono state, perché nemmeno sono stati considerati i problemi accennati. Come non si accenna al valore del suolo libero. Eppure, specie in Fassa, in più punti la valle da un versante all’altro non offre più di cento metri di spazio, dove già oggi passano la statale 48 delle Dolomiti, il torrente Avisio e la pista ciclabile. Vi si è pensato prima di progettare le terze corsie di snellimento?
Certo è che è fuorviante da parte della Provincia sostenere che il metodo informativo adottato sia per i cittadini un momento di concertazione adeguato. La straordinaria partecipazione meritava ben altro rispetto dalle istituzioni: circa 150 persone in valle di Fassa, quasi 200 a Cavalese. Per prima cosa si dovevano proporre più soluzioni e un confronto su costi e benefici fra più ipotesi. In secondo luogo il confronto andava aperto durante la fase primaria della progettazione e non a cose fatte. Le relazioni dei servizi sembrano compitini, dove quasi tutti minimizzano gli impatti (in assenza di analisi) o rinviano pareri e prescrizioni al progetto definitivo. Fra i soggetti coinvolti citati non c'è traccia dei cittadini, delle associazioni ambientaliste, dei comitati, delle associazioni di volontariato sociale, del coinvolgimento dei servizi sociali. A tutti questi - istituzioni pubbliche, associazionismo imprenditoriale e sindacale, volontariato sociale e ambientalista - va offerta una nuova opportunità di approfondimento serio e partecipato sulla mobilità nelle valli di Fiemme e Fassa.
Non è assolutamente convincente la perentoria dichiarazione del dirigente generale del Dipartimento territorio trasporti quando ha affermato che quanto si sta presentando è l’unica proposta praticabile e finanziariamente sostenibile per dare le risposte attese dai territori. I presenti attendevano ben altro.