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QT n. 5, maggio 2022 L’editoriale

Lo scandalo che non c’è

La stampa e la società trentina di fronte allo scandalo NOT: desolanti non-reazioni

Il caso NOT, come abbiamo denunciato da oltre un anno, è uno scandalo. Ora confermato anche da indagini giudiziarie e dal robusto rifiuto delle strutture provinciali a proseguire nel percorso ad ogni costo intrapreso dal presidente Fugatti e dal suo braccio destro De Col. Senza entrare qui nel merito della questione, che ampiamente approfondiamo nel servizio di apertura, si tratta di un appalto fatto vincere a una società dalle fragilissime ed opache coperture finanziarie, che ha presentato un progetto enormemente distante dalle prescrizioni di gara e dai requisiti richiesti dalla legge come pure dal buon senso.

Il presidente della Giunta contro ogni logica ha sostenuto questa soluzione, che se fosse andata in porto avrebbe visto la costruzione di un ospedale molto più piccolo di quanto necessario e richiesto, pessimamente organizzato, non inserito nel contesto circostante. Di più: la fragilità ed opacità finanziaria del proponente avrebbero facilmente portato a una o più interruzione dei lavori, temporanee o definitive.

Uno scandalo totale, insomma. Ma scandalo non c’è stato.

Come chi ci legge si sarà già reso conto, e come noi più ampiamente riferiamo all’interno, la vicenda è stata assorbita come fosse una sorta di calamità naturale, come non avesse responsabili, anzi, come non avesse senso individuare responsabilità.

Contro ogni logica sembra irrilevante il fatto che la Provincia Autonoma non sia in grado di gestire un grande e decisivo appalto, e anzi lo piloti verso approdi disastrosi. Di più: non solo si incamera il fallimento del NOT e lo si archivia senza commenti, ma si sollecitano le stesse persone e strutture che hanno portato al disastro a ricominciare da capo, a riprovarci di nuovo. La società trentina sembra aver cancellato il principio di responsabilità; ed essere quindi incapace di autocorreggersi.

Come si è arrivati a questo?

Perché a questo punto il tema non sono solo Fugatti e i suoi malaccorti consiglieri, ma la pubblica opinione, la società nel suo insieme. Perché, ricordiamolo, una società si sviluppa ordinatamente se è capace di individuare e correggere debolezze e criticità; altrimenti sprofonda nell’inefficienza e nel malaffare.

E allora, ripetiamo, come si è arrivati a questo? Bisognerà ragionarci; intanto cerchiamo di individuare alcuni punti.

Il primo sono i media, ad iniziare dalla stampa. Non c’è stato alcun serio approfondimento, nessuna ricerca di responsabilità, zero indignazione. La catastrofe del NOT è stata raccontata come fosse un disgraziato evento meteorologico. Il fatto è che la stampa, nelle mani di un unico padrone sudtirolese, è ormai omologata alla linea editoriale praticata dal direttore de L’Adige, non a caso lì insediato: addetto stampa del Presidente (Dellai), tale è rimasto negli anni, prono al potere. Il piccolo concorrente, Il Corriere del Trentino, qualche volta si differenzia, ma sempre meno. Il resto dei media si accoda. Informarsi, approfondire, denunciare, è senz’altro faticoso, e viene visto come rischioso, per possibili querele ma soprattutto come perdita di pubblicità. Ed ecco quindi la vulgata unica, minimizzatrice.

Questo ha effetti sulla politica. Debole per conto suo, non riesce ad essere incisiva. Solo gli esponenti dei piccoli partiti di opposizione praticano la denuncia, il Pd mette sempre la sordina, i centristi non esistono, il Patt è scomparso dai radar.

Senza punti di riferimento, anche la società si arena. Sindacati, sindaco, università, inaspettatamente gli stessi medici (all’interno riportiamo la sconcertante posizione dell’Ordine) balbettano. “Ora bisogna fare presto”. Ma come? Non è forse il caso di vedere come mai si sia giunti a questo punto? Oppure si lasciano coinvolgere nelle operazioni di distrazione di massa (nuova localizzazione e relativo uggioso dibattito) messe in campo dalla giunta.

Una deriva preoccupante. Un raggio di speranza è venuto dai dirigenti provinciali che non hanno chinato la testa. Ma non basta, si sa che il potere ha mezzi per rifarsi. Occorrerebbe invece che tutto il Trentino sapesse capire e farsi sentire.

Urge un diverso approccio al dibattito pubblico. Pena il rassegnarsi all’inefficienza o peggio, e l’esempio di altre regioni autonome è lì ad insegnarci dove si andrebbe a finire.