Elezioni a Lona-Lases: l’ennesimo flop rivelatore
Nell'area del porfido il potere locale rimane immoto. In attesa dell'esito del processo Perfido
Il 29 maggio, stando alle intenzioni del commissario straordinario Federico Secchi, i cittadini di Lona-Lases avrebbero dovuto recarsi alle urne per eleggere, finalmente, una nuova amministrazione comunale. Purtroppo però anche stavolta, così come già nello scorso autunno, tali aspettative sono andate deluse e nessuna lista è stata presentata entro i tempi previsti. Non che qualcuno non ci abbia provato: ben due ex sindaci si sono mossi ma, nonostante l’impegno di varie associazioni locali, non sono riusciti a mettere insieme un sufficiente numero di candidati per presentare una lista.
Un’unica lista, s’intende, e per di più in continuità con le amministrazioni precedenti; ma forse lentamente una parte della comunità si sta rendendo conto della gravità di quanto portato alla luce dall’operazione “Perfido”.
La condanna con rito abbreviato di Saverio Arfuso a 10 anni e 10 mesi per il reato di associazione mafiosa e quella, sia pur mite, a due anni di Mustafa Arafat (già condannato in via definitiva per il pestaggio dell’operaio cinese Hu Xupai), hanno sancito la consistenza delle accuse, contribuendo a togliere credibilità alle voci interessate a minimizzare. A ciò si e aggiunta poi, lo scorso 22 aprile, la conferma in appello della condanna a 6 anni per estorsione nei confronti di Mario Giuseppe Nania, pure lui imputato anche nel processo “Perfido”.
Sempre più persone sembrano ritenere fondata la richiesta di una commissione d’accesso che verifichi se vi siano le condizioni per un commissariamento per mafia del Comune, così come richiesto in sede provinciale dal consigliere Marini e in Parlamento dall’on. Fraccaro (M5stelle). Condizioni che, a dire il vero, sembrano sussistere da quando il Gip ha firmato l’Ordinanza di custodia cautelare, nel luglio 2020, nella quale figurava l’allora sindaco in carica Roberto Dalmonego con l’accusa di voto di scambio politico mafioso. Pur trattandosi solamente di un’ipotesi di reato che dovrà trovare conferma in Tribunale, pare sufficiente a motivare un provvedimento che non dev’essere visto come punitivo per il comune di Lona-Lases, bensì indispensabile a fare chiarezza rispetto all’operato di amministrazioni che si sono succedute negli ultimi 25 anni sempre con il supporto determinante di alcuni imputati per associazione mafiosa.
Non solo: necessaria anche per capire quanti e quali legami e condizionamenti si siano intrecciati in questi anni con gli altri comuni della zona del porfido; non va dimenticato infatti che le attività degli attuali imputati nel processo in corso in Corte d’Assise hanno interessato anche altri comuni ed in particolare Albiano.
Tuttavia non stupisce che l’assessore agli Enti locali, intervistato sulle pagine dell’Adige, affermi che tecnicamente tale passaggio non sia possibile, in quanto la maggioranza di centro-destra che attualmente amministra la Provincia rappresenta il referente politico della lobby del porfido, così come fino al 2018 lo era stato il centro-sinistra. Una lobby che in questi anni ha evidentemente saputo rapportarsi con certe presenze nel settore, traendo per sé il massimo vantaggio e dando vita probabilmente a cointeressenze che sarebbe pericoloso venissero alla luce.
Con un certo fastidio vengono accolti in zona gli articoli di stampa che parlano di tali questioni e in particolare che all’Adige e a QT si sia aggiunto anche il Corriere del Trentino con l’ottimo articolo di Dafne Roat pubblicato l’8 aprile, dedicato all’ultima relazione semestrale della Divisione Investigativa Antimafia. In particolare laddove ha evidenziato come la condanna di Arfuso riveli il “modus operandi tipico delle consorterie calabresi”, che ha consentito a questi soggetti di “inserirsi nel tessuto economico legale assumendo inizialmente il controllo di aziende operanti nell’estrazione del porfido grazie ai solidi rapporti intrattenuti con imprenditori e amministratori pubblici”.
Che sia indispensabile fare chiarezza, nonostante le evasive risposte date al Coordinamento Lavoro Porfido dal Commissario del governo e il disinteresse dimostrato dalla seconda Commissione legislativa del Consiglio provinciale, è dimostrato dalle difficoltà incontrate dal commissario Secchi nel dotare il comune del nuovo Piano per la prevenzione della corruzione (l’Adige, 1° maggio) per mancanza di personale con competenze adeguate e per la “necessità di calare tutto nel contesto dell’inchiesta Perfido”, stando alle dichiarazioni dello stesso Secchi, in barba a chi nega che i problemi del comune cembrano derivino da ciò che tale inchiesta ha portato alla luce.