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Caro Kezich, non siamo d’accordo

Non sono pochi gli aspetti dell'articolo di Kezich nelle pagine precedenti su cui ci troviamo in disaccordo e che riteniamo utile rilevare, per presentare ai lettori una differenziazione d’opinioni che confidiamo sia positiva.

Anzitutto un'osservazione generale. Che l'ex direttore del Museo degli Usi e Costumi tratti la questione su lupi e orsi con una visione antropocentrica non ci meraviglia, anzi sarebbe sorprendente che non fosse così dopo una vita trascorsa a studiare e a far conoscere le attività dell'uomo sul territorio. Riteniamo però che, a meno che non ci si voglia fare forti del dettato biblico che concede all'uomo il dominio sul creato, tale visione oggi non trovi giustificazione, avendo mostrato tutti i suoi limiti e la sua pericolosità. A forza di ragionare come Rigoni Stern, e come tanti altri assieme a lui, che "sta sempre all’uomo dirigere l’orchestra: e non perché ne detenga chissà quale diritto naturale, beninteso, ma perché è l’unico in grado di farlo", ci ritroviamo con un pianeta disastrato senza riuscire a metterci d'accordo su come correre ai ripari. A forza di voler dirigere l'orchestra e ritenere di potere controllare tutto abbiamo invece incasinato tutto.

Entrando nello specifico, notiamo che nell'articolo si parla di: "operazioni di reinnesto non sempre e non del tutto responsabili, almeno a giudicare dai risultati". Per quanto riguarda il lupo, sono anni che girano fake news sulla sua reintroduzione, malgrado sia stato dimostrato che non vi è nulla di vero e che il suo arrivo nelle Alpi è avvenuto in modo del tutto naturale, grazie soprattutto alle leggi europee che lo hanno inserito tra le specie protette. Per l'orso, invece, la reintroduzione nella nostra provincia ci fu, attraverso il progetto europeo “Life Ursus”.

A detta di tutti i maggiori esperti del settore un’operazione di grandissimo successo e che non merita di essere classificata come “poco responsabile”. Vero è che essa oggi soffre per le colpevoli scelte della Provincia, che per anni ha ignorato le azioni di informazione e formazione che andavano attuate da subito e con convinzione.

Le conseguenze di questi errori di sottovalutazione, proprio grazie al successo del reinserimento, portano oggi ad un ingigantimento "delle istanze di chi in montagna deve e vuole vivere, e non può certamente fare sconti al lupo e all’orso quando si tratta di mandare avanti un’azienda zootecnica, di far camminare in sicurezza i bambini nel bosco, di offrire i propri territori agli ignari turisti che vanno per funghi".

Certo, i problemi di convivenza ci sono, ma non insuperabili, come sembra invece trasparire dall'articolo e meno che meno possono essere risolti ricorrendo al pensiero di Rigoni Stern, "un giudice autorevole al di sopra delle parti", perché Stern, cacciatore convinto, deciso avversario del mondo ambientalista, propugnatore di una visione della montagna ruspante e primordiale, può avere l’autorevolezza dovuta a un grande scrittore, ma certamente non è sopra le parti.

Il problema delle aziende zootecniche di montagna è troppo complesso per essere trattato qui in poche righe. Un fatto però è sicuro: il privilegio di avere un territorio in cui vivono lupi e orsi non può essere a costo zero. Chi lavora in montagna dovrà accettare di cambiare alcune modalità operative e nel contempo bisognerà trovare il modo di compensarne i maggiori costi. Sostenere però che la pastorizia sia oggi in affanno per colpa di lupi e orsi è una semplificazione davvero eccessiva.

In quanto alle mamme preoccupate per i bambini che non possono camminare sicuri nel bosco forse dovrebbero altrimenti indirizzare le loro preoccupazioni, per esempio verso i motorini.

Infine gli ignari turisti: ecco, il problema è tutto in quell’ignari. Non devono restare tali e questo ci riporta proprio al tema di cui sopra: informazione per loro e formazione per albergatori ed operatori turistici. Niente cani liberi nelle aree dove è segnalata la presenza dell’orso, farsi sentire in qualche modo, chiacchierando o portando un campanellino, e alcune poche altre avvertenze base.

Desolante è poi leggere la descrizione (iper-animalista?) di “quello che accade nel folto del bosco, con il massacro di cervi, camosci, caprioli e mufloni, molto difficilmente quantificabile”.

Sì, le predazioni ci sono, è ovvio, e il “massacro” non è affatto difficile da quantificare: per gli ungulati parliamo di molte migliaia di capi all’anno, ma i responsabili sono cacciatori e bracconieri. La quota a carico di lupi e orsi rimane decisamente bassa e, sinceramente, non ci turba , è nell’ordine della natura.

Insomma, argomenti come sciamanesimo, animali totemici, aneddoti mitologici, domesticazione hanno un grande fascino e Kezich sa trattarli in modo più che apprezzabile. Utilizzarli per fare passare il messaggio, attraverso una ipotetica conclusione a cui giungerebbe oggi Stern, che di lupi e orsi è meglio farne a meno, non ci convince proprio.

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