Riappropriarsi degli spazi, riavvicinarsi tra persone
Pergine Festival
Che estate è stata per il teatro e le arti performative in Trentino? Come e più della scorsa, una stagione caratterizzata da un’offerta diffusa, all’insegna della riconnessione, della ripresa dei contatti e delle relazioni, dopo il lungo tempo di isolamento sociale e vuoto di cultura dal vivo. Elementi particolarmente centrati dal Pergine Festival, che ne ha fatto la ragione costitutiva della proposta artistica della 46a edizione, svoltasi dal 2 al 17 luglio in diversi punti della cittadina.
Quello della direttrice artistica Carla Esperanza Tommasini – e dell’entusiasta squadra che concorre alla riuscita della manifestazione – è un invito a riscoprire il territorio, riappropriarsi degli spazi, riavvicinarsi tra esseri umani. Azioni che sono tratti peculiari del modus operandi del Pergine Festival, e che nelle due edizioni segnate dal Covid sono diventate ancora più nodali.
Il lavoro di recupero e valorizzazione dei luoghi è uno dei fiori all’occhiello del festival. Un’opera che da anni Circolo Bergman porta avanti attraverso lo strumento dell’audioguida in cuffia. Il collettivo, che già aveva aperto al pubblico i mondi dell’ex laneria Dalsasso, dell’ex manicomio e di Palazzo Gentili-Crivelli, con la creazione site-specific “Vista interno” ha stavolta condotto un percorso alla (ri)scoperta di siti cittadini noti e meno noti, pubblici e privati, solitamente inaccessibili.
Di luoghi abbandonati si sono occupati Leonardo Delogu ed Alessia Zabatino, artista e cittadina associati di In-Situ Italia, ramo nazionale della rete europea per la creazione artistica nello spazio pubblico.
“In un silenzio precedente” è il primo step di un progetto quadriennale su movimento e paesaggio. Meta di questo primo tratto, la “buca”, un’enorme voragine ai margini dell’abitato cittadino, un’ex area manifatturiera di cui nel tempo la natura si è reimpossessata. Un’occasione per relazionarsi con le piante che oggi la popolano e conoscere una delle tante storie da raccontare di Pergine.
Degli spazi urbani ci si può riappropriare anche solo usando l’immaginazione. È lo stimolo che lancia “Architettura della disobbedienza”, performance immersiva e interattiva con cui Associazione Craft coinvolge in prima persona gli spettatori, costruendo insieme a loro un racconto collettivo a più voci, ogni volta differente ed irripetibile.
Spinge intimamente a ristabilire un contatto con luoghi e persone “Tre riti”, performance partecipativa ed immersiva firmata Cantabile 2. All’interno delle stanze di Palazzo Gentili-Crivelli, i partecipanti sono accompagnati in un percorso multisensoriale. Un cammino spirituale ed esistenziale che guida i singoli a riprendere familiarità con il contesto circostante e – esperienza fortissima, in tempi di distanziamento – una connessione interiore ed esteriore, ideale e concreta, fugace e spontanea, con gli altri compagni di viaggio.
Queste esperienze immersive e partecipative hanno probabilmente rappresentato l’essenza del festival. Ma non sono mancati gli spettacoli, che fossero di drammaturgia contemporanea o danza. Tra tutti, vale la pena soffermarsi su “Doppelg?nger” di Abbondanza/Bertoni. Un lavoro sul “doppio” che vive della bellezza dell’intreccio dei corpi di Francesco Mastrocinque e Filippo Porro. Piccolo e fragile l’uno, grande e scultoreo l’altro: ma la relazione sulla scena è capace di invertire i ruoli.
Già, l’inclusività è un altro impegno che il festival ha molto a cuore. Due erano le proposte pienamente accessibili a persone con disabilità fisiche e sensoriali, entrambe ospitate a Palazzo Hippoliti. “Sentire/ascoltare” è un esperimento di Donika Rudi (altra artista In-Situ), una ricerca non finita sulla percezione delle vibrazioni sonore nello spazio, attraverso un sistema ottofonico. Per un non udente, un’esperienza soprattutto tattile. Un’operazione il cui senso risulta più chiaro se abbinata a “La stanza elementare” di Tia Airoldi: un’installazione ispirata ai quattro elementi, una pedana multisensoriale che trasmette, ad uno spettatore alla volta, la musica sotto forma di vibrazioni che irrorano tutto il corpo.