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La brodazza

Le nostre critiche stilistiche ai quotidiani locali

Fin dai suoi esordi, nel 1980, Questotrentino ebbe un atteggiamento critico nei confronti dei quotidiani locali; era questa, d’altronde la motivazione che aveva portato alla nascita del nostro giornale. Pur con alcune differenze, Adige e Alto Adige erano considerati entrambi troppo indulgenti con l’allora monolitico sistema di potere democristiano, poco disponibili a indagare, ad approfondire certe vicende poco cristalline che riguardavano la classe dirigente. Questa situazione proseguì per oltre un decennio, finché con le inchieste di “Mani pulite” e il veloce disgregarsi della prima Repubblica, la stampa, quella nazionale come quella locale, cominciò ad avere più coraggio.

Altri ricorrenti motivi di critica erano le pubblicità mascherate da articoli e la scarsa sensibilità che quegli organi di stampa dimostravano verso i cosiddetti “soggetti deboli” e più in generale le persone coinvolte in vicende giudiziarie, secondo il classico “sbatti il mostro in prima pagina”. Ma anche in tal caso, col passare degli anni e l’adozione di nuove normative e codici di auto-regolamentazione, la situazione andò migliorando. Anche se ogni tanto la tentazione del pettegolezzo era irresistibile. Classico esempio ne fu (eravamo nel 1999) una squallida vicenda boccaccesca che vedeva coinvolta “la moglie di un noto imprenditore” di Rovereto. “Non potendo farne il nome, - osservavamo - i giornali hanno puntato l’attenzione sulla casa di lei, prima (15 giugno) informando che la dimora è ben visibile ‘da un bar del centro’; poi (22 giugno) specificando che il bar si trova in piazza Rosmini; e infine (24 giugno) precisando che si tratta del Mon Café”.

Un’ altra critica - forse favorita dalla presenza in redazione di numerosi insegnanti – riguardava il linguaggio: quello contorto e fumoso di tanti uomini politici – ma qui la colpa non era di chi si limitava a riportarlo – e quello sgangherato di certi articoli, per i quali avevamo coniato la definizione di “brodazza”.

Che cos’è la brodazza? - scrivevamo nel 1998 - Una minestra avanzata, insufficiente per tutti i commensali e che quindi viene allungata e magari imbastardita con nuovi ingredienti affinché risulti bastante alla bisogna. E nel giornalismo? Dicesi brodazza quell’articolo (o quell’insieme di articoli) che, dovendo per ordini superiori occupare uno spazio spropositato rispetto alla rilevanza della notizia, viene confezionato con tecniche particolari che mirano esclusivamente alla quantità. Anche qui, come in cucina, il risultato è deprimente: una notiziola che trattata come meritava poteva anche essere interessante, una volta gonfiata diventa priva di sapore”.

Commentando un articolo sui “Giochi senza frontiere” svoltisi a Trento, illustravamo la tecnica con cui si cucina una brodazza: “Un primo accorgimento è quello di inserire tutte le possibili locuzioni inutili (i vari ‘certamente’, ‘non per questo’, ‘è chiaro che’, ecc.) e di sostituire le espressioni più lunghe a quelle più sintetiche. Perché, ad esempio, dire ‘confusione’ quando ‘divertente Babele’ è lunga il doppio? E per dire che una certa signora si occupa dei costumi, perché non scrivere che ‘la definizione esatta del suo lavoro è costumista’? Lo stesso scopo ha poi una aggettivazione del tutto gratuita, come quando l’alternarsi di pioggia e bel tempo durante la gara diventa ‘una simpatica alternanza di pioggia e di sole’.

In questo lavoro snervante, il giornalista non è molto motivato e per cavarsela fa un largo uso di espressioni stereotipe: una sorta di pilota automatico che riduce i tempi della sua sofferenza. Quindi la regia delle riprese televisive è ‘sapiente’, c’è ‘il mago delle luci’ e ‘la regina dei costumi’.

Sempre per non dover faticare troppo, si dismette qualunque spirito critico, in una visione bamboleggiante dove tutto è positivo, divertente, spensierato. Ecco ad esempio gli spettatori, ‘tutti con il naso all’insù, temendo l’arrivo delle nuvole, ma godendo il caldo, l’azzurro e la visione delle montagne, degni scenari naturali di questo Trentino, a corredo della bellissima scenografia’.

E ancora:Lo spettatore attento si sarà sicuramente chiesto come mai gli splendidi costumi colorati, ogni volta diversi, stiano proprio a pennello ai partecipanti... Il segreto sta tutto dietro le quinte, nelle mani sapienti delle sarte e delle costumiste’. Il loro è ‘un lavoro interessante, certamente non noioso’”. (Vedi nei box altri due esempi, tratti rispettivamente dall’Adige e dal Trentino).

Accanto all’irrisione, nei nostri commenti c’era però anche la comprensione per una difficoltà che spesso era anche nostra: “Il problema è reale e lo conosciamo anche noi, anzi soprattutto noi che non disponiamo di personale dipendente con precisi obblighi nei nostri confronti. Succede insomma che un collaboratore ti tira un bidone e all’ultimo momento viene a mancare un articolo su cui facevi assegnamento; e ti ritrovi così con una-due pagine che non sai come riempire. A volte l’unica soluzione praticabile consiste nell’allargare lo spazio degli altri pezzi: o con fotografie, o chiedendo a chi ancora deve scrivere il suo articolo di stare largo. ‘Largo quanto?’ ci chiedono. ‘Prendi tutto lo spazio che ti serve, ma senza fare una brodazza’ è la risposta consueta”.

Chi alla brodazza era costretto, aveva dunque la nostra comprensione: “Responsabile di queste brutture giornalistiche è a nostro parere l’organizzazione del giornale, non certo il poveretto incaricato di portare a termine una missione impossibile. A costui, dopo aver espresso la nostra solidarietà, ci limiteremo a suggerire di non mettere la propria firma per esteso sotto certe prose non proprio stimolanti”.

E concludevamo notando che la preparazione della brodazza “è un’operazione sfiancante e senza gloria (in agguato ci sono la monotonia e il ridicolo), che richiede una specifica professionalità, e c’è comunque un fascino che a nostro avviso emana da questi pezzi, così diversi dalle normali cronache svelte e impersonali: qui vediamo il sudore e quasi il sangue degli autori, in disperata ricerca di ingredienti sempre più stravaganti pur di allungare il brodo fino a raggiungere la quantità richiesta”.

I vandali

Vittima dell’”inqualificabile gesto” al centro della notizia è il cantoniere che si occupa della strada che va da Martignano a Montevaccino. Ordunque, nell’imminenza delle festività natalizie, “il solerte addetto pensa in grande e addobba i fianchi della carreggiata con due alberi di Natale. Anche in omaggio ai censiti, che lo stimano e ne apprezzano la professionalità... Ma c’è chi invece ha vigliaccamente approfittato di una manutenzione extra ed ha rovinato quel messaggio natalizio gratuito e venuto dal cuore, doppiamente da apprezzare. Così non è stato.

Qualche giorno fa (ecco, finalmente ci siamo!, n.d.r.) ignoti hanno sradicato, letteralmente, l’albero apprestato ai Bolleri. Lo avranno piantato in un vaso a casa e l’hanno trovato bell’e pronto. Alla faccia dell’addetto alle strade. E l’altra notte c’è chi ha assaltato l’altro alberello, quello lungo i tornanti che portano a Montevaccino, l’ha spogliato di tutti gli addobbi (stelle filanti, palle e candeline) e poi ha lasciato un biglietto ironico: ‘Per l’addobbatore: grazie e auguri’.

Immaginatevi lo stupore e l’amarezza di chi cura la strada come se fosse sua. Passi che non riceva un grazie per gli addobbi, ma addirittura le beffe… Tempi d’inciviltà”. Insomma, “al peggio non c’è mai fine”. (QT, 15-01-2005)

L’attentato

“Il gabinetto del presidente del tribunale Ruggero Politi è stato preso di mira da ignoti sabotatori. - è il drammatico avvio del pezzo - Da un giorno all’altro è sparita la valvola frangiflusso del bidet, che serve a moderare il getto d’acqua”, con drammatiche, intuibili conseguenze.

“Danni più gravi al wc per disabili, dov’è stato smontato e asportato il cilindro interno al serbatoio che regola l’uscita dell’acqua nella tazza… Il furto risale ad alcuni giorni fa, ma la notizia è trapelata solo ieri”. Un comprensibile riserbo.

Ma il cronista non ha finito: “Sembra che il frangiflusso sia stato provvisoriamente sostituito con quello del bagno della mansarda…, fino all’intervento risolutore dell’idraulico. Il gabinetto dei disabili invece ha continuato a scaricare a getto continuo, in assenza della valvola che chiude l’acqua all’interno del vascone”.

Segue una lezioncina di idraulica: “Il meccanismo contenuto nel vascone è utilizzato solo nei sanitari per disabili. Il funzionamento è ad aria: schiacciando il pulsante la pressione solleva una piccola guaina che apre lo scarico facendo svuotare la vasca. La marca dell’articolo sanitario in questione, inoltre, non è delle più comuni e non esistono pezzi di ricambio così piccoli, sicché in caso di guasto bisogna cambiare l’intero serbatoio…”.

Naturalmente “è giallo sugli autori”, ma “un eventuale furto su commissione è assai difficile da ipotizzare”. (QT, 21-12-2002)