Il ritorno dei moderati
Considerazioni sui candidati alla corsa a sindaco del Comune di Trento
A Trento la parola d’ordine sembra “moderazione”. Era un moderato, dentro la Cgil, il candidato a sindaco del centrosinistra Franco Ianeselli: lo abbiamo visto in tante occasioni, per esempio quando ha fatto il pompiere sulla scandalosa disdetta del contratto dei metalmeccanici da parte degli Artigiani. Ed ora ha rafforzato questa immagine mettendo al primo posto della lista civica “SiAmo Trento” per Ianeselli sindaco, il notaio Paolo Piccoli. È indubbiamente persona di spicco Piccoli, già presidente nazionale dei notai, capace, intelligente, autorevole; segretario della DC dal 1986 al ‘91, se ne era andato quando aveva visto l’andazzo che stava suo malgrado prendendo il partito di Mario Malossini (poi infatti condannato per corruzione). Però è anche, culturalmente, storicamente, una persona di centro, con cui non si fanno rivoluzioni, né ci si scontra con i potenti della città.
Sull’altro versante è un moderato, all’interno del centrodestra, l’avvocato Alessandro Baracetti: in questo articolo riportiamo le sue dichiarazioni su accoglienza e integrazione, che fanno a pugni con le parole incendiarie di Salvini, ma soprattutto con gli atti legislativi della Giunta Fugatti al governo a Piazza Dante. E difatti non risulta che la sua sia stata una candidatura particolarmente sponsorizzata dalla Lega; ma subìta, in quanto non erano risultate praticabili convincenti alternative. Insomma, si converge al centro.
La cosa può interessare i politologi, i quali notoriamente fissano come leggi dell’eternità gli avvenimenti del recente passato, e quindi per anni ci hanno asfissiato proclamando dall’alto delle loro tribune che “ovviamente, si vince al centro”; salvo poi essere sbugiardati da tutti i recenti risultati: Grillo, Salvini, Trump, Johnson, ecc. Vale a dire: nell’attuale temperie mondiale, ha più successo una proposta salda, definita, chiara fino alla provocazione, magari anche strampalata, rispetto a una grigia, media, rispettosa dei poteri, dei rapporti dati, della cultura dominante. Ora a Trento, questo non sembra più vero. Come mai?
Può essere che i partiti di ambo i fronti, nella ricerca dei candidati e nella aggregazione delle liste, si siano sbagliati, abbiano perso il contatto con gli orientamenti dell’elettorato. Ma può anche darsi che la gente si sia stancata delle intemperanze, delle cattiverie, delle rivoluzioni ridotte alla caccia al capro espiatorio, dell’incompetenza spacciata per novità. Soprattutto a Trento. Città clericale nei secoli, che ha poi saputo assorbire e metabolizzare il sessantotto, ed ora cerca di metabolizzare la secolarizzazione. Una città alla ricerca di nuovi punti di riferimento da sostituire all’autorevolezza perduta della Curia.
È corretta questa interpretazione? Non sappiamo, la proponiamo ai lettori. Una qualche risposta ci potrà venire anche dal test politico che condurremo nei prossimi mesi, che iniziamo a presentare qui e che è tutto incentrato sui temi programmatici: sarà interessante vedere la radicalità (o meno) delle risposte degli elettori, oltre a quelle dei candidati.
Intanto qui apriamo un’altra considerazione su questa moderazione, che oggi appare egemone. Siamo sicuri che sia la risposta giusta? La mettiamo in termini semplificati e un po’ brutali: siamo sicuri che la risposta giusta a Salvini sia il notaio Piccoli? Che per combattere pressappochismo e intolleranza ci si debba riparare sotto le ali dell’establishment?
Cerchiamo di mettere a fuoco il candidato Franco Ianeselli: estremista in gioventù, poi moderato, buon comunicatore, esponente di una sinistra riflessiva e colta. Molto bene.
Sono però tutte caratteristiche di un altro recente esponente della sinistra, sindaco di Trento: Alberto Pacher. Che ottenne grandi risultati nelle urne, ma pochissimi nella guida della città. Perché per guidare occorre sapersi scontrare, anche con i potenti. E sotto Pacher allignò lo stravolgimento delle regole negli uffici dell’urbanistica; e la resa incondizionata ai poteri forti, come dall’esemplare vicenda della biblioteca universitaria.
Non vorremmo che il buon Ianeselli fosse una riedizione del buon Pacher. Cominceremo a vederlo durante la campagna elettorale.