Cronaca di una fusione controversa
Timori, contrarietà, prospettive: le fusioni delle Rurali come sono vissute nei territori
L’assemblea della Cassa Rurale Lavis-Mezzocorona-Val di Cembra, a maggioranza dei soci votanti (1.265 i favorevoli, 512 i contrari, 5 le astensioni) ha approvato la proposta di fusione con la Rurale di Trento. Nei giorni successivi è toccato all’assemblea di quest’ultima la quale, a stragrande maggioranza (solo 61 contrari e 7 astenuti sugli oltre tremila soci votanti) ed in clima più tranquillo, ha dato il via libera all’operazione.
L’approvazione da parte dei soci della Rotaliana e della Val di Cembra non era scontata, a giudicare dal lavorio sotterraneo e dalla raffica di prese di posizioni contrarie che si sono susseguite in queste ultime settimane. Anche nel corso dell’assemblea al Palarotary sono state numerose le critiche agli amministratori della Cassa nel merito e perfino sulle modalità di espressione e conta dei voti. Da segnalare che i pochi soci intervenuti a sostegno della fusione svolgono quasi tutti un’attività imprenditoriale.
Si sapeva che lo zoccolo duro dei contrari era concentrato fra i soci della ex Rurale di Mezzocorona e infatti è stato dalla borgata rotaliana che si sono alzate le voci più critiche. Se ne era avuta una dimostrazione nel corso della pre-assemblea svoltasi nella filiale di Mezzocorona il 12 novembre, nel corso della quale il presidente Villotti e il direttore Pojer della Cassa Rurale Lavis-Mezzocorona-Valle di Cembra hanno spiegato le ragioni strategiche e tecniche che avevano convinto il consiglio di amministrazione a intraprendere il percorso di fusione con la Rurale di Trento.
Durante la lunga e dettagliata illustrazione di dati e motivazioni, l’affollata assemblea era rimasta impassibile e alla fine, quando è stata data la parola ai soci, si erano succeduti solo interventi decisamente contrari, accompagnati appena da qualche applauso. In sintesi, per i critici, la fusione con la Rurale di Trento – molto più grande – porterà all’indebolimento del rapporto con il territorio, vero elemento di distinzione delle casse rurali rispetto agli istituti bancari tradizionali, solitamente di dimensione nazionale o internazionale.
Per costoro, la fusione più “naturale” sarebbe stata quella con i cugini – rivali di Mezzolombardo che però (a detta del presidente Villotti) non ne hanno mai voluto sapere: “Di fronte al loro diniego non possiamo restare fermi in attesa degli eventi. - ha replicato il presidente - La speranza è che tra qualche tempo seguano la nostra strada: la Piana Rotaliana ne avrebbe tutto da guadagnare”.
Ma, avevano insistito i contrari, “perché una nuova fusione ora, visto che i conti sono in ordine?” E comunque, in caso di nuove difficoltà, “ora abbiamo alle spalle il gruppo CCB” (la centrale bancaria guidata da vertici – presidente e direttore – ambedue trentini di cui abbiamo parlato ampiamente nel mese scorso).
È necessario ricordare che i critici di Mezzocorona si riferiscono alla precedente fusione, quella avvenuta nel 2017 allorché la Cassa Rurale di Mezzocorona, dopo alcuni ripetuti bilanci in rosso, e quella di Lavis-Val di Cembra, anch’essa ammaccata, si erano unite creando una sinergia che da lì in poi ha prodotto bilanci in attivo.
“Ma diventeremo soci di minoranza” - ha obiettato un giovane”.
“State facendo del terrorismo” - ha aggiunto un altro socio, riferendosi allo scenario grigio prospettato dai relatori nel caso in cui non si fosse giunti alla fusione.
Contro la proposta di fusione con Trento si erano dichiarati e quindi dimessi di lì a poco anche due membri del consiglio di amministrazione, uno di Mezzocorona e l’altro della Val di Cembra.
“Abbiamo deciso a maggioranza - ha però confermato la vicepresidente De Vescovi, di Mezzocorona - ed io ho condiviso convintamente la fusione con Trento”.
Di fronte all’accusa di verticismo, i dirigenti della Rurale hanno ricordato che il percorso verso la fusione era stato avviato alla luce del sole e secondo le regole e i protocolli previsti e che in ogni caso, ovviamente, sarebbe stata l’assemblea generale dei soci (circa 6.300) sparsi sui territori di Lavis, Mezzocorona, Zambana, e Val di Cembra) ad avere l’ultima parola. Il presidente Villotti aveva quindi ricordato la veloce evoluzione e il contesto di forte concorrenza (anche on line) cui è ora sottoposto il mondo bancario. Le Casse Rurali, qualcuna uscita un po’ malconcia dalla crisi finanziaria iniziata 10 anni fa, hanno deciso di reagire associandosi, allora per la necessità di risanamento, ma ora, a conti in ordine, secondo Villotti, è bene prevenire i futuri scenari con un nuovo rafforzamento.
Alcuni anni fa le Rurali della Rotaliana avevano tentato di formare un’unica Cassa, ma la storica rivalità tra Mezzocorona e Mezzolombardo, accanto ai conti malconci della prima, avevano visto naufragare l’operazione. Mezzocorona si era quindi accasata con la Rurale di Lavis-Val di Cembra mentre, poco dopo, la Rurale di Mezzolombardo e San Michele si era unita con quelle di Roverè della Luna e di Giovo, più piccole ma con i conti in ordine.
Secondo i fautori della proposta di fusione, le nuove regole del credito seguite ai vari crash bancari avvenuti in Italia e nel mondo, un aumento verticale dei controlli interni che hanno fatto lievitare i costi a fronte di un contemporaneo ridursi dei tassi di sconto, hanno reso i margini di guadagno della Cassa particolarmente esigui. A causa dell’irrigidimento del sistema, ha ricordato Villotti, per ogni operatore di sportello altri quattro o cinque dipendenti sono ora occupati nel retrobottega a controllare, valutare, rendicontare, ecc. con costi, appunto, divenuti insostenibili. La fusione con Trento, con il conseguente aumento del “fatturato”, permetterà di diluire i costi fissi rendendo più competitiva la banca e in grado quindi di offrire ai soci servizi competitivi.
E in effetti non pochi soci della Rurale, evidentemente ritenendo obsoleti i principi di mutualità e fedeltà cooperativa, hanno già abbandonato la “propria” banca e trasferito conto corrente e mutuo negli sportelli della concorrenza. Difatti, per una maliziosa coincidenza, mentre a Mezzocorona cresceva il livello della polemica, a pochi passi dalla Rurale, sulla vetrina di un’agenzia finanziaria aperta recentemente nella borgata, è apparso un cartello che annuncia agli investitori, ringraziandoli, di aver raggiunto i primi dieci milioni di raccolta del risparmio.
Il presidente aveva inoltre ricordato che territorialità significa anche poter fare fronte alle importanti – in termini di valore - richieste di finanziamento da parte degli operatori industriali o commerciali locali, richieste che ora, a causa delle attuali stringenti regole del credito e delle dimensioni limitate del patrimonio di garanzia, non possono essere soddisfatte. Con la conseguenza che i clienti “territoriali” più importanti si devono rivolgere ad altre banche.
Bisogna poi considerare, sostiene la dirigenza della Rurale, che Cassa centrale banca a breve porrà fine all’attuale concorrenza interna tra le Rurali che nel tempo hanno aperto sportelli nei “territori altrui”; a quel punto, la Rurale Lavis-Mezzocorona -Val di Cembra dovrà chiudere (o cedere a quella di Trento) i tre sportelli aperti nel territorio comunale del capoluogo; si tratta di piazze molto redditizie (il 32% del fatturato) i cui alti margini permettono di tenere aperti alcuni dei piccoli sportelli di servizio – ma in perdita - sparsi nelle valli.
Infine l’ultimo argomento a favore della fusione: attualmente all’interno di Cassa Centrale Banca, rispetto alle Rurali venete o lombarde che vi hanno aderito, quelle trentine sono per fatturato tra quelle che contano meno. Quella di Trento, la più grande, si colloca ora solo all’ottavo posto, mentre con la fusione con Lavis-Mezzocorona-Val di Cembra salirebbe al secondo. Questione importante quella del rafforzamento della Cassa trentina in quanto, superata la prima fase nella quale la guida di Cassa Centrale Banca è stata meritoriamente assunta dai trentini grazie al ruolo d’impulso avuto nella sua creazione, non è altrimenti escluso che il bastone del comando e perfino la sede possano spostarsi in altri territori.
“Sì, ma fino a dove ci dovremo spingere con le fusioni se accettiamo acriticamente questa logica di potere?”, si è interrogato il socio Graziano Tomasin, già sindaco di Lavis, che ha rimarcato il suo voto contrario.
La posizione dei sindaci
Nei giorni precedenti l’assemblea del 22 novembre si sono pronunciati sulla questione anche i sindaci dei comuni della Piana Rotaliana. Quelli di Mezzolombardo e di San Michele (peraltro territori teoricamente non coinvolti - visto che la fusione riguarda esclusivamente o prevalentemente soci residenti a Lavis, Mezzocorona, Valle di Cembra e Terre d’Adige) si sono dichiarati sulla stampa contrari all’operazione. Così anche quelli della Val di Cembra. Il sindaco di Mezzocorona si è chiamato invece fuori per rispetto dei ruoli, mentre quelli di Lavis e Terre d’Adige, comuni nei quali risiedono la maggior parte dei soci interessati, hanno espresso il loro favore alla fusione.
Alcuni numeri
A fusione avvenuta, i soci complessivi arriveranno a venticinquemila (6.296 quelli apportati da Lavis-Mezzocorona-Val di Cembra), con 46 filiali e 380 dipendenti, ma per questi ultimi è previsto un calo, seppur incentivato, di una quarantina di impiegati.
Il patrimonio della Cassa si attesterà su 220 milioni di euro, la raccolta del risparmio salirà a tre miliardi e mezzo e l’indice di solidità salirebbe dal 16,45 al 19,40.
L’utile stimato dal piano industriale della fusione dovrebbe salire dagli attuali 2,75 milioni di euro a quasi 12.