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QT n. 6, giugno 2019 Servizi

Un’Europa per i molti, non per i pochi

Il prossimo compromesso tra popolari, liberali, socialdemocratici e Verdi: i punti programmatici base, che potrebbero dare nuovo slancio all’Europa

Matteo Angeli

Tutto cambia perché nulla cambi: non deve essere questo il risultato del voto europeo.

Nonostante i nazionalisti siano arrivati in testa in Paesi importanti come l’Italia e la Francia, l’esito del voto di domenica 26 maggio può dirsi positivo (almeno sulla carta) essenzialmente per due motivi.

Primo: il tanto temuto sfondamento delle forze nazionaliste non si è avverato: l’unica maggioranza possibile in Parlamento è un’alleanza tra forze europeiste.

Secondo: il calo di popolari (centrodestra) e socialisti e democratici (centrosinistra) segna la fine della “grande coalizione” e obbliga ad un allargamento delle trattative per la formazione di una maggioranza ai liberali e probabilmente anche ai Verdi. Questo è un rinnovato pluralismo di cui la democrazia europea può solo beneficiare.

Però, affinché l’alleanza tra popolari, socialdemocratici, liberali e Verdi non sia solo una fusione a freddo, finalizzata a spartirsi le poltrone che contano, saranno necessari non pochi sforzi per raggiungere un compromesso anche in materia di programmi e contenuti, che sappia indicare alle istituzioni europee la strada per ridare vigore al progetto di integrazione.

A un’analisi dei programmi elettorali, le proposte dei quattro partiti europeisti corrono su binari non sempre paralleli.

Per quanto riguarda i flussi migratori, la cui pessima gestione a livello europeo è stata il motore propulsore dell’ascesa dei nazionalisti negli ultimi anni, tutti e quattro i partiti europeisti chiedono una armonizzazione dei sistemi di asilo.

In particolare, i socialisti, i democratici e i liberali propongono la creazione di un unico sistema di asilo europeo, mentre i Verdi vogliono un superamento del regolamento di Dublino, con l’introduzione di regole comuni per la mobilità e l’immigrazione, che prevederebbero anche una redistribuzione dei nuovi arrivati nei diversi stati membri. Più nel dettaglio, tutti e tre i partiti si dicono a favore dell’aumento delle vie legali per l’immigrazione nel continente. Dal canto loro, invece, i popolari auspicano un rafforzamento dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e fanno della lotta all’immigrazione illegale una priorità, arrivando a proporre di sciogliere il nesso tra le missioni di salvataggio e l’accesso al territorio dell’Unione europea.

Un altro tema molto dibattuto è quello dell’austerità. Da un lato socialisti, democratici e Verdi sostengono che il principio del pareggio di bilancio potrebbe essere sacrificato a favore di una politica che favorisca gli investimenti, soprattutto quelli finalizzati a tutelare l’ambiente e a promuovere la giustizia sociale. Dall’altro, popolari e liberali insistono sull’importanza di evitare ogni forma di deficit pubblico.

Una posizione che riflette, più in generale, una divisione sulle lotte in materia di disuguaglianze economiche e sociali. Socialisti e democratici hanno fatto dell’Europa sociale un tema centrale del loro programma. Tra le altre cose, propongono una tassazione delle transazioni finanziarie, una cornice europea per regolare i redditi minimi (nel rispetto delle caratteristiche specifiche di ogni paese) e poteri forti all’appena nata Autorità europea del lavoro, affinché possa assicurare una protezione effettiva a tutti i lavoratori in Europa. Anche i Verdi si concentrano sui diritti sociali e, in particolare, sulla necessità di un salario minimo europeo. I liberali e i popolari, invece, sono silenti su questo tema, con i popolari, in particolare, che ribadiscono che la tassazione è una prerogativa dei singoli stati membri.

Un altro tema centrale, forse il più importante, è quello del clima: tutti e quattro i partiti si trovano, almeno a parole, d’accordo sulla necessità di tagliare le emissioni di anidride carbonica.

I popolari vogliono introdurre nuovi obiettivi per le rinnovabili, i socialdemocratici vogliono dialogare con l’industria automobilistica per convincerla a promuovere una mobilità a basse emissioni di carbonio. I liberali hanno fissato l’obiettivo di un’economia a “carbonio-zero” entro il 2050, i Verdi credono che l’Unione europea dovrebbe soprattutto prepararsi alla transizione energetica, al passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili a fonti rinnovabili. Inoltre, anche sulla gestione dei rifiuti i buoni intenti non mancano, in particolare con i popolari che propongono di perseguire un riciclaggio totale della plastica entro i prossimi dieci anni.

Infine, in materia di difesa, si assiste ad una divisione tra popolari, socialdemocratici e liberali da una parte e Verdi dall’altra.

I primi tre vogliono mettere in piedi un sistema di difesa europeo, che sia dotato di risorse adeguate e che cooperi con la NATO. I Verdi, invece, rifiutano ogni aumento di risorse finanziarie dedicate a un fondo della difesa europeo. Essi, inoltre, si oppongono ad ogni esportazione di armi ai regimi dittatoriali e sostengono invece una politica di disarmo.

In generale, i punti di contatto non mancano, così come, d’altro canto, non mancano gli elementi di divisione. Le settimane a venire saranno decisive, non solo perché si definiranno i nuovi equilibri in Parlamento, ma soprattutto perché questi avranno un impatto sulla scelta del Presidente della Commissione europea, organo esecutivo che svolge un ruolo ancora più importante di quello del Parlamento nella definizione delle politiche europee.

Per evitare che “tutto cambi perché nulla cambi”, socialdemocratici e Verdi dovranno resistere al rischio, fortissimo, di farsi cooptare da popolari e liberali, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche e sociali. La speranza è che anche questi due raggruppamenti si siano finalmente resi conto che il costo dello status quo (fatto di crescenti disuguaglianze, vere responsabili dell’ascesa dei nazionalisti) è ormai inaccettabile e che solo perseguendo insieme un’Europa per i molti e non i pochi riusciranno a ridare fiato al sogno europeo.