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QT n. 10, ottobre 2017 Trentagiorni

Porfido: minacce, e nuova cultura

Walter Ferrari

Nell’ultimo numero di QT, oltre allo strapotere della lobby dei concessionari delle cave di porfido, in grado di condizionare Amministrazioni e politica provinciale, avevamo denunciato il malaffare connesso con la penetrazione ‘ndranghetista nel settore.

Nuovi fatti confermano queste preoccupazioni, anzitutto la lettera anonima ritrovata nella bussola della posta il lunedì 11 settembre da Massimo Sighel, presidente dell’ASUC di Miola, consigliere comunale di minoranza a Baselga di Pinè, nonché cofirmatario di cinque esposti presentati dal Coordinamento Lavoro Porfido. Si tratta di un testo scritto con normografo dal contenuto inequivocabile: “Adesso basta con quello che hai fatto a riguardo la storia cave. D’ora in poi stai molto attento e guardati sempre òle spalle, bastardo. Ogni momento è buono, certamente non finirà così. Intanto sappiamo tutto da quando vai a lavorare a quando torni. La storia cave ti rovinerà e te ne pentirai” . Il fatto è stato denunciato presso la Questura di Trento.

Quello che viene imputato a Massimo Sighel, è l’”anomalia”dei canoni di concessione praticati ai cavatori dall’ASUC di Miola da lui presieduta, più che doppi di quelli praticati, ad esempio, dell’ASUC di Tressilla (che erano mediamente di 4,48 euro al metro cubo, a fronte di un valore di mercato superiore ai 10.

Il punto è il ruolo assunto negli ultimi anni dalle Amministrazioni Separate degli Usi Civici (le ASUC appunto), rappresentate a livello provinciale dall’Associazione provinciale presieduta da Roberto Giovannini: un ruolo di rappresentanza degli interessi comunitari, spesso contrapposto non solo ai potentati economici ma anche a Comuni e Provincia quando da questi condizionati. Dovuto alla consapevolezza del valore dei beni comuni che si è andata formando in questi anni che sta ulteriormente crescendo, grazie soprattutto al lavoro di ricerca, divulgazione e riflessione sul possibile ruolo futuro di tale istituzione, portato avanti dal Centro Studi sui Beni Comuni e le Proprietà Collettive presso la facoltà di Economia dell’Università di Trento, diretto dal prof. Pietro Nervi.

Ciò ha accreditato le ASUC, istituite con legge dello Stato il 16 giugno 1927, e gli Usi Civici (un retaggio addirittura pre-romano) che esse amministrano, come elementi chiave nella resistenza all’individualismo e alla mercificazione capitalistica che tutto tende, per sua natura, a pervadere. L’Uso Civico rappresenta infatti un elemento intrinsecamente comunitario e poggia le proprie fondamenta sull’esigenza di arginare le situazioni sociali materialmente più difficili (“Non abbiasi a vedere alcuno di questi soci ridotto in estrema miseria e povertà” recava scritto nel 1856 lo Statuto del Consorzio dell’Alpe Vederna, una forma di proprietà collettiva sopravvissuta in Trentino) e sul senso di responsabilità verso le generazioni future, in quanto i beni sui quali si esercita non possono essere alienati o depauperati. Si ricorda che anche laddove le ASUC non sono formalmente costituite, gran parte del territorio dei Comuni trentini è soggetto comunque a vincolo di Uso Civico essendo di fatto “proprietà collettiva della generalità degli abitanti”.

Chiaramente non tutto è oro. Indubbiamente tutto ciò è stato da taluni usato come facciata dietro la quale opportunismo e doppio gioco la fanno da padroni, a partire dal legislatore provinciale che nel formulare la legge sugli usi civici (L.P. n. 6 del 14 giugno 2015) si è preoccupato di mettere al riparo la lobby dei concessionari di cava da eventuali tentativi delle ASUC di imporre canoni di concessione in linea con i valori di mercato.

Mentre infatti al comma 2 dell’art. 13 di tale legge si afferma che l’utilizzazione economica dei beni soggetti ad uso civico deve avvenire “a condizione che ne consegua un effettivo beneficio per la generalità degli abitanti della frazione o del comune”, al comma 4 dello stesso articolo si stabilisce che “il corrispettivo riferito a concessioni minerarie deve informarsi a quanto previsto dalla vigente normativa in materia, al fine di uniformare il contributo di concessione a livello provinciale”. Cioè la concessione mineraria prescinde dal beneficio degli abitanti, viene stabilito a livello provinciale, punto e basta.

Il gioco attorno agli Usi Civici si è fatto in effetti pesante. E la forza economica dei cavatori continua a condizionare anche duramente diversi presidenti di ASUC. Ciò ha portato a una spaccatura profonda che divide in due, anche attraverso molteplici scontri legali, i Comitati della zona del porfido: da una parte, ancora una volta i Presidenti delle ASUC di Miola (Massimo Sighel), Vigo (Giorgio Anesi) e Baselga (Armando Cadrobbi), dall’altra tutti gli altri (ambigua rimane la posizione del Comune di Bedollo), capeggiati da Marco Avi (Tressilla) e Gianfranco Colombini (Sternigo).

Ci auguriamo che, di fronte all’ultimo atto intimidatorio, la Magistratura trovi il tempo di far luce finalmente sulla realtà del settore porfido, le forze politiche si interroghino e le persone di queste comunità trovino il coraggio di difendere l’interesse collettivo e la propria dignità.

Walter Ferrari (Comitato Lavoratori Porfido)